Estratto dell’articolo di Riccardo Bruno per il "Corriere della Sera"
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Gli ultimi giorni di vita, prima di morire ieri mattina in Svizzera, ancora in attesa di avere una risposta in Italia, li ha trascorsi in compagnia del marito e dei due volontari di «Soccorso civile», l’associazione di Marco Cappato che ha organizzato il suo ultimo viaggio. Ricorda adesso Matteo D’Angelo: «Abbiamo passeggiato, discusso. La sera prima ha voluto una torta, ma non riusciva a portarla alla bocca». Aggiunge Claudio Stellari: «Era serena, determinata, più tranquilla lei di noi». Entrambi poi ricordano quelle che sono state le sue ultime parole: «In Svizzera ho coronato un sogno. Quello di smettere di soffrire».
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Il vero nome di questa donna di 51 anni, lombarda, da vent’anni affetta da sclerosi multipla, non è stato rivelato.
L’associazione Luca Coscioni, che con Soccorso civile l’ha seguita in questi ultimi mesi, l’ha chiamata Ines. «Il mio corpo non risponde più a nessuna delle mie richieste» ripeteva lei. Così il 10 maggio ha deciso di presentare all’azienda sanitaria locale la richiesta per accedere al «suicidio medicalmente assistito».
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L’ufficio non era quello competente, la domanda è stata trasmessa a un altro. Iniziano a trascorrere i giorni, intanto parte la prima diffida. Per due volte la donna viene visitata dalla commissione medica, ma la decisione tarda ad arrivare. Nuova diffida e ultimo aggiornamento la settimana scorsa, la relazione medica è stata inviata al comitato etico.
Ma Ines ha già deciso che non vuole più aspettare. […]
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In Italia il «suicidio medicalmente assistito» è stato riconosciuto, a determinate condizioni, dalla Corte costituzionale nel 2019 con la sentenza sulla vicenda del dj Fabo. Recentemente sempre la Consulta ha chiarito che il Servizio sanitario deve intervenire «prontamente». […]
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