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    IN ITALIA NOVE FIGLICIDI (O INFANTICIDI) SU DIECI SONO COMMESSI DALLE DONNE - LO PSICOLOGO MARCO PINGITORE: "SE LA MADRE NON STA BENE, MAGARI PERCHÉ HA DELLE BRUTTE RICADUTE DEPRESSIVE DOVUTE AL POST-PARTUM, ANCHE IL BIMBO È A RISCHIO. PER L'UOMO LA VIOLENZA È UN ESERCIZIO DI POTERE. QUANDO NON SI VEDE RICONOSCIUTO IL RUOLO DI PUNTO DI RIFERIMENTO PUÒ ANDARE IN CRISI. PER LA DONNA È UNA QUESTIONE PIÙ INTIMA. LEI AGISCE NELL'AMBITO PSICOLOGICO…"


     
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    Claudia Osmetti per "Libero quotidiano"

     

    La fotografia (scattata, prima della pandemia, dall'Eures) è fin troppo nitida: negli ultimi vent' anni, in Italia, 85 bambini non han potuto nemmeno festeggiare il primo compleanno perché sono stati uccisi dai loro genitori. La media è di una vittima a trimestre e, signori, mamma-chioccia fino a un certo punto: l'89,4% di questi drammatici crimini viene commesso dalle madri, solo il 10,6% dai padri.

     

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    «Occorre una precisazione», dice Marco Pingitore, psicologo e criminologo che, per lavoro, si interessa a questi fenomeni. C'è il caso di Torre del Greco (Napoli), col bimbo di due anni e mezzo ucciso annegato in mare dalla mamma. C'è quello di Morazzone (Varese), col ragazzino di sette ritrovato cadavere dentro l'armadio del papà. «In entrambi il reato è l'omicidio di un minorenne», spiega Pingitore, «però si distingue tra l'infanticidio, che è l'assassinio dell'infante, cioè di chi ha solo poche settimane di vita, e il figlicidio che, invece, riguarda bambini più grandi».

     

    Dottor Pingitore, perché così tante donne uccidono i propri bambini?

    «Le donne sono spesso più responsabili degli uomini per gli infanticidi. D'altronde la primaria figura di accudimento, nei primi giorni di vita, è la madre. E se lei non sta bene, magari perché ha delle brutte ricadute depressive dovute al post-partum, anche il bimbo è a rischio».

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    Come ce ne si accorge?

    «In ospedale stanno attenti ai segnali: se una donna accampa scuse per non attaccare al seno il neonato, per esempio. Però non c'è solo questo».

     

    Cioè?

    «C'è anche l'ipercura. Si tratta di un problema difficilissimo da scoprire e che, ancora una volta, riguarda in massima parte le donne. Ha mai sentito parlare della sindrome di Münchhausen per procura?».

     

    Quella di chi crea apposta disturbi fisici negli altri?

    «Esatto. Alle volte succede che le madri, per stare al centro dell'attenzione, usino i bambini in questo senso».

     

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    E per i figlicidi?

    «L'articolo 572 del Codice penale che disciplina i maltrattamenti in famiglia ha una casistica oltremodo variegata. Le dinamiche domestiche vanno lette da un punto di vista sistemico».

     

    Cosa vuol dire?

    «Pensi al marito che usa violenza nei confronti della moglie la quale non lo denuncia, o (capita anche questo, purtroppo) lo giustifica davanti al figlio. Ecco, in questo caso abbiamo una forma di violenza ulteriore perché nemmeno lei riesce a tutelarlo».

     

    Mi perdoni, però in questo caso la donna è evidentemente una vittima.

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    «Certo, d'accordissimo. Ma così stiamo di nuovo perdendo di vista il bambino. Qualcuno lo deve proteggere. Il problema è una visione troppo adultocentrica. La donna non va colpevolizzata, ci mancherebbe. Però, intanto che cerchiamo di salvarla, come è sacrosanto fare, il piccolo che fine fa?».

     

    Allora che differenze ci sono, tra un padre che uccide la sua prole e una madre che fa altrettanto?

    «L'uomo è più "semplice", più esplicito. Per lui la violenza è un esercizio di potere. Quando non si vede riconosciuto il ruolo di punto di riferimento può andare in crisi. Per la donna è una questione più intima. Lei agisce nell'ambito psicologico, l'uomo in quello fisico».

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    Ci sono meccanismi che qualificano l'agire dell'uno o dell'altra?

    «No, non ci sono grosse diversità. Infatti abbiamo avuto casi addirittura commessi da entrambi, con un concorso di causa».

     

    Accidenti. Quando si concentrano questi fatti?

    «La maggior parte delle volte nell'ambito delle separazioni».

     

    Perché?

    «Perchè i ragazzini vengono usati un contesto di ripicca come un oggetto. "Tu non mi vuoi più e allora io ti colpisco con qualcosa a cui tieni". Questi bimbi vengono spersonalizzati».

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