gondola
Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera
Che senso ha partire dall' Estremo Oriente, salire su un aereo, investire tempo e denaro, per rimanere sempre nello stesso posto? Perché rovinarsi il giro in gondola chinandosi sul cellulare? Perché attraversare il vasto mondo portandosi dietro il proprio, chiuso nello smartphone? Bene ha fatto il gondoliere a metterci un po' tutti in guardia dal rischio che stiamo correndo: vivere la vita virtuale al posto di quella vera.
Abbassare lo sguardo sulla chat, sul social, sul microcosmo di foto e di follower anziché alzarlo su San Marco, sul ponte dei sospiri, sulla scuola grande di San Rocco (una delle cose più belle al mondo, visitata solo da un turista su 200).
Il cellulare in realtà è uno specchio.
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L' immagine su cui siamo chini è sempre la nostra. Non sappiamo se i turisti insensibili alla bellezza dei canali stessero postando un selfie, linkando un video, twittando una sentenza. Probabilmente stavano cercando di far sapere agli altri - legittimamente ignari e del tutto disinteressati - che erano a Venezia. Da lì a poco avranno fotografato un piatto di sarde in saor, filmato una coppia di figuranti in costume settecentesco, registrato un concerto del rondò veneziano, nel disperato tentativo di informate amici immaginari su quello che hanno pensato, mangiato, visto, sentito.
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Avranno servito il proprio ego esigente, accarezzato il proprio narcisismo compiaciuto, tentato di sottrarre un frammento di bellezza al destino di oblio che attende tutto e tutti. Nel frattempo, però, avranno dimenticato di emozionarsi, di godere, di riflettere. Di vivere.
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Nell' illusione di occuparsi di se stessi, hanno servito il dio del nostro tempo: la rete, del cui tempio il cellulare custodisce l' accesso. La nostra simpatia va ovviamente al gondoliere. Che però non ha tentato di richiamarli alla vita, indicando un dettaglio, cantando una canzone, raccontando una storia. Li ha filmati. Con il telefonino.
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