Giuliano Guzzo per “la Verità”
atleti transessuali - giochi olimpici tokyo
Il Comitato olimpico internazionale temporeggia. Non ha sufficienti elementi per introdurre - o forse, semplicemente, non se la sente - le nuove linee guida per gli atleti transgender. La notizia, data martedì dal Guardian, è di quelle rilevanti perché sta a significare che, salvo colpi di scena, i Giochi di Tokyo 2020 avranno luogo senza una rinnovata e più rigorosa disciplina per gli atleti Lgbt, che pertanto potranno gareggiare insieme a tutti gli altri alla luce delle linee guida del 2015.
Disposizioni, queste, che nello specifico consentono agli atleti maschi «diventati» femmine di competere nella categoria femminile senza alcun intervento chirurgico per rimuovere i testicoli, ma a una sola condizione: che il loro livello totale di testosterone nel siero sia mantenuto al di sotto di 10 nanomoli al litro nei 12 mesi precedenti alla prima gara.
competizione falsata. Una limitazione a molti parsa troppo blanda, per almeno due ordini di ragioni.
atleti transessuali - giochi olimpici tokyo
Anzitutto perché i livelli di testosterone nelle donne risultano non un po' ma parecchio più bassi, oscillando per lo più tra gli 0,12 e l' 1,79 nanomoli al litro; mentre negli uomini tale stima varia tra i 7,7 e i 29,4 nanomoli. In altre parole, le regole vigenti del Comitato olimpico danno il via libera per competere ad atleti transgender i cui livelli ormonali sono di fatto collimanti a quelli maschili, ancorché più bassi della media.
Un secondo motivo per cui le linee guida del 2015 non hanno mai convinto riguarda un più vasto dimorfismo che, al di là del piano ormonale, comunque contraddistingue i maschi «diventati» femmine, persone che durante la pubertà vedono le proprie ossa e i propri muscoli svilupparsi, com' è ovvio, al pari di quelli degli uomini. Per questo il Comitato olimpico si era impegnato ad aggiornare le regole portando il livello minimo di testosterone per gli atleti transgender a 5 nanomoli al litro; cosa che, ha fatto capire il Guardian, è lontana dall' essere realizzata.
thomas bach
Alla base di questi ritardi, secondo il quotidiano britannico, c' è una divergenza in seno all' organizzazione responsabile dei Giochi olimpici, dal 2013 presieduta dal tedesco Thomas Bach. Da una parte, un gruppo di scienziati è convinto che, abbassando la soglia di testosterone massima a 5 nanomoli, si raggiungerebbe un ragionevole compromesso tra inclusione ed equità, garantendo così alle donne trans di competere ancora nella categoria femminile, ma senza più l' abissale vantaggio fino ad oggi registrato.
Dall' altra parte, altri studiosi non sono d' accordo e - oltre a far notare che il 99% delle donne ha livelli di testosterone inferiori a tre nanomoli per litro - fanno presente come i risultati provenienti dal Karolinska Institutet, in Svezia, evidenzino la scarsa efficacia dei trattamenti di riduzione dell' ormone maschile nelle donne transgender.
la forza muscolarePiù precisamente, all' università medica di Solna, vicino a Stoccolma, pare si sia riscontrato come, anche dopo un anno dal trattamento per abbassare i livelli di testosterone, i maschi «diventati» femmine non registrino alcuna perdita della forza muscolare, restando beneficiari dei vantaggi fisici della pubertà maschile, inalterati pure dopo la transizione. I maschi restano sempre maschi, insomma, e perciò nettamente superiori alla controparte femminile in numerose discipline. Motivo per cui, si diceva, alcuni scienziati del Comitato olimpico si sono convinti che qualsivoglia disputa sui livelli ormonali sia tutto sommato marginale rispetto al cuore della questione, ossia il permanere dei vantaggi competitivi maschili.
Thomas Bach
Il fatto che il Comitato olimpico decida di non decidere non è tuttavia un passaggio neutro. Prima di tutto perché in questo restano in vigore delle linee guida, come si è visto, a dir poco permissive e certo non eque per lo sport femminile come, prima di essere ridotte al silenzio, hanno provato a spiegare atlete quali la tennista Martina Navratilova. In secondo luogo, c' è chi ha notato come questo prendere tempo si intrecci con una vicenda tutt' altro che marginale, ossia il ricorso di Caster Semenya, l' iperandrogina velocista sudafricana, contro le regole dell' Iaaf, l' associazione internazionale delle federazioni di atletica, che prevedono che le atlete che superano il limite di 5 nanomoli di testosterone per litro di sangue debbano ridurre il valore del proprio testosterone intraprendendo uno specifico trattamento farmacologico.
semenya
il ricorso di semenyaLo scorso maggio il Tas di Losanna ha dato torto alla Semenya, la quale non si è però data per vinta, facendo appello contro la Iaaf. Ad oggi la questione è quindi ancora nelle mani dei tribunali svizzeri, e non è lunare l' ipotesi secondo cui il Comitato olimpico tentenni anche in vista che la vicenda possa si chiarisca, così da conformarsi alla giurisprudenza più recente. In aggiunta a ciò, c' è però anche un altro elemento che, a ben vedere, spiega la difficoltà di varare nuove linee guida olimpiche per le atlete trans, vale a dire il timore, da parte Comitato olimpico, di doversi difendere dall' accusa di transfobia che la galassia Lgbt, se prevalesse una politica non esclusivista ma di mero buon senso, gli scaraventerebbe contro all' istante. Poche affermazioni, oggi, risultano temerarie come dire che uomini e donne sono - e restano - differenti.
SEMENYA SEMENYA