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    “COME CI SI PUÒ PRESENTARE A WASHINGTON CON UN MINISTRO COME SALVINI CHE VOLEVA FARSI COMPRARE DALL'AMBASCIATA RUSSA I VOLI PER MOSCA?” – IN FRATELLI D’ITALIA I FALCHI FILO-ATLANTICI IN PRESSING SULLA MELONI PER ESCLUDERE "IL CAPITONE" DAL GOVERNO – LA DUCETTA VORREBBE DARE UNA CAMERA ALL'OPPOSIZIONE. MATTEO E SILVIO SONO CONTRARI - BERLUSCONI ALZA IL CATETERE E VORREBBE TAJANI VICEPREMIER CON SALVINI. GIORGIA NON CI STA A ESSERE CONTROLLATA A VISTA...


     
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    Ilario Lombardo e Francesco Olivo per “La Stampa”

     

    Un governo di pacificazione. È questo il piano di Giorgia Meloni. Chiudere i conti con l'opposizione, con i sospetti dei partner internazionali, ma anche con gli alleati.

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    Cercare una via di mediazione per iniziare una nuova stagione di dialogo, che liberi i rapporti dalle scorie del passato e serva a «costruire una nuova Italia». Le prime mosse della premier in pectore vanno in questa direzione: dall'idea di concedere all'opposizione la presidenza di uno dei due rami del Parlamento, alle rassicurazioni da inviare all'estero sulla collocazione geopolitica del Paese. Il nodo, lo è da mesi d'altronde, resta il ruolo da assegnare a Matteo Salvini, un macigno che è pesato sin dai primi giorni della campagna elettorale nella quale il leader leghista ha imposto la sua candidatura al Viminale.

     

    Ma i falchi filoatlantici di Fratelli d'Italia stanno facendo una pressione opposta, chiedendo a Meloni di lasciare fuori dall'esecutivo l'ex ministro dell'Interno. La presenza di Salvini, secondo questa tesi, sarebbe troppo ingombrante a causa dei suoi rapporti con la Russia e con il partito del presidente Vladimir Putin, che non si sono interrotti nemmeno dopo lo scoppio della guerra in Ucraina.

     

    GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI

    «Come ci si può presentare a Washington con un ministro di peso che voleva farsi comprare dall'ambasciata russa i voli per Mosca?» si chiede uno dei dirigenti che ha mandato un messaggio chiaro a Meloni: «Deve restare fuori». Con un tempismo quasi perfetto, ieri è arrivato via Twitter un importante messaggio di congratulazioni dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky: «Contiamo su una proficua collaborazione con il nuovo governo italiano» ha scritto. Pronta la risposta della leader di FdI: «Caro Zelensky, puoi contare sul nostro leale sostegno alla causa della libertà del popolo ucraino».

     

    Meloni conosce i rischi di imbarcare il suo alleato nell'esecutivo, ma difficilmente troverà argomenti per lasciare fuori il leader di un partito con quasi cento parlamentari. Le voci ostili sono arrivate anche a Milano e non è un caso che il Consiglio federale della Lega, riunito in via Bellerio, che pure ha messo in discussione l'operato di Salvini, ne abbia blindato le aspirazioni: «Per il segretario serve un ministero di primo piano».

     

    L'obiettivo resta il Viminale, ma in ogni caso «Matteo deve stare al governo», ripete il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari.

     

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    Ieri sono ufficialmente partite le trattative. Antonio Tajani arriva in via della Scrofa dopo pranzo. La sede di Fratelli d'Italia ospita il primo incontro tra alleati dopo la vittoria: non è un vertice, perché il Carroccio è alle prese con la seduta di autoanalisi dei colonnelli riuniti a Milano. Non c'è tempo per i convenevoli, Tajani e Meloni vanno subito al sodo. Il governo si sta formando, l'ex presidente del parlamento europeo ha una serie di richieste da mettere sul tavolo. La prima è quella di avere pari dignità rispetto alla Lega, ovvero lo stesso numero di ministeri. La seconda coglie più di sorpresa Meloni: l'ipotesi di nominare due vicepremier che la possano affiancare.

     

    Uno, sempre nello schema che si è configurato ieri, sarebbe Salvini, l'altro lo stesso Tajani. Tenere i leader della maggioranza a Palazzo Chigi avrebbe dei vantaggi, ovvero saldare il destino del governo a quello dei partiti, ma anche molti rischi, come già visto nell'esperienza del governo gialloverde. La prima partita, in ordine cronologico, da risolvere è comunque quella della presidenza delle Camere.

     

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    Meloni è intenzionata a concederne una all'opposizione, con l'obiettivo di mandare un messaggio di distensione e di unità nazionale, dopo una campagna elettorale molto dura. L'idea è stata apprezzata dal Pd, ma non è piaciuta a Lega e Forza Italia, intenzionate a occupare le poltrone della seconda e terza carica dello Stato. In pista per Palazzo Madama ci sarebbe il leghista Roberto Calderoli, attuale vicepresidente, e per Montecitorio un forzista che potrebbe essere lo stesso Tajani. Se verrà rispettata la logica delle quote rosa, come nelle ultime due legislature, al Senato invece potrebbe finire Anna Maria Bernini.

     

    Sul fronte dei dossier l'urgenza per Meloni resta l'economia. Il primo provvedimento del futuro governo sarà sulle bollette. Siamo alla vigilia della presentazione della Nadef, la Nota di aggiornamento al Def che il governo Draghi potrebbe presentare domani ma solo nella parte tendenziale (e non quella programmatica) lasciando al successore il compito di dettagliare le misure.

     

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    Per favorire una transizione morbida gli sherpa dei partiti del centrodestra sono stati ricevuti al ministero dell'Economia e hanno visionato la Nadef. L'idea di FdI è di fare subito un decreto, senza lo scostamento di bilancio e prima della manovra di bilancio, per aiutare subito famiglie e imprese colpite dal caro energia.

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