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    IN MORODER WE TRUST – IL PADRE DELLA MUSICA DISCO SVELA LA "SCENEGGIATA" DEI DJ: "IO HO I MIEI FILE MUSICALI, DUE O TRE PEZZI ALLA VOLTA GIÀ MISSATI: LA TECNOLOGIA È COMPLESSA, I VIDEO, LE LUCI, I GIOCHI PIROTECNICI DEVONO ESSERE SINCRONIZZATI. SI PUÒ IMPROVVISARE, MA ENTRO CERTI LIMITI, CHI FINGE DI CAMBIAR DISCHI E SI MUOVE TANTO FA SOLO SPETTACOLO"

     


     
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    Bruno Ruffilli per La Stampa

     

    moroder moroder

    A 77 anni, dopo tre Oscar, altrettanti Grammy e milioni di dischi venduti, Giorgio Moroder ha realizzato un sogno. «Ho di fronte persone felici che ascoltano la mia musica, nei festival anche 20-30 mila per volta». Il padre della disco si è reinventato deejay: «Avrei voluto essere un cantante ma non ho abbastanza voce - spiega al telefono dalla sua casa di Los Angeles - ma così finalmente posso essere sul palco e non dietro le quinte».

     

    Sul palco sarà anche a Torino, domani sera, per la serata di apertura delle Ogr, con uno spettacolo fuori da ogni genere: un' orchestra classica di 36 elementi suonerà suoi brani famosi e spezzoni dalle colonne sonore che ha scritto ( American Gigolo, Scarface, Top Gun e altri). «È la seconda volta che lo facciamo, se va bene potremmo pensare a un tour». In scaletta c' è anche Giorgio by Moroder , con cui il compositore e produttore di origini altoatesine è tornato dopo anni di silenzio.

     

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    Ospite di lusso in Random Access Memories dei Daft Punk, raccontava la sua vita e la sua musica su un delirio di sintetizzatori: «My Name is Giovanni Giorgio but everybody calls me Giorgio». Lo hanno citato in tanti, perfino Liberato, nuovo fenomeno pop italiano, di cui però Moroder non vuol parlare.

     

    Cos' è successo dal 2013?

    «Ho inciso un disco, Dejà vu , che è andato abbastanza bene, anche se non è stato un gran successo. Ma non importa, io sono sempre in giro come deejay».

     

    Che musica suona?

    «Circa 25 brani miei, 4-5 dal mio ultimo album, poi alcuni Edm che mi piacciono, una decina, tra cui David Guetta».

     

    C' è qualcuno che considera suo erede?

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    «Forse Skrillex, che usa molto l' elettronica, oppure Calvin Harris, bravissimo: è compositore, produttore e deejay, come me».

     

    Al tempo della disco che ruolo aveva il deejay?

    «Quello tra la fine degli anni Settanta i primi Ottanta è stato un periodo rivoluzionario, e nelle discoteche, tra tanti eccessi, è nata una nuova cultura. Ma i deejay si limitavano a mettere dischi, non erano delle superstar come oggi».

     

    E anche suonare dal vivo non è indispensabile.

    «Io ho i miei file musicali, due o tre pezzi alla volta già missati: la tecnologia è complessa, i video, le luci, i giochi pirotecnici devono essere sincronizzati. Si può improvvisare, ma entro certi limiti, chi finge di cambiar dischi e si muove tanto fa solo spettacolo».

     

    Intanto 40 anni usciva I feel love , forse il suo brano più famoso. Dove sta la magia che non passa?

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    «Credo che funzioni ancora oggi per il contrasto tra la base elettronica, quel ritmo costante, preciso, che non può essere opera di veri musicisti, e la voce di Donna Summer, romantica, sensuale. Le parole non sono un granché, ma pazienza».

     

    Insieme avete firmato anche Love to love you baby ...

    «Volevo scrivere un pezzo sexy. Volevo che simulasse un orgasmo, ci ha provato ma era imbarazzata, non riusciva. Ho mandato via tutti, sono rimaste solo le persone indispensabili per registrare, ho spento le luci, lei ha fatto tutto da sola al buio. O forse c' era suo marito».

     

    Com' era Donna Summer?

    «Abbiamo lavorato per tanto tempo insieme, era diversa da come appariva, molto gentile, allegra, forte, a parte negli ultimi anni, quando aveva seri problemi personali e di salute. A me non è mi mai parsa veramente sexy, ma la gente lo pensava e abbiamo giocato sulla sua immagine».

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    Passando alla musica di oggi, lei era tra i giudici dell' ultimo Festival di Sanremo: che idea ha della situazione in Italia?

    «Mi è piaciuto Francesco Gabbani. Per il resto, anche tra i giovani c' erano cantanti di vecchio stampo, con voci interessanti ma produzione all' antica. Poi non so granché, sento ogni tanto Eros Ramazzotti, quando sono in Italia guardo la tv, ma ascolto poca musica, non sono aggiornato».

     

    Cos' è la musica elettronica?

    «Definire un genere per la strumentazione con cui viene suonato è secondo me limitativo. Oggi l' elettronica è dovunque, l' elettronica è pop».

     

    Guardando indietro, cambierebbe qualcosa nella sua carriera lunga cinquant' anni?

    «Non cambierei niente, ci sono stati dei film di cui avrei voluto scrivere la colonna sonora, poi non l' ho fatto, e sono diventati dei grandi successi. Ma quando Alan Parker mi ha chiesto la musica per Fuga di Mezzanotte l' ho fatta senza nemmeno pensarci, e per me era una cosa nuova. Poi l' inno per le Olimpiadi del 1984, per quelle del 1988, per i Mondiali di calcio in Italia nel 1990. Ho imparato che bisogna aver coraggio, provarci sempre».

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