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    INTERNET HA UCCISO UN MONDO, DALLE CABINE TELEFONICHE ALLE PAGINE GIALLE (FINO ALLA NOIA) – IL SAGGIO DELL’AMERICANA PAMELA PAUL, "100 COSE CHE ABBIAMO PERSO PER COLPA DI INTERNET", DIMOSTRA COME LA RETE ABBIA STRAVOLTO LA NOSTRA CREATIVITA', LA PAZIENZA, IL RAPPORTO CON IL TEMPO E LA CAPACITA' DI ATTENDERE - E TRA PIN REGISTRATI, PASSWORD SALVATE E WIKIPEDIA ABBIAMO SMESSO DI ALLENARE LA MEMORIA: E' L'EFFETTO "SCARICO COGNITIVO"


     
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    100 cose che abbiamo perso per colpa di internet PAMELA PAUL 100 cose che abbiamo perso per colpa di internet PAMELA PAUL

    Francesco Musolino per “il Messaggero”

     

    Vi siete accorti che telefonare a qualcuno è considerato un gesto troppo intimo, quasi molesto? È sempre meglio mandare un messaggio, dicono i ragazzi della Generazione Z, quelli che non chiudono mai le frasi con il punto (e vi bollano come boomer se non sapete usare gli emoji). Oggi c'è ancora qualcuno in grado di dormire un sonno pieno, senza l'impulso di controllare lo smartphone ogni dieci minuti? 

     

    E dove sono andati a finire i telefoni fissi, quelli con la cornetta di bachelite e la rotella che girava? Che ne è stato di quel tempo in cui, se la chiamata squillava a vuoto, non c'era modo di sapere chi fosse? Ma soprattutto, che fine ha fatto la noia, quel tempo colloso come una calura estiva, durante il quale dovevamo fare da soli, trovando qualcosa da leggere o magari, inventando una storia o un'avventura, potendo contare solo e soltanto sulla forza della nostra immaginazione?

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    GLI IMPEGNI 

    Un mucchio di scrittori fuoriclasse da Stephen King a Valerio Massimo Manfredi hanno confessato che proprio il fatto di dover combattere quella benedetta noia, è stato importantissimo. Eppure, oggi i genitori sembrano costretti a riempire le giornate dei propri figli con ogni tipo di impegno e non appena salta il segnale wi-fi, si grida alla catastrofe.

     

     Perché? Che cosa avete contro la noia? La 50enne Pamela Paul, giornalista americana ed editor della New York Times Book Review, è partita da questi legittimi dubbi per riflettere sul modo in cui la rete ha stravolto le nostre vite, firmando 100 cose che abbiamo perso per colpa di internet (pubblicato da Il Saggiatore, tradotto da Fabio Galimberti).

     

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    LUNGHE ATTESE 

    Si tratta di un saggio intelligente e provocatorio, danzando sulla nostalgia delle cose belle che abbiamo perso per strada, senza mai scivolare nel patetico, nei facili sentimentalismi o in un atteggiamento luddista e anti tecnologico. D'accordo, nessuno può avere nostalgia delle pagine gialle e degli elenchi del telefono che arrivano via posta, così come delle mappe cittadine che si spiegazzavano o dei volumi cartacei dell'enciclopedia che ci vendevano per posta. Per carità. 

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    Ma chi l'ha detto che non possiamo rimpiangere il tempo delle cabine del telefono? Ricordate l'attesa dell'orario concordato per chiamare qualcuno? Rammentate il timore di trovare la fila alla cabina e l'ansia che anziché l'amata, potesse rispondere il fratello dispettoso o peggio, uno dei genitori?

     

    E mentre oggi gli smartphone hanno fotocamere professionali, cosa ne è stato dell'inquietudine con cui si andavano a ritirare le foto da sviluppare, con il rischio di aprire la busta e trovare decine di scatti fuori fuoco? Oggi facciamo migliaia di foto a vuoto, le carichiamo sul cloud e non le sviluppiamo mai. È lecito avere qualche rimpianto? 

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    Cento capitoli brevi, ironici, pungenti, narrati con un taglio empatico; così scopriamo che l'editorialista del New York Times - già autrice di Pornopotere (2007) - non possiede un tablet, non è abbonata a nessun servizio streaming e i suoi figli vedono i film o ascoltano la musica sui supporti fisici dvd e cd senza usare alcun tipo di cloud. Sino a qualche anno fa questa era la nostra normalità, eppure, oggi sembra una vera stravaganza. Chi ha ragione?

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    GLI EX AMORI 

    Un capitolo dopo l'altro, 100 cose che abbiamo perso per colpa di internet è un viaggio nel tempo: l'emozione per il primo libretto degli assegni, gli album rilegati con le foto di famiglia e le scatole di Monopoli e Scarabeo per concludere le serate dal vivo, non giocando online contro il computer.

     

    Paul evoca il tempo prima degli smartphone, quando nessuno poteva rintracciarti, mandarti un Whatsapp e geolocalizzarti: chi se lo ricorda ancora? D'accordo, la tecnologia migliora sensibilmente la nostra vita, eppure, c'è stato un tempo in cui gli ex amori (con un po' di fortuna) scomparivano dalla nostra vita mentre oggi, con i social network, sembra impossibile lasciarsi qualcuno alle spalle: bastano un paio di click e sappiamo tutto, spesso troppo.

     

    Abbiamo la testa piena di pin e password, al punto che la nostra memoria vacilla e questo fenomeno, scrive Paul, si chiama scarico cognitivo ovvero, non sentiamo più il bisogno di dover ricordare alcunché perché possiamo ritrovare tutto online con pochi click, dai titoli dei film sino al nome del compagno di banco del liceo.

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    REALTÀ DISTOPICA 

    È un bene o un male, tutta questa tecnologia? D'accordo, scrive la Paul, la pandemia senza internet sarebbe stata un incubo davvero insopportabile ma adesso facciamo i conti con sessioni infinite su Zoom e questo mondo, «sembra improvvisamente piccolo, a portata di smartphone».

     

    Attenzione: chiunque abbia meno di 40 anni, trovandosi in mano questo libro, potrebbe pensare ad una realtà distopica, un tempo oscuro in cui si spedivano lettere scritte a mano, si mandavano a memoria i numeri di telefono e il cloud non esisteva. Quel vecchio mondo, con il filo della cornetta che puntualmente si attorcigliava, non esiste piùma ogni tanto possiamo rimpiangerlo, senza sentirci dei dinosauri?

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