CLAUDIO GRAZIANO
Gianluca Di Feo per “la Repubblica”
«All'interno del governo sostenuto da Movimento 5 stelle e Lega, nel 2018, c'è chi ha pensato di poter compiere uno scarto rispetto al tradizionale atlantismo dell'Italia. Durante quei mesi, in una riunione alla quale partecipo in qualità di capo di stato maggiore della Difesa, ascolto un esponente dell'esecutivo giallo- verde teorizzare che l'Italia dovrebbe cominciare a essere equidistante tra due "poli di amicizia internazionale". Al "polo" americano, infatti, lo Stato - in tutte le sue articolazioni, militare inclusa - dovrà affiancare il "polo" russo».
La testimonianza è straordinaria e di attendibilità fuori discussione: quella del generale Claudio Graziano, che dopo avere comandato le forze armate ha supervisionato la nascita della Difesa Europea. E in Missione , il libro che ha scritto con Marco Valerio Lo Prete pubblicato dalla Luiss University Press, traccia proprio il passaggio "dalla Guerra Fredda alla Difesa Europea".
SALVINI PUTIN CONTE DI MAIO
Un percorso in cui a un certo punto il nostro Paese ha rischiato di perdere ogni bussola strategica, come dimostra il racconto del consiglio dei ministri del primo governo Conte: «Nel momento in cui mi viene chiesto un parere in proposito, espongo perché mi sembra una scelta avventata». Nella sua riservatezza, il generale non fa il nome del ministro che aveva sostenuto «la linea dell'equidistanza » tra Mosca e Washington, addirittura teorizzata dopo l'annessione della Crimea.
CLAUDIO GRAZIANO E MARCO VALERIO LO PRETE - MISSIONE
Ma Graziano ha ben chiara la «costante della Storia e della geopolitica: l'obiettivo della Russia è sempre stato quello di incrinare l'unità euro-atlantica (e in subordine europea) e, in quanto superpotenza continentale, di riuscire ad affacciarsi sul Mar Mediterraneo per meglio opporsi alle potenze marine occidentali. Il divide et impera rimane la strategia di fondo di Mosca verso l'Europa».
Questo è solo uno dei tanti retroscena svelati nel volume in cui il generale ha sintetizzato una carriera eccezionale, che si è appena conclusa dopo mezzo secolo di servizio in uniforme per iniziarne un'altra alla presidenza di Fincantieri.
Nessun ufficiale italiano ha gestito così tante operazioni delicate: Mozambico, Balcani, Afghanistan, Libano. Le ricostruisce tutte con una ricchezza di episodi inediti.
Come il racconto del raid che permise a soli cento alpini paracadutisti di riconquistare la valle di Musay, in Afghanistan: un obiettivo che secondo i comandi Nato avrebbe richiesto migliaia di uomini, raggiunto invece con pochi ranger e senza sparare un solo colpo.
CLAUDIO GRAZIANO GIOVANNI NISTRI
Ed è impressionante la cronaca della prima del Nabucco, diretta da Riccardo Muti, al Teatro dell'Opera in cui viene deciso l'intervento contro Gheddafi: «Nel primo intervallo, appena appresa la notizia della Risoluzione dell'Onu, viene organizzata una sorta di riunione di governo in una sala riservata del teatro.
In quella sede viene espresso un parere favorevole per un pieno impegno italiano al fianco degli alleati per porre fine alle violenze contro i civili perpetrate da Gheddafi. Terminato il Nabucco, ci riuniamo di nuovo in una saletta del teatro, questa volta alla presenza del presidente Napolitano. Il ministro degli Esteri Frattini si collega telefonicamente.
uomo misterioso
I ministri presenti (ndr tra cui il premier Berlusconi e quello della Difesa La Russa) contribuiscono per la loro parte di responsabilità. Quando usciamo dal Teatro dell'Opera, è stato dunque concordato che l'Italia interverrà militarmente in Libia».
Cambia il governo ed ecco un'altra rivelazione: «Nel 2015 ai nostri militari è richiesto di lavorare con maggiore incisività sul "secondo cerchio" della strategia per la Libia, ipotizzando una soluzione per rendere inutilizzabili i barconi sui quali sono trasportate decine di migliaia di migranti.
Elaboriamo un piano che prevede l'ingresso di forze speciali della Marina in alcuni porti libici sul tratto della costa della Tripolitania da cui provenivano la maggior parte dei migranti, per affondare i natanti pronti all'uso mentre sono ormeggiati. Tuttavia il rischio, non eliminabile nonostante le predisposizioni più accurate, che l'azione possa provocare vittime civili o militari lascia l'opzione nell'ambito delle pianificazioni di studio ipotetiche».
CLAUDIO GRAZIANO
Il libro ha il grande pregio di fare comprendere quanto sia stata rivoluzionata l'identità dei nostri militari nell'ultimo ventennio, quando l'abbandono della leva fa nascere una forza di professionisti «considerati in modo unanime protagonisti nell'opera di proiezione dell'influenza e dell'immagine dell'Italia all'estero».
Per rendersene conto basta leggere il capitolo sul Libano, dove il contingente Onu comandato da Graziano ha sugellato il difficile cessate il fuoco con Israele alternando la deterrenza dei blindati alla diplomazia dei colloqui faccia a faccia. Da vero alpino, il generale è sempre diretto, non risparmia critiche e ammette gli errori.
Come nel caso della ritirata da Kabul: «Bisogna essere onesti e riconoscere che nel 2021 abbiamo assistito a una pesante sconfitta di tutto l'Occidente - più coinvolto che in Vietnam, dove gli Usa combattevano praticamente da soli - e di parte di quello in cui abbiamo creduto negli ultimi vent' anni. Abbiamo fallito infatti nel raggiungere le condizioni politiche che ci eravamo prefissati, necessarie per costruire nel Paese un'alternativa democratica ai talebani».
joachim gauck giorgio napolitano claudio graziano
E da questa disfatta che nasce la spinta per una Difesa europea autonoma, resa urgente poi dall'invasione dell'Ucraina: un percorso teorizzato da Altero Spinelli nel Manifesto di Ventotene. E Graziano cita proprio l'ultimo discorso di Spinelli all'Europarlamento: «Non un invito a sognare, ma un invito a operare».
uomo misterioso JOSEP BORRELL CLAUDIO GRAZIANO