Estratto dall'articolo di Riccardo Staglianò per “il venerdì – la Repubblica”
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L'uomo che vede il futuro ha un pizzetto bianco, un doppiopetto blu e un anello di argento, oltre a un borsello per portafogli e cellulare che indossa a bandoliera sotto il giaccone. Neal Stephenson ha studiato fisica, deviato su geografia, imparato a programmare da solo sui manuali, giacché Youtube e i suoi tutorial sarebbero arrivati solo una ventina d'anni dopo.
Nel '92 fu mandato il primo sms ("Merry Christmas"), il web emetteva vagiti ma lui, in Snow Crash, immaginava - nell'ordine - una specie di codice Qr, una versione di Google Earth, il riconoscimento facciale, i gigacapitalisti che avrebbero puntato sullo spazio, i rider che portavano la pizza guidati dagli algoritmi e, soprattutto, il metaverso di cui tutti parlano senza sapere esattamente perché.
Non una cosa simile, ma esattamente un universo alternativo con quel nome, un doppio digitale del mondo analogico in cui le persone interagiscono tramite alter ego (anche avatar, in questa accezione, è una sua trovata).
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Nel '99, in Cryptonomicon, parlava di criptovalute (il primo bitcoin sarà coniato dieci anni dopo). L'anno scorso negli Stati Uniti è uscito Termination Shock in cui torna al vecchio amore dell'emergenza climatica, la nostra inestricabile distopia quotidiana. Dove un miliardario, che come tipo umano assomiglia a Elon Musk, si mette in testa di risolvere il problema per i fatti suoi e si inventa un enorme cannone che, sparando zolfo nell'atmosfera, dovrebbe creare una specie di pellicola gassosa che rifrange i raggi solari, raffreddando il pianeta.
Il titolo si riferisce al tragico contraccolpo che potremmo subire se, a un certo punto, per i più svariati motivi, la pratica fosse interrotta. Ah, nel suo futuro prossimo il Texas è anche invaso dai cinghiali (ma questo, visto da Roma, è già il passato). Trattasi di volumone, come vari suoi altri che pure son finiti tra le letture di Obama e Gates, pieno di conoscenza approfondita, nozioni arcane, fattoidi, digressioni sapienziali che si ricompongono un attimo prima di diventare snervanti.
Come ha notato un recensore, "non vuole solo raccontarti una storia: vuole istruirti". La migliore definizione del funzionamento della sua capoccia viene invece dal critico del New York Times: "Un intelletto speculativo poliedrico, un cervello collisore di adroni", come l'acceleratore di particelle che al Cern ha consentito la rilevazione del bosone di Higgs.
È stato gentilissimo e puntuale al secondo. L'unico mistero è perché non abbia voluto incontrarci a casa sua piuttosto che nella hall di questo anodino albergo, con tanto di inestirpabile colonna sonora di Frank Sinatra. Ho insistito. Si è irrigidito. Quella che segue è la sintesi dell'incontro reso possibile dalla mia capitolazione.
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Come le venne l'idea del metaverso in un libro in cui hacker trafficano file infetti che mandano in tilt i computer e friggono i cervelli di chi li maneggia?
"Era la fine degli anni 80. L'internet come la conosciamo era di là da venire. Provai a immaginare un ambiente virtuale in cui le persone potessero interagire l'una con l'altra. Il termine divenne popolare tra i tecnologi. E ora che governano il mondo, alcuni stanno provando a creare qualcosa del genere.
La fattibilità la si deve soprattutto all'industria dei videogiochi che ha creato le grafiche e la possibilità di giocare online a distanza. Quindi metaverso è diventato sinonimo di prodotti che non esistono ancora ma dovrebbero esistere presto e sui quali Big tech spera che la gente spenderà soldi. Dal momento che le possibilità di ciò che si può fare nei confini degli attuali schermi si stanno assottigliando". […]
Nell'attuale confusione definitoria c'è chi fa un tutt'uno tra metaverso e il quasi altrettanto vago web3. A quest'ultimo proposito lei che idea se n'è fatto?
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"Il web 1, delle origini, si limitava a far visualizzare pagine web. Il web 2 ha permesso agli utenti di crearle, quelle pagine, approfittando del loro lavoro gratis. Il web 3, con gli Nft e altri modi per monetizzare, promette di ricompensarli economicamente. Se così fosse non sarebbe sbagliato. Il mio amico Jaron Lanier è stato tra i primi a denunciare lo sfruttamento e ha proposto il "mid", una valuta digitale per retribuire chi crea contenuti".
Le criptomonete, peraltro, sono un'altra delle sue profezie centrate...
"Mi faccia dire che non è infrequente, per chi si occupa di fantascienza, anticipare qualche tendenza. Quando ci sbagliamo nessuno ci fa caso, se indoviniamo sembriamo geni. Quando scrivevo Cryptonomicon c'erano già stati gruppi di programmatori, come il Bay Area Cypherpunks, affascinati dal creare valute indipendenti dagli Stati, accasandole nell'isola caraibica di Anguilla o su piattaforme-offshore del tipo Sealand, fuori da ogni giurisdizione.
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Luoghi libertari con una potenzialità letteraria che, nell'infrastruttura decentrata dei bitcoin, s'è persa. Molta della loro fortuna ha a che fare con la sfiducia delle persone nel sistema finanziario istituzionale. A torto o a ragione le criptovalute sembrano un'opportunità per l'uomo della strada".
Arrivando a Termination Shock lei mette nella stessa comitiva una sbrigativa regina d'Olanda, un plenipotenziario di Singapore e un mezzo nobile veneziano: non trattandosi di barzelletta sulle nazionalità, cos'hanno in comune?
"Che vivono tutti in territori sotto al livello dell'acqua e quindi sono più preoccupati degli altri rispetto alle conseguenze a breve della crisi climatica. E sono quindi pronti a rischiare di più, al punto di mettersi nelle mani del milionario che vuol perseguire la sua personale via al geoengineering".
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Sa benissimo che la scienza ha molte riserve sulla soluzione ingegneristica: qual è la sua posizione, al di là della fiction? E scrive con competenza anche del Mose: dov'è che studia per documentarsi?
"Non sono un attivista. Conosco le critiche e mi limito a dire che, in qualche forma, la tecnologia ci servirà per mitigare il problema climatico perché, se anche smettessimo domani di produrre CO2 e passassimo ai pannelli solari per l'elettricità, dovremmo comunque ridurre di un bel po' quella in circolazione. Potremmo piantare tanti alberi, ma servirebbe troppo spazio e non riusciremmo a farlo in tempo. Certi ambientalisti anti-tecnologici mi ricordano quelli che, dopo il naufragio del Titanic, non trovarono di meglio che far notare che navi così grandi non avrebbero dovuto essere costruite. Quanto alla documentazione, dagli anni dell'università ho l'abitudine di consultare paper scientifici e del Mose si è occupata parecchio anche la stampa anglofona".
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Visto il suo pedigree non posso perdere l'occasione di chiederle cosa prevede nei prossimi 5-10 anni.
"Ho smesso di fare qualsiasi previsione dopo l'elezione di Trump. Mi auguro, spero, che lo sforzo più grande sarà sulla cattura dell'anidride carbonica dell'atmosfera, perché non c'è cosa più urgente. Non so se saranno gli Stati a farsene carico. Dico solo che, sempre dal punto di vista letterario, se lo fa un singolo individuo, come succede nel libro, ha un potenziale narrativo maggiore".
Il sospetto che lei sia un libertario, piuttosto scettico nei confronti dell'azione dei governi resta. Quando fa dire al miliardario che non teme le eventuali sanzioni perché l'America è uno "zimbello globale" è T.R. Smith che parla o il suo autore? E si riferisce a oggi o a ieri?
"Guardando a ciò che è successo sino a oggi, constato che è improbabile che sia un problema che gli Stati Uniti risolveranno. Ieri era peggio, oggi meglio, ma la sostanza non cambia. Per il resto, anche se preferisco far parlare i miei libri, mi considero uno che ha fiducia nella scienza. Meno nei politici.
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Poca anche nei Verdi che, in Germania, sono contro il nucleare, che servirebbe a decarbonizzare e a ridurre la dipendenza di gas dalla Russia. E in New England si sono opposti alle linee d'alta tensione dal Canada non rendendosi conto che difendevano la bellezza paesaggistica di certi fortunati proprietari terrieri più che il pianeta, perché di elettricità avremo sempre più bisogno".
Per finire su una nota più leggera, che tecnologie usa quotidianamente?
"A parte il cellulare, con cui sto troppo su Twitter, un Mac su cui scrivo e sul quale uso Mathematica, il mio software preferito che mi serve per fare calcoli tipo quali dimensioni avrebbe dovuto avere il cannone che immagino nel libro, e una Tesla. Vado molto fiero di un tornio italiano, il Graziano Sag-17 che ho ribattezzato "bella donna", nella vostra lingua, perché è magnifico e con cui mi piace creare oggetti, in metallo o in plastica. E programmo ancora, in Python o C++". […]
Sensazioni nel metaverso
Ma, alla fine, lo scudo di zolfo intorno al pianeta regge? Non si spoilerano così neanche i cavalli. Ricordo soltanto che, nel domani-quasi-oggi che il nostro immagina gli umani devono andare in giro con tute termiche che impediscono ai raggi solari di friggerli, come nel remake di Dune, e trasformano il loro sudore in una sempre più preziosa acqua. E che ci sono stati almeno un Covid-23 e un Covid-27. Così rimettete l'orologio e sapete anche cosa mettervi.
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