Estratto dell’intervista di Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport
giovanni branchini
«Come si esce dalla crisi? Attraverso scelte fatte con competenza, non inseguendo la popolarità del colpo. Scelte giovani, e comunque di giocatori che abbiano potenzialità da esprimere e una carriera da costruire, non di campioni datati con bacheche e conti correnti strapieni. Le stelle sono poche ormai e spesso inaccessibili, il potere d’acquisto dei club italiani si è ridotto notevolmente negli ultimi anni. I nostri top non possono più competere con i ricchissimi inglesi e gli Stati sovrani».
Giovanni Branchini non è uno di quegli agenti che fanno e disfano carriere con piglio da manager. I presidenti, gli allenatori, i giocatori, ma anche i suoi colleghi più quotati gli riconoscono doti non comuni: ha lavorato o lavora ancora con Guardiola, Ancelotti, Allegri, Rummenigge, Mourinho, Hoeness, Florentino Perez, Jorge Mendes, Andrea Berta, Gabriel Jesus, da alcuni mesi assiste Gabriele Cioffi, nuovo tecnico del Verona.
Sessantasei anni ad agosto, nel calcio dal dicembre dell’86 («il primo trasferimento, Alemao dal Botafogo all’Atlético Madrid» ricorda), ha portato in Italia i due Ronaldo, il secondo assistendo la Juve e Mendes. «Ho letto che il presidente Casini conta di risolvere la questione delle commissioni degli agenti e altre storture del sistema con l’aiuto della Fifa», attacca.
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Branchini, ammetterà che nel suo settore le mele marce non mancano.
«Nel calcio, a tutti i livelli, non mancano quantità di esempi poco edificanti. Dirigenti della Fifa finiti in galera o ancora sotto processo, proprietà imbarazzanti, ogni anno assistiamo a tentativi di ingresso nel calcio da parte di avventurieri che come arrivano scompaiono. L’albero delle mele marce non è particolarmente selettivo, non conosce categorie. Negli anni l’aspetto sportivo ha lasciato il campo a quello finanziario e i danni si sono notati. Per questo il calcio italiano dovrebbe tornare al primo anche in funzione del secondo».
Si spieghi meglio.
«La soluzione sono i giovani, le intuizioni, la conoscenza, le competenze. Gli Abraham, più che i Lukaku, soprattutto se si ha già in organico un giocatore come Lautaro. La mia è soltanto un’opinione, non entro nel merito dell’operazione, tuttavia dico che solo partendo dalle conoscenze specifiche si possono risolvere i problemi del calcio italiano. I cui esponenti non possono certamente giocare con le stesse carte di 4, 5 club, dei colossi finanziari. A proposito dei giovani, in particolare degli italiani, anche il decreto crescita, così come era concepito, ha creato problemi».
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Ma i dati, secondo Casini, dicono il contrario.
«Quali dati, scusi? Quella norma è risultata discriminatoria nei confronti dei calciatori italiani. Soprattutto dei giovani: molti club, anche minori, hanno fatto ricorso alla fiscalità agevolata comprando quasi esclusivamente stranieri. Posso condividere la sostanza del decreto quando favorisce l’ingresso di campioni, non se diventa lo strumento per imbottire le squadre di stranieri di livello medio o basso che tolgono spazio ai nostri. I dati, quelli reali, sono impressionanti».
Juve, Roma, Inter, Lazio, Napoli ripetono da settimane la stessa litania: prima si vende e poi si compra.
«Si devono creare i posti per i nuovi ingressi, e la colpa non è solo della pandemia. Se non si sbloccano alcune situazioni, i nostri club non possono operare».
Risposta secca: De Ligt secondo lei resta alla Juve?
«La decisione è soltanto sua. La Juve è pronta a rinnovargli il contratto secondo parametri convenienti a entrambe le parti, ma anche a cederlo se l’olandese ha intenzione di andar via».
Ha detto che Lukaku non l’avrebbe riportato in Italia.
«Non lo vedo, la considero una mossa non indispensabile, disponendo - l’Inter - di uno come Lautaro che secondo me ha potenzialità straordinarie non del tutto espresse. Inoltre il ritorno di Lukaku potrebbe bloccare altre operazioni tecnicamente valide».
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Dybala intende?
«Anche».
La Roma punta a una crescita progressiva senza colpi a effetto: a metà luglio Mourinho si dirà soddisfatto?
«José è un grandissimo allenatore e un uomo di valore assoluto, andrebbe sempre assecondato. L’estate scorsa non capii tuttavia la grossa spesa che fece fare per il portiere, quando c’erano soluzioni più a basso costo e quei soldi avrebbero potuto essere destinati al miglioramento di altri settori. Ma è solo il mio parere e conta poco».
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Rui Patricio ha firmato il successo in Europa.
«Non discuto il rendimento, ma l’opportunità, considerato il ruolo. Nutro perplessità, ad esempio, anche sugli acquisti di Di Maria e Origi, mentre credo che sia importante trattenere nel sistema Vlahovic, Leao, Chiesa. Un giocatore che farebbe comodo a tuttti i club di vertice è Berardi, forse il migliore italiano in circolazione... Dice che mi accontento? Guardo in faccia la realtà, registro lo scadimento della qualità degli interpreti. Quello che ha detto Pasquale Bruno l’altro giorno è Vangelo. Anche se l’ha detto a modo suo».
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