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    “IN UNA FOSSA COMUNE HANNO SCOPERTO QUASI 500 PERSONE” – IL RACCONTO CHOC DELL’ARCIVESCOVO DI KIEV SVIATOSLAV SHEVCHUK: “AVEVANO LE MANI LEGATE E UNA PALLOTTOLA NELLA TESTA. VUOL DIRE CHE SONO STATE ASSASSINATE IN UN MODO CRUDELE, NELLO STESSO MODO IN CUI AI TEMPI DI STALIN ASSASSINARONO GENTE INNOCENTE GETTANDOLA IN FOSSE COMUNI. NON PENSAVO SAREI RIUSCITO A SOPRAVVIVERE QUANDO…”


     
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    Da www.blitzquotidiano.it

     

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    “In una fossa comune recentemente hanno scoperto quasi 500 persone con le mani legate e con una pallottola nella testa. Vuol dire che sono state assassinate in un modo crudele, nello stesso modo in cui ai tempi di Stalin assassinarono gente innocente gettandola in fosse comuni”.

    Lo dice l’arcivescovo maggiore di Kiev, il monsignore Sviatoslav Shevchuk rendendo una testimonianza della situazione del suo Paese in video collegamento con il XXIII Convegno Nazionale per la Pastorale della Salute della Cei.

     

    Le parole dell’arcivescovo

    Quello che vive l’Ucraina è un “momento drammatico”, con una guerra che ha comunque fatto cadere le maschere e mostrato tutti per quello che sono davvero, ha spiegato Shevchuk.

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    Dal ricordo del 24 febbraio, quando Kiev è stata messa sotto il fuoco russo, alla decisione di salvare vite umane, “un dovere primario” come “Chiesa e comunità cristiana”, fino alle difficoltà di farlo in quelle condizioni. Ma “grazie a Dio, siamo sopravvissuti”, ha detto il primate della Chiesa greco-cattolica ucraina.

     

    E ha aggiunto: “Non pensavo che sarei riuscito a sopravvivere perché la capitale in tre giorni era quasi circondata. L’esercito ucraino è stato capace di fermare i carri armati russi a 50 chilometri dalla nostra cattedrale”.

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    “78 giorni di guerra come 78 giorni di lacrime”

    Monsignor Shevchuk ha definito i 78 giorni di guerra, come “78 giorni di lacrime, di fiumi di sangue che scorrono sul terreno ucraino”. Ha ripercorso le sue visite pastorali nella sua diocesi, ora “simile a un deserto”, con città in gravissima distruzione come quella di Chernihiv dove i quartieri sono stati rasi al suolo e la scoperta di fosse comuni sempre più frequente.

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    Durante la sessione di domande e risposte, l’arcivescovo maggiore ha sottolineato che in quella situazione di guerra ci vuole la fede, perché “per rimanere e dominare la tua stessa paura bisogna affidarsi completamente a Dio”. E ha ricordato che ci sono 12 milioni di profughi, e 5 milioni sono già fuori dall’Ucraina, ma ci sono anche migliaia di persone che devono essere curate dopo le ferite causate dalla guerra, devono sottoporsi a cure lunghe e riabilitazione”.

     

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    Rivolgendosi ai vescovi, Shevchuk ha quindi detto che “adesso in Ucraina non c’è questa possibilità di aiutare tutti, perciò se ci sarà qualche programma per fare le protesi per bambini feriti di guerra, fateci sapere, perché così farete veramente felici questi poveri innocenti”. Il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina si è infine appellato anche alla solidarietà della Chiesa italiana per accogliere i rifugiati.

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