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    IN MEMORIAM DELLA RIVIERA ROMAGNOLA CHE DETTE VITA ALLA DISCOTECA CHE OGGI TIRA A IBIZA E NEW YORK - “SEMBRA LAS VEGAS”, ESCLAMAVA BASITO UMBERTO ECO - QUANDO UNA SCAPEZZOLATA GRACE JONES FESTEGGIAVA IL COMPLEANNO IN RIVIERA - NEL 2001GIANNI FABBRI ANNUNCIO’ DI AVER CHIUSO IL “PARADISO” E SI CAPI’ CHE ERA TUTTO FINITO – OGGI, CRISI NERA: I GIOVANI NON HANNO UNA LIRA IN TASCA E IL “TARGET” SONO I 40/50ENNI A CACCIA DI RISTORANTI…


     
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    1- LA RIVIERA ROMAGNOLA NON E' PIU' L'ELDORADO DEL BY NIGHT
    Pierangelo Sapegno per La Stampa

    Grace Jones al Cocoricò. Era l’ottobre 1991Grace Jones al Cocoricò. Era l’ottobre 1991

    Il giorno in cui cominciò a morire la notte di Rimini dev'essere stato il 15 ottobre del 2001, quando Gianni Fabbri annunciò ai giornalisti che aveva venduto il Paradiso, tremila metri quadri di sale da ballo e 15 mila di parco, un posto che guardava il mare dal suo futuro, sulle colline di Covignano. Lui si stropicciò le mani nervosamente e disse solo che «i tempi cambiano in fretta e io sono rimasto un uomo della Prima Repubblica».

    Perché in fondo le folli notti della Riviera erano quello, un mondo di benessere diffuso e di divertimento per tutti che veniva da un'altra epoca, un inganno della Storia che si era proteso dagli Anni 80, come se si potesse vivere così, in quell'impazzimento di sensi e di bagliori, dentro a quella mischia composita di ricchezze e destini lontani, stretti insieme nelle luci stroboscopiche e nei clangori infernali delle discoteche.

    Grace JonesGrace Jones

    Oggi che non c'è più futuro, molti di quei locali riaprono come ristoranti con due sere di musica alla settimana, o come alberghi e villette a schiera, negozi, residence, banche.
    Non muore Rimini, che riacquista turisti stranieri e famiglie in controtendenza. È morta la sua notte, il segno di un tempo che ci ha reso tutti più insensati, un'eterea stanchezza che s'è gonfiata avvolgendoci come la pioggia.

    Il Paradiso quand'era nato nel 1956 era come un night per signori o una grande balera di campagna. L'aveva aperto sua mamma. Gianni Fabbri lo prese negli Anni 70 e inventò le cubiste assieme a quelle interminabili notti che fluivano sulle piste luccicanti, una dietro l'altra, senza fine. Si spendeva tanto e si guadagnava tutti tanto. Un pr da discoteca arrivava sopra i cinquemila euro al mese. Oggi non supera i duemila. E all'inizio degli Anni 80 c'erano più di 300 locali tra Ravenna e Cattolica: oggi ne sono rimasti poco più di cento.

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    Ai tempi della crisi e nel mondo dei precari, i primi che mancano sono proprio i giovani. Dice Mattia Durante, pr del Coconuts di Rimini, che «mancano i soldi, e le discoteche si svuotano qui in Romagna come a Milano». Se all'epoca d'oro, quei locali erano pieni per la maggior parte di teenager, adesso il 54 per cento dei clienti ha un'età media compresa fra i 20 e i 50 anni. Mancando i ragazzi, la notte cambia i tempi, come avvisa Maurizio Pasca, presidente del Silb: «Si comincia prima e si anticipano gli orari di chiusura».

    E così si pensa di trasformare questi posti in locali multifunzionali per soddisfare bisogni diversi, dall'aperitivo alla cena, dalla discoteca agli eventi. Si restringono le piste da ballo, che erano diventate grandi scenografie surreali, in modo da dare più spazio alla zona bar e ai salotti. Dove un tempo venivano Walter Chiari, Ugo Tognazzi, Ursula Andress, ma anche Umberto Eco, o persino Gary Hart in corsa per le presidenziali Usa, e Lech Walesa, oltre a Versace, Fendi, De Michelis, quasi a sottolineare con le loro presenze l'immagine di un'epoca, oggi ci si muove tra i fallimenti e i continui cambi di gestione, nella vana rincorsa a un mito sconfitto.

    Generazioni finite: dopo il liscio, le grandi balere e le discoteche, è come se la Romagna non cantasse più. Così, la cronaca registra chiusure storiche, come quella nel 2006 del Peter Pan di Riccione (che poi riapre nel 2008), e il Paradiso di Rimini, riaperto con due nuove gestioni, nel 2007 e 2010. Oppure, le disavventure del Pascià di Rimini, che in un anno appena, tra il 2010 e il 2011, ha collezionato due cambi di proprietà, o del Prince di Riccione, fallito nel 1998 e rinnovato per due volte nel 2000 e nel 2005.

    BAIA IMPERIALEBAIA IMPERIALE

    Dalla Rimini degli Anni 80 di Tondelli, «come Hollywood, come Nashville, dove i sogni si buttano a mare, la gente si uccide con le pasticche, ama, trionfa o crepa», da quella Rimini alla moda, specchio di una metropoli sul mare, è risorta questa città diversa, con i viali vuoti nelle notti d'agosto e le pizzerie che alla mezza sono già tutte chiuse.

    Come ha detto il sindaco, Andrea Gnassi, «eravamo schiacciati da quel modello dello sballo. Abbiamo sofferto 7, 8 anni, ma poi abbiamo capito come cambiare». Hanno fatto le spiagge del benessere, i pedalò dell'amore e i lettini per disabili, la notte rosa e la serata delle piadine, la vecchia Rimini che mette d'accordo tutti. Hanno chiuso i templi. Ma non importa, anche «se rimarremo tutti un po' orfani di quel mondo», come disse Gianni Fabbri quella volta che cominciò a spegnere la notte, chiudendo il Paradiso, steso nella sua grandezza davanti agli ultimi ospiti, inerme, irrecuperabile. Finito.


    2- QUANDO UNA SCAPEZZOLATA GRACE JONES FESTEGGIAVA IL COMPLEANNO IN RIVIERA
    Davide Jaccod per La Stampa

    "Sembra Las Vegas". A dirlo è Umberto Eco, dalle finestre del Paradiso: davanti a lui c'è la costiera romagnola a cavallo tra gli Ottanta e Novanta, regno incantato di ogni nottambulo. Stupore e vita portata all'estremo, serate che non finiscono mai e una folla enorme, sconfinata. A quell'epoca d'oro si dedica «Riviera club culture» (NdA Press), il libro di Pierfrancesco Pacoda, a settembre in libreria, che racconta quindici anni in cui il cuore della notte ha pulsato nei locali di quell'angolo d'Italia.

    Le cronache sono quelle di Grace Jones che arriva qui per festeggiare il suo compleanno, degli esordi dei catalani La Fura dels Baus, delle derive di Pier Vittorio Tondelli: tutti in pochi chilometri di costa, protagonisti di una stagione che sembra lontanissima. «Quelle presenze spiega Pacoda - non erano celebrità invitate (e pagate) come un'attrazione, ma personaggi che venivano in prima persona a vivere le feste e le serate».

    Discoteca Cocorico RiccioneDiscoteca Cocorico Riccione

    Il momento iniziale è identificato con l'apertura della Baia degli angeli, nel 1975: da quel momento l'estate romagnola diventa talmente vorace da essere per tutti una tappa inevitabile. Un istante magico e complesso, che deve il successo a chiavi diverse. «Anzitutto - racconta Pacoda - il merito va a una generazione di gestori illuminati. Penso a Gianni Fabbri, per esempio: ebbero l'intuizione di dare carta bianca a ragazzi anche molto giovani, che spesso non venivano dal mondo dell'intrattenimento. Laureati in Comunicazione, magari, che si trovarono a muoversi in un luogo pieno di possibilità, una palestra per realizzare i sogni».

    Il segreto fu la commistione tra il commerciale e l'innovazione, con gli eventi di tendenza che si affiancavano a Manlio Sgalambro e Franco Battiato che discutevano di filosofia in un privé. Moda e idee, insomma: è quanto successe con i disc jockey, per la prima volta assurti a veri eroi della scena notturna.

    «Prima ancora che a New York, è sulla costa che avvenne la rivoluzione. Fino ad allora i dj erano poco più che juke-box umani. I primi a usare il giradischi come strumento furono quelli che sceglievano la musica in Romagna: Daniele Baldelli e Dj Mozart aprirono spazi mentali nuovi e fertili».

    Quasi vent'anni dopo, pochi dei protagonisti dell'epoca abitano ancora la vita notturna. «È un intero mondo che è finito, non solo qui. Alcuni locali esistono ancora, molti hanno anche successo: ma tanti si sono convertiti a una vocazione unicamente commerciale. Non puoi pretendere che la gente si muova in modi nuovi se non provi a sperimentare. Il pubblico è più giovane di allora, ma credo che i ragazzi sarebbero disponibili a seguire tendenze e a riempire gli spazi aperti dalle novità che, invece, non ci sono».

     

     

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