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    CURVE DA BONIFICARE - IN MANETTE VENTI ULTRÀ DELL’ATALANTA PER SPACCIO, RAPINE E VIOLENZE NEGLI STADI - TRA GLI ARRESTATI CI SAREBBE IL FIGLIO DI UN MAGISTRATO - INDAGATI ANCHE UN 73ENNE E 63ENNE - QUEI GIRI DI COCAINA DENTRO E FUORI LO STADIO, I RAID INCAPPUCCIATI E LE TORCE SPARATE CONTRO LA POLIZIA


     
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    Paolo Berizzi per www.repubblica.it

     

    ULTRA ATALANTA ULTRA ATALANTA

    I "bomboni" e le torce sparate contro la polizia intervenuta per fermare un assalto a un pullman di tifosi interisti. Le cariche in pieno centro, in mezzo allo shopping del sabato pomeriggio, come non si erano mai viste prima a Bergamo.

     

    Gli scontri di quel 16 gennaio 2016 al termine di Atalanta-Inter erano rimasti impressi nella memoria di chi c'era: ma tutto il resto, o meglio il "contorno" - lo spaccio sistematico di cocaina prima e durante le partite, gli scontri scatenati sotto effetto delle sostanze, le rapine, i tentativi di estorsione e le spedizioni punitive per recuperare i crediti delle attività di spaccio - è un mondo che viene a galla adesso, almeno da un punto di vista investigativo.

     

    OPERAZIONE CONTRO GLI ULTRA ATALANTA OPERAZIONE CONTRO GLI ULTRA ATALANTA

    La Squadra Mobile di Bergamo e lo Sco della polizia di Stato ci hanno lavorato su per un anno e mezzo: il risultato, per ora, sono venti persone arrestate, quasi tutti ultrà atalantini. Tra loro ci sarebbe anche il figlio di un magistrato. Dalle indagini emerge quello che, secondo gli investigatori, era diventato una sorta di modus operandi adottato dalle frange più estreme della Curva Nord: caricarsi di coca prima di incappucciarsi e entrare in azione all'esterno dello stadio per cercare lo scontro con le tifoserie avversarie.

     

    Gli scontri dopo Atalanta-Inter del 16 gennaio di un anno fa sono stati uno dei casi più eclatanti. Stando all'indagine denominata "Mai una gioia" (dal titolo di uno striscione esposto in curva dagli ultrà, anche una loro frase abituale), c'era dunque un giro di spaccio nell'ambiente della tifoseria organizzata nerazzurra. Alcuni dei soggetti fermati sarebbero stati anche protagonisti di rapine.

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    La polizia ha stretto il cerchio intorno a un gruppo di italiani, a un cittadino albanese e un serbo, in prevalenza ultras dell'Atalanta, dediti alla cessione di ingenti quantitativi di droga, anche tra i tifosi della tifoseria stessa. Tra gli indagati  figurano  anche un 73enne e 63enne. Le misure cautelari firmate dal giudice delle indagini preliminari (i reati di cui si parla sono resistenza a pubblico ufficiale, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, rapina) riguardano dunque una ventina di persone: 11 finiranno in carcere, le altre 9 saranno sottoposte ad altri provvedimenti, tra arresti domiciliari e obblighi di firma. I particolari dell'inchiesta verranno spiegati nel dettaglio dal procuratore della Repubblica di Bergamo, Walter Mapelli, dal sostituto Gianluigi Dettori e dal questore Girolamo Fabiano, con i dirigenti dello Sco.

     

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    Si torna dunque a parlare degli ultrà dell'Atalanta, e ancora una volta per casi di cronaca nera e giudiziaria. Uno spartiacque, in questa lunga storia di tifo e violenze, era stato il maxi processo a carico di 143 persone (tra cui anche alcuni ultrà del Catania) per una scia di episodi tra i quali l'assalto alla Berghem Fest di Alzano Lombardo ad agosto 2010: bombe carta lanciate durante la manifestazione della Lega Nord per protestare contro l'introduzione della tessera del tifoso voluta dall'allora ministro dell'Interno, Roberto Maroni.

     

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    Il maxi processo agli ultrà, procedimento inedito per Bergamo, si era chiuso in primo grado con  condanne per 47 anni, 10 mesi, 10 gg di carcere e 30 mila euro di multe, nel complesso, a 50 supporter atalantini (37 quelli assolti). L'imputato numero 1 era Claudio "Bocia" Galimberti, leader della curva atalantina lontano dagli stadi perché oggetto di nove Daspo. Per lui il pm Carmen Pugliese aveva chiesto una pena di sei anni: il giudice Maria Luisa Mazzola l'ha dimezzata (tre anni). La sentenza di appello, a novembre 2016, ha confermato nel complesso il verdetto di primo grado ma ha ridotto di un mese le pene ai tifosi che hanno partecipato all'assalto di Alzano Lombardo perché il reato di radunata sediziosa è stato considerato prescritto (anche la pena inflitta a Galimberti è stata scontata a 2 anni e 11 mesi).

     

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    Gli ultrà e il loro capo, dunque. Quel "Bocia" che, nonostante i Daspo, secondo la Digos continua a essere il leader indiscusso della curva atalantina. Tra le misure applicate a Galimberti anche la sorveglianza speciale (riservata solitamente ai mafiosi): la sera del 5 settembre 2015, fresco di notifica di un nuovo Daspo quinquennale, mentre allo stadio Comunale l'Atalanta giocava per il trofeo Bortolotti, il Bocia si presentò in questura

     

     spalleggiato da un centinaio di ultrà. A quanto pare non fu solo un sit-in di protesta: stando alle accuse Galimberti - già protagonista in passato di un'aggressione ai danni del giornalista de l'Eco di Bergamo, Stefano Serpellini -  entrò in questura arrabbiatissimo, minacciando e insultando il dirigente della Digos, Giovanni Di Biase. Comportamento che gli costò una denuncia per minacce aggravate e oltraggio a pubblico ufficiale.

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