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    “IO SONO QUA, ANCHE PIÙ DI PRIMA” – DOPO L’OPERAZIONE PER IL CANCRO AL COLON, MATTEO MESSINA DENARO TENEVA ANCORA PER LE PALLE GLI AFFILIATI: IN UNA SERIE DI PIZZINI NON SOLO RASSICURAVA SULLE SUE CONDIZIONI DI SALUTE, MA IMPARTIVA ORDINI E DISTRIBUIVA INCARICHI SUL TERRITORIO PER DIMOSTRARE DI AVERE ANCORA TUTTO SOTTO CONTROLLO – L’AVVERTIMENTO DI UN BOSS A UN AFFILIATO CHE AVEVA OSATO IPOTIZZARE CHE FOSSE MORTO: “A IDDU È ARRIVATA LA VOCE, GLI DEVI CHIEDERE SCUSA…”


     
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    Estratto dell’articolo per Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”

     

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    Il 4 giugno 2021 Matteo Messina Denaro era stato operato da oltre sei mesi — il 13 novembre 2020 — per un tumore al colon all’ospedale Abele Ajello di Mazara del Vallo, con la falsa identità di Andrea Bonafede. […] L’intervento era andato a buon fine, ma tra i mafiosi veri e presunti di Campobello — intercettati dai carabinieri nell’operazione «Hesperia», la più recente sui fiancheggiatori del boss, che a settembre ha portato in carcere 35 indagati, oggi imputati — c’era chi sosteneva che «iddu» fosse morto.

     

    «Chiedi scusa» Piero Di Natale, quarantunenne di Castelvetrano, considerato dagli investigatori uno dei principali affiliati del clan guidato da Franco Luppino (solo omonimo di Giovanni, l’autista di Messina Denaro arrestato insieme a lui), ne parlava con Marco Buffa, cinquant’anni, inquisito per traffico di droga, concorso in associazione mafiosa e porto illegale di armi. Accusandolo di aver messo in giro quella voce sulla fine del padrino; una bugia e un pericolo per lui, giacché al boss — chiamato Ignazieddu — non faceva piacere. E Buffa negava.

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    Di Natale: «Vedi che è arrivata la notizia di questo discorso... Non parlare in giro di questo fatto che hai detto tu che è morto... Perché già la notizia gli è arrivata... Che c’è stato qualcuno sta dicendo che Ignazzieddu è morto...Vedi che a quello quando pare che non gli arriva... Perché ha sempre sette-otto persone che lo informano...».

    Buffa: «Non accusate a me perché vi vengo ad ammazzare tutti e due là... Io non l’ho detto mai questa cosa... Io a te l’ho detto... Ti ho detto: “Secondo me è così”… Finisce a coltellate... Non diciamo minchiate...».

     

    MESSINA DENARO MESSINA DENARO

    Di Natale rivelava a Buffa di aver parlato di questo incidente con Franco Luppino, consigliandogli di «chiedere scusa», e confermava che Ignazieddu era «vivo e vegeto». Con Buffa che si raccomandava: «Appena ci vai… Glielo dico a lui personalmente… Io non le ho mai dette queste cose… Io ho detto solo “secondo me, per me”, gli ho detto “per me non c’è… È morto… Per me…”». «È vivo e vegeto» Un’opinione e niente più. Che però era pericoloso far circolare nell’ambiente mafioso di Campobello, dove evidentemente il peso del padrino continuava a farsi sentire ed era necessario che nessuno lo mettesse in discussione.

    ARRESTO DI MATTEO MESSINA DENARO ARRESTO DI MATTEO MESSINA DENARO

     

    Questione di potere. Anche perché, dal resto della conversazione, s’intuisce che Matteo Messina Denaro non solo stava combattendo contro la malattia, ma continuava a dare disposizioni attraverso il suo rappresentante diretto sul territorio: Franco Luppino. Sempre attraverso il sistema dei pizzini , secondo l’interpretazione dei carabinieri che stavano intercettando quella conversazione.

    È ancora Di Natale a parlare: «Allora in uno degli ultimi... gli ha detto salutami a Sandrone (persona che gli investigatori non sono ancora riusciti a identificare, ndr ) e digli che io sono qua come prima, anzi più di prima... E lui è il suo pensiero... Perché io a questo l’ho messo qua... a questo l’ho messo qua e a questo l’ho messo da questa parte... Tu se hai bisogno ti puoi rivolgere a questo, tu con questo se hai bisogno rivolgiti a questo... Io personalmente stavo svenendo per la serie di nomi che ci sono stati...».

    MATTEO MESSINA DENARO ENTRA NELLA CLINICA LA MADDALENA 1 MATTEO MESSINA DENARO ENTRA NELLA CLINICA LA MADDALENA 1

     

    Soluzione dei contrasti Il capomafia, insomma, impartiva ordini e distribuiva incarichi sul territorio «a questo e questo». Rassicurava gli affiliati sulla sua presenza — anche fisica, si scopre adesso — avvertendo che «io sono qua come prima, più di prima». E aveva disegnato una sorta di organigramma del clan indicando i nomi al suo luogotenente Luppino. Di cui Di Natale riferiva: «La stima che c’è e la fede che fanno sopra di questo io non me l’aspettavo... Sino a oggi».

     

    […]

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