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    IN ITALIA CI SAREBBERO CIRCA 1,5 MILIONI DI PERSONE CHE NON COMUNICANO LA POSITIVITÀ AL COVID AL MEDICO O ALLA ASL - CIRCA LA METÀ SONO ASINTOMATICI E NON CONSAPEVOLI DI ESSERE STATI CONTAGIATI, MENTRE L'ALTRA METÀ E' RISULTATA POSITIVA A CASA, CON IL TEST FAI-DA-TE - MOLTI TAMPONI FATTI IN CASA NON SONO AFFIDABILI: CHI SE LO FA DA SOLO TENDE A NON ANDARE MOLTO IN PROFONDITÀ - L'EPIDEMIOLOGO CARLO LA VECCHIA: "PUÒ ANCHE ESSERCI UN PROBLEMA LEGATO ALLE CURE..."


     
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    Michele Bocci per “la Repubblica”

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    Sanno, o sospettano fortemente, di essere positivi ma non vanno a fare il tampone in farmacia, dal medico oppure alla Asl. In questo modo evitano l'obbligo di quarantena ma, se non sono attenti, rischiano di essere contagiosi, si precludono la possibilità di affrontare eventuali cure rapide con gli antivirali e rischiano di restare senza Green Pass, se questo documento, che per ora serve solo nelle strutture sanitarie, verrà di nuovo richiesto per svolgere alcune attività. In Italia ci sono circa 1,5 milioni di fantasmi del Covid. La metà sono asintomatici e quindi non consapevoli di essere stati infettati.

     

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    L'altra metà, circa 750 mila, sono risultati positivi al tampone ma solo a casa, con il test fai-da-te. I calcoli sono di Carlo La Vecchia, epidemiologo dell'Università di Milano. «In questo momento ci sono 1 milione e 460 mila persone in isolamento perché infette - spiega - Ebbene, altrettante sono quelle contagiate ma che non rientrano nei dati ufficiali».

     

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    L'ondata di Omicron 5 ha ormai preso la strada della discesa. Il picco è stato martedì 12 luglio e ieri ci sono stati circa 86 mila casi, cioè il 22% in meno del mercoledì precedente. I numeri dei contagi però continuano a essere alti. Visto che per gli asintomatici, che ci sono sempre stati, non c'è niente da fare, gli esperti dibattono su chi si fa il tampone da solo.

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    Si tratta di tantissime persone, che acquistano i kit al supermercato, in farmacia o su internet.

    Fausto Baldanti, responsabile del laboratorio di virologia molecolare del San Matteo di Pavia, spiega che «è la prima volta nella storia dell'umanità che un'infezione respiratoria viene così capillarmente esaminata. E questo non è un male».

     

    Un primo problema riguarda però l'efficacia dei tamponi fai-da-te. «Il prelievo è fastidioso e chi se lo fa da solo tende a non andare molto in profondità. Per questo i risultati dei test sulla stessa persona possono essere diversi». Come aggiunge La Vecchia, è lo stesso test ad avere una sensibilità ridotta e quindi nel 30-40% dei casi non funziona anche se fatto bene.

     

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    Finisce che qualcuno pensa di essere negativo, magari quando ha i sintomi, e a un successivo tampone risulta positivo. «Questo può essere dovuto anche al fatto che a casa non si utilizzano certo test molecolari e anche quelli rapidi maggiormente diffusi non sono i più recenti, quelli di terza generazione». Così l'errore è dietro l'angolo. «Inoltre c'è qualcuno che fa l'esame troppo presto, magari subito dopo un contatto a rischio, quando è impossibile che l'infezione si sia già manifestata ».

     

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    Quando arriva la positività in molti non cercano una conferma ufficiale del tampone. Così evitano l'isolamento obbligatorio di una settimana (che a breve dovrebbe essere ridotto ma che per essere interrotto richiederà sempre un test negativo) ma possono andare incontro a problemi. Intanto, se vanno in giro, possono essere fonte di contagio per altre persone. «Si blocca la catena di controllo del contagio», e i dati sulla circolazione del virus sono sottostimati. Cosa che si sta verificando anche adesso.

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    Chi risulta positivo con un test fai-da-te dovrebbe andare in farmacia, dal medico o alla Asl a fare un tampone per avere la conferma. «Altrimenti - dice il virologo - può anche esserci un problema legato alle cure. Si può cioè saltare la finestra terapeutica, entro la quale assumere certe terapie. I fragili possono accedere agli antivirali, se il medico lo ritiene necessario. Ma bisogna muoversi prima possibile e quindi bisogna essere in possesso del risultato di un test ufficiale». Poi c'è anche un tema legato ai vaccini e (potenzialmente) al Green Pass.

    Covid test antigenico rapido 3 Covid test antigenico rapido 3

     

     Le regole prevedono infatti che debbano passare 120 giorni dall'infezione prima di ricevere una somministrazione. Ma se il contagio non risulta, non si ha titolo per chiedere, magari il prossimo autunno, di posticipare l'iniezione. E se il Green Pass dovesse essere reintrodotto per svolgere alcune attività (cosa al momento non scontata), chi non ha segnalato l'infezione non avrà il documento o dovrà fare il vaccino prima che siano passati 120 giorni dalla positività.

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