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    UN PAESE SPEZZATO INDÙ  – IN INDIA DUE RAPPRESENTANTI DEL PARTITO DEL PRESIDENTE NARENDRA MODI SONO STATI LICENZIATI DOPO AVER FATTO DELLE DICHIARAZIONI OFFENSIVE SU MAOMETTO – SI TRATTA DI NUPUR SHARM, ASTRO NASCENTE DEL BHARATIYA JANATA PARTY E NAVEEN KUMAR JINDAL A CAPO DELLA COMUNICAZIONE DEL BJP - NEL PAESE CRESCONO LE TENSIONI TRA INDÙ E MUSULMANI: VENERDÌ SCORSO È SCOPPIATA UNA MAXI RISSA NEL MERCATO DI KANPUR, DOVE 12 PERSONE SONO RIMASTE FERITE - IN ALTRE ZONE DELLA CITTÀ SONO SCOPPIATE BOMBE CARTA E SPARATORIE...


     
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    Carlo Pizzati per “la Repubblica”

     

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    La polarizzazione religiosa ha un prezzo. Ed è anche molto caro. Nell'amministrazione di Narendra Modi, iniziata nel 2014, il conflitto tra induisti e islamici si è andato acuendo con una crescente ostilità nei confronti dei fedeli di Maometto. Al contempo, il governo ha continuato però a stringere patti e contratti sempre più corposi con i Paesi musulmani del Golfo e di altre regioni del mondo.

     

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    Ora questo dualismo viene smascherato dalle esternazioni della portavoce ufficiale del partito al potere da otto anni in India la quale durante un dibattito televisivo si è lasciata andare a commenti considerati altamente offensivi da molte nazioni musulmane. Al centro della tempesta religiosa tra induisti e islamici ci sono due fedeli del Bjp.

     

    La più nota è l'avvocato Nupur Sharma, 37 anni, stella nascente e lanciatissima portavoce nazionale del Bharatiya Janata Party. Licenziata in tronco e sospesa dal partito. L'altro espulso, licenziato e ora indagato è il giornalista di lungo corso Naveen Kumar Jindal, a capo della comunicazione del Bjp di Delhi. Entrambi sono stati denunciati in diverse sedi per una legge indiana che proibisce di «ferire i sentimenti religiosi».

     

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    Sharma è seguita su Twitter dal premier Modi, dal ministro della Difesa Rajnath Singh, e da una pletora di famosi ministri, oltre al capo della squadra di Information technology del Bjp, Amit Malviya. Non è una politica qualunque. Ma si è lasciata andare ad alcune esternazioni durante un dibattito trasmesso anche online da Times Now (ora cancellato dalla rete) in cui Sharma sosteneva che la terza moglie di Maometto avrebbe avuto sei anni all'epoca del matrimonio e nove anni quando il matrimonio fu stato consumato.

     

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    In realtà questo dato è al centro di secolari dibattiti. Né la data di nascita né quella di matrimonio di Aisha può essere stabilito, mentre la sua età non è menzionata nel Corano. Ma l'altro portavoce, Jindal, ne ha approfittato per rincarare la dose, lanciando tweet accusatori pesantissimi verso il Profeta, facendo da volano alle dichiarazioni di Sharma.

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    Ecco dunque la ragione per la sospensione di Sharma e l'espulsione di Jindal, visto l'intento provocatorio delle loro dichiarazioni, e il licenziamento dai ruoli di portavoce di entrambi, oltre alla denuncia alla polizia per incitazione all'odio religioso. Sharma sostiene ora di aver ricevuto minacce di morte e di stupro. E anche Jindal dichiara di aver ricevuto minacce di morte, lamentando di non avere una scorta sufficiente a proteggerlo. L'unica solidarietà è arrivata dal notorio Geert Wilders, il leader islamofobo olandese. 

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    I guai giudiziari che hanno colpito due portavoce del partito di governo sono la preoccupazione minore. A parte i 12 feriti in uno scontro violento tra indù e musulmani nel mercato di Kanpur venerdì scorso, che litigavano proprio su questo tema, e gli scontri in altre zone della città con bombe carta e sparatorie (800 i fermi, 29 gli arresti), il problema lievita oltre i confini. Difatti, il subbuglio causato nel Golfo e nei Paesi islamici ha fatto davvero tremare Delhi. 

     

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    Non solo l'Indonesia, l'Iraq, le Maldive, la Giordania, la Libia e il Bahrain si sono unite nel condannare le esternazioni dei due portavoce del partito di governo, ma si è aggiunto anche l'Oman, e soprattutto gli Emirati arabi uniti, che con l'India hanno un rapporto davvero stretto e speciale, considerati i 3,5 milioni di indiani che vivono tra Dubai e Abu Dhabi. Kuwait, Iran e Qatar hanno anche convocato gli ambasciatori indiani per registrare le loro proteste mentre l'Arabia Saudita ha rilasciato una dichiarazione molto severa. 

     

    Ma i venti del conflitto non accennano a placarsi. La tv di stato iraniana ha descritto i commenti di Sharma come «un insulto contro il profeta dell'Islam». Il Kuwait ha richiesto «pubbliche scuse» per le dichiarazioni, come ha fatto anche il Qatar. Il Bahrein ha chiesto all'India di affrontare le «idee estremiste che nutrono l'odio religioso». 

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    L'Organizzazione per la cooperazione islamica e il Pakistan hanno criticato l'India, causando questa volta le proteste di Delhi, mentre il Gran Mufti dell'Oman ha scritto un tweet duro, innescando una serie di hashtag che richiedono di boicottare i prodotti indiani, subito diventati di tendenza in altri Paesi arabi. In alcuni negozi dell'Oman si sono visti scaffali vuoti con la scritta: «boicottiamo i prodotti indiani». E per Delhi il problema non si placa.

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