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    INNOCENTE FINO A PROVA CONTRARIA - IN PROVINCIA DI CAGLIARI, UNA BIDELLA ACCUSATA DI PEDOFILIA SI UCCIDE: NON HA RETTO LE “SENTENZE” DEI COMPAESANI, CHE L’HANNO CROCIFISSA SENZA ASPETTARE IL PROCESSO - LE COLLEGHE: “NON È POSSIBILE CHE UN SOSPETTO BASTI A ROVINARE LE PERSONE. QUELLA ERA UNA STORIA FALSA" - LA DONNA HA LASCIATO UN BIGLIETTO: "SONO INNOCENTE"


     
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    Nicola Pinna per “la Stampa”

     

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    Ora nessuno saprà mai se la "signora Agnese", così come la chiamavano gli alunni, fosse innocente o colpevole. Non ci sarà un processo, perché all' accusa di violenza sessuale su una delle bambine della scuola materna di Sestu, in provincia di Cagliari, lei non ha retto. Più che il capo d' imputazione e la prospettiva di finire in tribunale, non ha sopportato il giudizio affrettato dei compaesani.

     

    Di chi non ha avuto la pazienza di aspettare un processo vero. E ora l' ultimo messaggio della bidella, scritto a penna su un foglietto di carta bianca, forse lascerà un rimorso forte nelle coscienze di chi Agnese l' aveva già condannata. «Sono innocente, voi sapete solo giudicare».

     

    Il suicidio della bidella, andata in pensione da poco tempo, ora blocca l'iter giudiziario di questa vicenda. La procura di Cagliari aveva chiuso da pochi giorni l'inchiesta su una vicenda che ha avuto come sfondo la scuola dell'infanzia della cittadina a pochi chilometri dal capoluogo sardo.

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    I dettagli restano riservati, anche perché la vittima, secondo gli investigatori, è una bambina di appena 4 anni. Quello che sia successo, dunque, non è chiaro ma di certo c'è che la bidella Agnese, una che i bambini di Sestu consideravano quasi come una seconda mamma, era stata accusata di un reato grave. Infamante per chi ha costruito una lunga carriera nella scuola.

     

    L'indagine, partita dall'esposto di un genitore, oramai andava avanti da parecchio e in paese in molti avevano saputo di quella storia imbarazzante. Le chiacchiere erano state molto più veloci della giustizia e Agnese si era sentita additata. Lunedì scorso a casa sua è arrivato l'avviso di conclusione delle indagini e lei ha capito che entro poco tempo si sarebbe dovuta presentare in tribunale.

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    L'avvocato le aveva spiegato che nulla era ancora scontato, perché prima di un processo e di una condanna si sarebbe dovuta svolgere l'udienza preliminare. E che non era per nulla certo che le accuse nei suoi confronti avrebbero retto. Sembrava rincuorata, ma alle orecchie di Agnese è arrivato l'eco delle solite dicerie.

     

    «Nessuno ci credeva, sapevamo tutti che quella donna era sempre stata amorevole nei confronti dei nostri figli». Nel pomeriggio del funerale, tante mamme si presentano davanti alla chiesa parrocchiale per l'ultima dimostrazione di affetto. E anche le colleghe trovano il coraggio di parlare: «Non è possibile che un sospetto basti a rovinare le persone. Quella era una storia falsa, Agnese era innocente per davvero». Lei aveva provato a dimostrarlo in ogni modo ma il racconto della bambina, confermato anche davanti agli psicologi, aveva convinto il pm a chiedere il rinvio a giudizio dell'ex bidella.

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    Ora insomma si dovrà fare i conti con il suo ultimo messaggio, con quella frase scritta poco prima del suicidio, che oltre a essere un tentativo di difesa estrema sembra essere un diretto atto di accusa. «Verso i giudizi affrettati - dice una vicina di casa - Perché in tanti qui si erano fatti convincere dai pettegolezzi. E in un posto piccolo le storie si arricchiscono di dettagli inventati. Senza tener conto della sensibilità delle persone».

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