Maria Elena Barnabi per Gente
foto Marco Rossi per Gente
pino insegno giorgia meloni
La conversazione che leggete in queste pagine con Pino Insegno, romano, 64 anni, di professione attore, doppiatore («Sono 442 i film a cui ho dato la voce) e conduttore televisivo, avviene a casa sua a Roma, tra una sigaretta e l’altra, la salvia indiana dono del capo Apache – una delle sue passioni – che brucia per “purificare” l’ambiente e la moglie Alessia Navarro, affermata attrice di teatro che va e viene. Siamo nella sua stanza-rifugio a pian terreno: le pareti sono tappezzate di dvd e cd, sugli scaffali ci sono memorabilia de Il Signore degli Anelli (ha doppiato l’attore Viggo Mortensen) e un divano Chesterfield occupa la scena con maschia presenza.
Questa è la prima intervista che Insegno fa prima del suo grande ritorno in Rai: dal 25 settembre sarà al timone de Il mercante in fiera (su Raidue, da lunedì a venerdì alle 19.55), mentre da gennaio prenderà in mano L’eredità su Raiuno. E poiché questo ritorno ha scatenato più di una polemica – è stato detto che sarebbe stato scelto per via della sua amicizia con la premier Giorgia Meloni – questa conversazione è anche l’occasione per fare chiarezza. Ma cominciamo dall’inizio.
Quando prende il via il suo ritorno in grande spolvero in Rai?
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«L’anno scorso. All’epoca ero rientrato in Rai con il mio programma Voice Anatomy e proposi al povero Ludovico Di Meo (dirigente Rai mancato a gennaio, ndr) di portare Il mercante in fiera su Raidue, un game show che ho fatto per anni e con successo su Mediaset».
Però poi è stato Marcello Ciannamea, fresco direttore del prime time della Rai, a darle l’ok.
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«Ciannamea per me è sempre stato solo un amico che lavorava in Rai, Meloni e compagnia bella non c’entrano niente. È sempre venuto a vedermi in teatro, ha stima di me. Mi ha chiesto se avevo delle idee, ho proposto anche a lui Il mercante in fiera».
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Come divenne famoso?
«Avevo 20 anni e con il gruppo l’Allegra Brigata a teatro rifacevamo cose del Quartetto Cetra. Caso volle che la figlia di Tata Giacobetti fosse innamorata di uno di noi e venne a vederci col padre. Lui rimase folgorato e la sera dopo venne con Pietro Garinei (storico commediografo e registra teatrale, ndr) e Gino Bramieri. Tempo una settimana ed eravamo in prima serata su Raiuno nel G. B. Show, il Gino Bramieri Show. Era il 1983. Da lì poi nacque la Premiata Ditta».
Da zero a 100 in pochi giorni.
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«Abbiamo avuto gente che ci voleva bene. Gianni Minà era innamorato di noi, mi invitava a casa sua, tipo che eravamo io, lui e Robert De Niro. Ci infilava ovunque anche se non c’entravamo un cavolo. Un anno ci invitò a Mantova per gli 80 anni del musicista Gorni Kramer: per dire, sul palco c’erano Bice Valori, Paolo Panelli e poi la Premiata Ditta, robe da matti. Conobbi Walter Chiari, uno dei miei miti. Mi disse: “Mi piace il tuo sguardo, mi sembra il mio di quando ero giovane, tienilo. Si vede che c’hai fame”».
Quella fame c’è ancora?
«Sempre. Film, teatro, tv: per me è sempre la prima volta. Sono un’entusiasta. Quando finisco uno spettacolo, ci metto dieci minuti a salutare il pubblico. Pietro Garinei mi diceva a fine spettacolo: “Insegno, vada a casa. Vada”. Ma non riesco, è più forte di me. È questione di essere gentili con il tuo cliente. Sarò meno personaggio, ma chissenefrega».
La famiglia semplice, la voglia di arrivare, l’affetto del pubblico e alla fine i successi. Anche lei si sente un underdog, un outsider, come la nostra presidente del Consiglio?
«Ma magari fossi un outsider: ho 60 anni passati, faccio questo mestiere da 40 anni».
Ammetterà che prendere in mano la fascia preserale per nove mesi su due canali Rai non è da tutti…
«Ma io il preserale l’avevo già fatto. Mica sono un influencer con un milione di follower che si è messo a condurre un programma. Io ho una storia».
pino insegno maria elena barnabi foto marco rossi
E che storia ha lei?
«È fatta solo di cose che hanno funzionato. Ho fatto teatro, doppiaggio, ho condotto. Lo stupore mi fa ridere».
Lo stupore nasce dalla sua amicizia con Giorgia Meloni.
«È vero: sono salito su quel palco (nel settembre 2022 l’attore presentò Giorgia Meloni per la chiusura della campagna elettorale di Fratelli d’Italia a Roma, ndr) e ho appoggiato la signora Meloni. È una mia amica, è una persona che stimo, so che potrebbe far bene. Fine. Se parliamo di politica è giusto che ci confrontiamo sulla politica, ma se parliamo di spettacolo, parliamo di spettacolo. A 20 anni sono entrato in Rai: mica ero amico di Forlani».
La polemica è nata anche dal fatto che in Rai ci sono stati cambiamenti che la fanno pendere più a destra.
«Ci sono sempre stati, e nessuno ha mai detto niente. È successo anche a me: mi hanno tolto un programma e nessuno ha detto niente. Lei mi ha più visto condurre Reazione a catena (lo fece dal 2010 al 2013, ndr) o lo Zecchino d’oro?».
Chi le fece lo sgambetto?
«Le giuro che non è stato D’Alema e neppure Berlinguer».
Si vuole togliere qualche sassolino dalla scarpa? Fu fuoco amico?
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«Non fu la politica. Diciamo che la ruota è girata. Ma nessuno si chiese perché, pur facendo uno share alto, io in Rai non c’ero più. Comunque, ora sono tornato».
Lo rifarebbe di presentare quel famoso congresso della destra?
«Certo che sì, come andrei e vado allo stadio a vedere la Lazio, la mia squadra. Non faccio il romanista perché la Roma è più popolare. Ma rispetto le bandiere giallorosse, rispetto Francesco Totti. Se mancassi di rispetto a quella bandiera, sarebbe giusto criticarmi».
L’amicizia tra lei e Giorgia Meloni come è nata?
«Ci siamo incrociati tanti anni fa, conosco anche la sorella. Io di lavoro faccio pure il formatore per le aziende: da 26 anni insegno l’uso della voce alle persone per parlare in pubblico. Ho anche aiutato qualcuno di loro a esprimersi meglio sul palco. È stato un rapporto confidenziale e professionale».
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Come giudica i suoi primi mesi di governo?
«Giorgia Meloni è cresciuta molto: non era facile essere una donna, presidente del Consiglio, così piccolina e sentirsi grande, alta. È riuscita a farlo, e mi auguro che riesca a fare cose giuste».
Anche lei è critico verso la comunità Lgbtq+ come questa compagine politica?
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«Per me la diversità va accettata, essere gay non è anormale: è una condizione che va rispettata. Nella mia vita sono sempre stato circondato da persone omosessuali, con la Premiata Ditta siamo stati tra i primi a fare spettacoli alla serata Muccassassina del centro sociale romano Mario Mieli per tirare su soldi per l’Aids. La sessualità non ha colore. Ed è bello che ci siano persone famose che si dichiarino gay: è importante per i ragazzi che non riescono a dirlo ai genitori».
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Nella sua autobiografia La vita non è un film ha confessato lo shock di quando da bambino ha scoperto di avere un testicolo solo.
«Me lo rivelò mia madre, all’improvviso, quando le dissi che avevo letto che Giulio Cesare aveva un solo testicolo. “Anche tu”, fece lei. Fu un colpo. Crescendo ho puntato su “altre cose” nel rapporto intimo, ho imparato ad amare le donne senza pensare per forza alla prestazione».
Perché ha deciso di parlarne?
«Perché so che ci sono tanti uomini nelle mie condizioni ed è giusto che sappiano che puoi avere una vita normale. Io ho avuto varie donne e quattro figli. Vi sembro uno che abbia avuto problemi?».
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