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    “IO FUORI DALLA ROMA? SONO DELUSO, MI ASPETTAVO QUALCOSA DI DIVERSO, FORSE SONO INGOMBRANTE” – TOTTI SOFFRE E S’OFFRE: "TORNEREI A TRIGORIA A FARE IL DIRETTORE TECNICO, QUALCHE SQUADRA MI HA CHIAMATO. MA IO SONO FEDELE ALLA ROMA. SE DOVESSI ANDARE A FARE IL DIRIGENTE IN UN ALTRO CLUB SAREBBE UN FALLIMENTO: PER LA ROMA, NON PER ME" – "DE ROSSI È UN PARAFULMINE E RISCHIA DI DIVENTARE, COME MOURINHO, UN CAPRO ESPIATORIO" – DYBALA, GLI INSULTI AL FIGLIO CHRISTIAN E QUELLA PARTITA A PADEL CON SINNER... – VIDEO


     
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    totti de rossi totti de rossi

    Alessandro Angeloni e Stefano Carina per il Messaggero - Estratti

     

    Sornione. Come un gatto acciambellato sulla poltrona, indeciso se graffiare o ammaliarti con un sorrisino e dribblare la domanda scomoda. C’è il sole, il verde elegante dell’Olgiata, Totti sorseggia un tè freddo al limone, ci racconta delle sue vacanze alle Bahamas e il suo più rilassato agosto a Sabaudia. 

     

    (...)

     

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    Ma perché Totti non è nella Roma? Che cosa c'è di sbagliato in lei?

    «Non lo so, forse troppa lealtà, eccessiva sincerità. Forse sono una figura ingombrante. Quello che dico io viene preso in considerazione, quello che dicono altri, meno. È come se avessero paura di avere una figura importante dentro la società, credono che non possa aiutare e invece uno potrebbe farlo».

     

     

    Ha rivelato di essersi sentito spesso al telefono con De Rossi nell’ultimo mese. Non sarebbe più utile farlo come un referente tecnico?

    «Sì, ma non è una mia decisione. Se nessuno mi chiama... Non sono io che vado a bussare alla porta».

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    In che ruolo si vedrebbe?

    «Direttore sportivo non lo farei mai, però magari mi vedrei in un ruolo come quello ricoperto da Ibrahimovic o Zanetti: un riferimento tra società, squadra e allenatore. In poche parole, una figura come quella del direttore tecnico. Uno che ci mette la faccia, che dice le cose come stanno, è semplicissimo. Un incarico operativo, non uno da chiamare solo quando ci sono dei problemi».

     

    Con De Rossi sareste una bella coppia.

    «Con Daniele non ho mai avuto problemi. Per lui non darei una mano, ma un braccio, per farlo stare bene e tranquillo. Anche perché, come è giusto che sia, se lavorassi per la società è come se lavorassi per Daniele. Cammineremmo insieme».

     

    Ha mai pensato di utilizzare le sue competenze in un altro club?

    «Qualche squadra mi ha chiamato. Comunque no, come ho sempre dichiarato, io sono fedele alla Roma».

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    Rimane sempre quella fedeltà? Anche ora che ha smesso di giocare?

    «Sì. Perché se dovessi andare a fare il dirigente in un altro club sarebbe un fallimento. Ma per la Roma, non per me».

     

    Ad oggi si è sentito più illuso o deluso?

    «Sono rimasto deluso e basta. Anche perché per quello che ho fatto io per la Roma, per la società, per tutti, mi aspettavo qualcosa di diverso. Ogni due, tre, quattro, cinque anni la proprietà cambia e chi arriva ha le sue idee e i suoi pensieri. E alla fine sono da rispettare».

     

    Le piace questa Roma che sta nascendo?

    «Ancora non l'ho capita sinceramente. Alla fine è stato un miscuglio di giocatori, chi prima, chi dopo, alla fine sono stati presi quattro calciatori insieme. Sono stati investiti tanti soldi. Io con settanta milioni avrei fatto altre scelte, li avrei spesi diversamente. Come? Non per due giocatori sicuramente, ne avrei presi quattro-cinque. Dovbyk? L’attaccante certamente andava preso e in quel caso meno di trenta è difficile».

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    Chi le piace di più dei nuovi arrivati?

    «Koné, lui sì che mi piace».

     

    Su Dybala si era espresso qualche tempo fa.

    «E rimango del mio pensiero, anche perché non ho mai parlato male di Paulo. Ho sempre avuto massimo rispetto e ammirazione, anche perché ho sempre detto che è il giocatore più forte della Roma, perciò va tutelato. Ma adesso vediamo come lo gestiranno. Quello che è accaduto ultimamente forse è stata un'incomprensione o un malinteso, vedremo».

     

    Crede che paradossalmente la sua permanenza nella Capitale possa complicare un po’ i piani di De Rossi che aveva lavorato per tutta l'estate su un determinato tipo di gioco e ora probabilmente dovrà cambiarlo?

    «Diciamo che Daniele è l'unico che lo vede quotidianamente e lo sa gestire. E poi, quando lui reputerà di farlo giocare dal primo minuto, lo farà giocare, oppure lo metterà in panchina».

     

    Come si concilia la panchina per quello che lei ha definito il «calciatore più forte della Roma»?

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    «Va gestito, perché non può fare determinate partite ravvicinate. E non lo sostengo solo io».

     

    È la volta buona per arrivare in Champions?

    «Vedendo le spese folli che ha fatto sul mercato, la Roma deve arrivarci, per forza. Se investi 100 milioni e non ci arrivi è un fallimento totale. Anche perché senza Champions, Daniele salta prima, non arriva fino alla fine».

     

    Un errore che De Rossi non deve commettere?

    «Deve chiudersi in se stesso e parlare con chi di dovere. Deve soprattutto farsi rispettare».

     

    Quando utilizza l’espressione “chi di dovere”, a chi si riferisce?

    «Al suo staff, alle persone che sono vicino a lui, quelle in grado di dargli una mano, che cercano di fargli capire gli errori. Daniele ha un gruppo di lavoro forte, valido. Mi auguro e penso che ci riuscirà perché conosce bene la piazza, l’ambiente e la società».

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    Altrimenti rischia di diventare un parafulmine.

    «Daniele è il parafulmine. E chi ci rimette è lui. Però, ripeto, fortunatamente è uno che conosce tutto e tutti».

     

    Così non rischia di diventare il nuovo Mourinho?

    «Certamente, anche se in questo momento è l'unico che può fare l’allenatore a Roma. Ma torniamo al solito discorso, se c'è la società forte che esce allo scoperto e parla chiaro sugli obiettivi, allora è tutto tranquillo. In questo modo la piazza sa tutto. Invece ora la colpa, nel caso le cose non dovessero andare bene, ricadrebbe tutta su Daniele. È quello che è accaduto a Mourinho, perché José ci metteva la faccia. Però nessuno lo aiutava, nessuno parlava. Dopo è dura eh, mettersi contro sei milioni di persone. È dura, perché puoi essere chi vuoi, se non porti risultati, diventi il capro espiatorio. Ma Daniele ne è consapevole».

     

    Non crede che trattandosi di De Rossi, la gente lo perdonerebbe?

    «No. Ormai no. Avete visto cosa gli hanno detto dopo queste prime partite? Quello che ha fatto l'anno scorso è già il passato. Se lo sono dimenticati tutti, è passato anche ciò che ha fatto da calciatore. Sono i lati positivi e negativi del calcio. Ci si dimentica facilmente, guardate cosa è accaduto con me. E poi un conto è essere calciatore, un altro allenatore. Lui adesso ha la responsabilità di tutto».

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    Lo scudetto chi lo vince?

    «Inter o Juve, sono troppo più forti delle altre».

     

    (...)

     

    Ma suo figlio Cristian doveva fare proprio il calciatore?

    «Io speravo che facesse il tennista, era anche bravo, poi all'improvviso ha scelto di giocare a pallone. E io non posso negare a un ragazzo giovane i suoi sogni, i suoi obiettivi. Se andrà bene ok, altrimenti farà un altro lavoro».

     

    La feriscono le critiche nei suoi confronti?

    «Mi dispiace per il ragazzo, io non ho mai parlato male di un altro figlio, di una persona che non conosco. Sarebbe veramente sporco. È da indegni parlare male di un diciottenne che ha i suoi sogni. Poi sia figlio di chiunque, il papà può fare anche il macellaio. Il problema è che fanno le differenze, Cristian ha il mio cognome e questo è il problema. Allora per tanti lui è diverso, ma invece non lo è.

     

    francesca costa foto de rossi e totti francesca costa foto de rossi e totti

    Si tratta di un ragazzo come tanti, semplice, educato, rispettoso, che ha i suoi sogni e gli altri li devono rispettare. Non è che mi metto a rispondere a chi lo insulta, dando degli ignoranti o maleducati. Gente che parla così sono i classici leoni da tastiera. Sono gli stessi che lo insultano e poi vengono da me a chiedere un selfie o l’autografo».

     

    La nazionale è ripartita dopo un Europeo fallimentare.

    «Pensavamo un po' tutti che l’Italia potesse fare molto meglio, ma non sono arrivati in buone condizioni fisiche e mentali. Quando si approccia così una competizione così importante è difficile arrivare fino in fondo. Spalletti fortunatamente o sfortunatamente penso abbia capito i suoi errori, quindi sperò che possa ripartire da questa Nations League per poter tornare ad alti livelli».

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    Nel salutarla, ma a padel può battere Sinner?

    «Scherzando e ridendo, da quando Jannik ha giocato con me a padel è diventato il numero 1 al mondo. Sarà stata una casualità, però... Siamo stati avversari per pochi minuti, gli ho fatto vedere due/tre movimenti e lui ha capito. Gli ho dato fiducia, positività e non ha più perso».

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