Francesca Ferri per www.iltirreno.gelocal.it
il volto tumefatto di irene nesti
Presa a pallonate in faccia, fino a sanguinare, da quattro “clienti”, perché nel suo carrellino di gelati aveva finito il gusto al pistacchio. Aggredita e impaurita, sulla spiaggia di una delle località più famose d’Italia, Castiglione della Pescaia, in pieno pomeriggio, davanti a decine di bagnanti.
E salva solo grazie all’intervento di una coppia, che dopo cinque lunghissimi minuti di angherie e aggressioni, ha allontanato i quattro bulli. Ha dell’incredibile quello che è capitato sabato pomeriggio a Irene Nesti, studentessa dell’istituto alberghiero di Grosseto, 20 anni, di Bagno di Gavorrano, viso dolce e temperamento mite.
castiglione della pescaia 4
Irene ha scelto di lavorare, quest’estate, invece di ciondolare in giro come molti suoi coetanei. E mentre loro se ne vanno in spiaggia ad annoiarsi, lei su quella spiaggia ci lavora, per ore, sotto il sole, avanti e indietro con il suo carrellino cingolato dei gelati.
Lavora per la società Pago Pago, che sin dagli anni Novanta offre il servizio di gelateria in spiaggia da Donoratico a Castiglione della Pescaia. Proprio nella famosa spiaggia maremmana, a circa 200-300 metri a nord di Riva del Sole, in un tratto di arenile libero, Irene si è fermata, intorno alle 16,30 di sabato, richiamata da quattro giovani, alti, accento del nord Italia, «forse milanesi», dice Irene.
carretto dei gelati 1
«Mi hanno chiesto quattro gelati al pistacchio, ma quel gusto lo avevo finito», racconta lei stessa al Tirreno. Un Gruvi al pistacchio, per la precisione. Che sarà mai se è finito? Tanto più in un sabato superaffollato come il primo sabato di agosto.
La reazione dei quattro, invece, è stata inaspettata. Brutale. Violenta. Hanno cominciato a spintonarla, a offenderla. E alla fine l’hanno colpita. «Mi hanno presa a pallonate in faccia – racconta Irene –. Erano sicuramente ubriachi. Il pallone mi ha colpito sotto un occhio, sullo zigomo, e poi anche sul naso. E siccome c’era la sabbia attaccata, mi ha anche graffiato la pelle».
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Il gruppo ha avuto anche il coraggio di chiederle della birra, «ma mi sono rifiutata», dice lei (saggiamente). Per cinque minuti i quattro vanno avanti. Cinque minuti di pura paura. Finché una coppia di tedeschi, un uomo e una donna, non si parata tra Irene e i suoi aggressori.
«Hanno minacciato che avrebbero chiamato i carabinieri – racconta la giovane – e allora a quel punto i quattro si sono allontanati. Io, invece, volevo solo allontanarmi da lì».
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Irene rimette in moto il cingolino e se ne va in una zona della spiaggia dove ci sono molti clienti abituali e dove si sente più protetta. «Non ho pensato a chiamare i carabinieri, volevo solo allontanarmi e finire il mio lavoro», racconta la giovane. Perché oltre al dolore, oltre alla paura, c’è un pensiero che l’assilla: «Io sono lì in spiaggia al lavoro per loro, e loro mi trattano così…».
Irene finisce il suo turno e solo a sera, con il viso tumefatto, racconta tutto al titolare, Lorenzo Ferraris. Ferraris, dal 1994 nel settore, ne ha viste di tutti i colori. «A volte capita nel nostro lavoro di avere a che fare con gente così – dice Ferraris –. Anche a me è successo una volta, avevo 17 anni. La differenza però è che, in passato, la cosa si è sempre risolta lì per lì».
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Stavolta, invece, è diverso. C’è una ragazza di 20 anni con il viso segnato dalle botte tirate con un pallone. Pochi centimetri più su, e invece dello zigomo il pallone avrebbe colpito l’occhio.
Irene al momento non ha sporto denuncia. «Io sono una persona calma, non voglio creare problemi al prossimo», dice. Ha anche chiesto di rimanere a lavorare in quel tratto di spiaggia, nonostante Ferraris gli abbia proposto un’altra zona.
carretto dei gelati 2
«Sì, sono un po’ preoccupata – confessa – ma alcune persone degli stabilimenti balneari mi hanno lasciato i loro numeri di telefono, nel caso avessi bisogno. Se sono in difficoltà, vengono a darmi una mano. E poi non credo che questi ragazzi si rifacciano vivi o si autodenuncino. Credo piuttosto che si nascondano».
Chi non si capacita di quanto è successo è la mamma di Irene, che ieri ha scritto un lungo post sul gruppo Facebook “Cara Grosseto vorrei dire qualcosa Liberamente”, che conta 4.500 utenti. E ha anche pubblicando le fotografie del volto ferito della figlia. «Se non ci fossero stati i signori tedeschi, come sarebbe andata a finire? Vi prego, fate più controlli», il suo appello.