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    IN UCRAINA LE TREBBIATRICI SONO SENZA BENZINA E TRA POCHE SETTIMANE PARTE LA MIETITURA: IL GRANO E’ A RISCHIO PER DUE ANNI - I DEPOSITI DI CARBURANTE DESTINATI AL SETTORE AGRICOLO SPARSI PER IL PAESE SONO STATI DISTRUTTI DAI BOMBARDAMENTI, SOPRATTUTTO A SUD E AD EST - PRIMA DELLA GUERRA, KIEV IMPORTAVA L’80% DI CARBURANTE DA RUSSIA E BIELORUSSIA: ORA VA RICOSTRUITA TUTTA LA CATENA DI APPROVVIGIONAMENTI…


     
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    Mirco Paganelli per “il Messaggero”

     

    Le pompe di benzina sono a secco in Ucraina, e non è un problema solo per le aziende locali o per l'esercito, ma per buona parte del pianeta. Il diesel serve ad alimentare le macchine agricole del granaio d'Europa e tra poche settimane parte la mietitura.

    I primi campi cominciano a luglio. I tank di carburante destinati al settore agricolo sparsi per il Paese sono stati distrutti dai bombardamenti, soprattutto a sud e ad est.

     

    Lì i contadini ne hanno costruiti di nuovi e con i loro furgoni vanno a riempire le taniche a ovest. I camion cisterna non li vedono da un pezzo, sono dei bersagli troppo vulnerabili.

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    A offrirci il quadro è il presidente del Consiglio agricolo dell'Ucraina, Andrii Dykun, che da Uman si esprime allarmato: «Il grano dell'anno prossimo è a rischio, ma non è solo a causa del carburante», dice. «Il nostro principale problema è che non possiamo vendere quello fermo nei porti. Abbiamo 22 milioni di tonnellate extra. Stiamo costruendo dei silos, ma se non guadagniamo, non possiamo pagare gli stipendi ai nostri dipendenti né tanto meno il diesel».

     

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    Gli uffici del governo nazionale sono impegnati in una corsa contro il tempo per trovare nuovi canali di approvvigionamento prima che le trebbiatrici entrino in funzione. Nel pre-guerra l'Ucraina produceva il 20% di carburante e ne importava l'80%, in particolare da Russia e Bielorussia. Il 24 febbraio ha disintegrato tutto e ora c'è un intero sistema da ricostruire. A spiegarlo è Artem Kuyun, vicedirettore di A95, gruppo di consulenza con base a Kiev che monitora il mercato dei carburanti.

     

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    «La situazione è difficile premette -. L'unico canale di approvvigionamento possibile è l'Europa, ma anche i suoi Paesi sono alle prese con una domanda interna crescente. Nei prossimi mesi ci aspettiamo dei tagli da Bulgaria, Romania e Moldavia». E anche quando si trova chi vende, resta da capire come fare arrivare il carico nel Paese in guerra. Via mare è impossibile. Odessa, Mykolaiv, Cornomorsk: i principali porti sono bloccati e «non ci aspettiamo che tornino operativi nel prossimo futuro», dice lapidario l'analista.

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    Via treno è complicato. Europa ed Ucraina hanno sistemi diversi ed i treni dell'una e dell'altra parte devono incontrarsi al confine per fare il travaso. Esistono pochi treni che si adattano ad entrambi i sistemi, «ma i loro proprietari non li mettono a disposizione perché temono le attività belliche e possibili danni al loro equipaggiamento». Da qualunque parte la si guardi, la faccenda è un vicolo cieco. Ricostruire da zero l'infrastruttura del carburante - ammette Kuyun - «richiede tempo». Ma è proprio quello a mancare. Come il diesel.

     

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    In estate va raccolto il grano seminato durante l'inverno, sotto le bombe. «Quest' anno prevediamo di raccoglierne il 35% in meno del solito», dice dalla regione di Kiev l'agricoltore Vitalik Yurchenko che chiede di non fare il nome dell'azienda per cui lavora come responsabile logistico perché teme ripercussioni russe. «Stiamo facendo di tutto per non deludere i nostri clienti europei. Il nostro team è alla continua ricerca di carburante dall'Europa», spiega.

     

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    Intanto l'apertura al libero mercato comporta salassi ai distributori. Il governo ha di recente eliminato la regolamentazione sui prezzi. Prima della guerra un litro di diesel costava 0,80 euro al litro, oggi 1.85. Cifra folle per questo Paese che mette in difficoltà anche chi si sposta per fare del bene. «Abbiamo impiegato due giorni per rimediare 100 litri di diesel», raccontano da una piccola ong locale che spedisce beni umanitari al fronte. «Così non arrivano più gli aiuti dove servono». A un distributore della capitale è in coda da tre ore un giovane volontario, Roman Chepkov. «La tessera della mia organizzazione mi consente di saltare la fila, ma oggi le pompe di quella marca sono chiuse, e quindi eccomi qua».

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