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Luca Della Libera per “il Messaggero”
Due sono i motivi principali che hanno spinto Paolo Isotta a scrivere la sua nuova, poderosa impresa, Verdi a Parigi, poco dopo aver pubblicato La dotta lira. Ovidio e la musica. Da un lato la letteratura verdiana, accanto a grandi scrittori, a detta dell' autore abbonda di autentici cretini, secondo i quali i titoli francesi di un campione di valori patriottici come Verdi erano prostituzione.
Dall' altra gli studiosi anglo-americani non considerano come protagonisti del teatro musicale francese i compositori italiani.
La tesi da cui parte l' autore per iniziare il suo viaggio nel Verdi francese, è che la storia dell' opera francese è stata fatta da italiani. Oltretutto è sbagliato, secondo Isotta, separare le opere italiane e quelle francesi nello studiare Verdi. Il compositore ebbe come obiettivo l' umano nella sua purezza, spogliato dagli orpelli melodrammatici, tipici del Grand-Opéra, e la restituzione, con la sua musica, di un carattere unico e inconfondibile dell' uomo.
LE RIELABORAZIONI
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Isotta parte da una dettagliata disamina del Grand-Opéra prima di Verdi, mettendo in evidenza la diversa organizzazione della vita operistica francese rispetto a quella italiana: tanto era centralizzata la prima, quanto frastagliata lungo la penisola la seconda. Segue un' analisi di autori come Salieri, Cherubini e Spontini e del loro ruolo importante nella scena musicale francese. Isotta prende in rassegna le partiture parigine di Rossini, ovvero le rielaborazioni di opere nate sulle scene italiane, come Le Siège de Corinthe che deriva da Maometto II e Moïse et Pharaon, tratto da Mosè in Egitto, estendendo tale disamina anche alle opere di Donizetti.
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Un capitolo è dedicato al delicato rapporto tra Meyerbeer e Verdi. Il primo, secondo Isotta, raggiunse un successo planetario che non corrisponde al suo valore estetico, e che non ebbe, come taluni hanno scritto, una grande influenza su Verdi. A Meyerbeer sono dedicate dettagliate analisi: Robert le Diable secondo Isotta è costruito secondo «una ricetta industriale, non per creare un autonomo impulso artistico».
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Entriamo nell' officina verdiana con il capitolo dedicato a Ernani, perché si tratta della prima opera derivata da un dramma francese (di Victor Hugo, autore al quale Verdi resterà legato per Rigoletto). A seguire un capitolo ciascuno per Giovanna d' Arco, Alzira, Jérusalem e Stiffelio. Alla relazione tra il dramma Le roi s' amuse di Hugo e il Rigoletto verdiano è dedicato il capitolo dal quale scaturiscono, come per germinazione, pagine sul rapporto tra l' opera di Verdi e Don Giovanni di Mozart e il rapporto con Wagner.
GIUDIZI PERENTORI
Isotta non manca di inserire pungenti riferimenti al mondo musicale di oggi, con giudizi perentori su alcuni allestimenti anche recenti di Rigoletto e di come gli interpreti talvolta indulgano in scelte di cattivo gusto, o non siano all' altezza: «Verdi è Maestro ammantato d' ignoranza ed equivoci». Cosa c' entra La traviata con Parigi? Deriva da La Dame aux camélias di Alexander Dumas figlio, basato sulla storia di una cortigiana parigina famosissima, Alphonsine Plessis, che prese il nome di Marie Duplessis. A lei e al suo mondo Isotta dedica pagine dense di riferimenti al contesto sociale e culturale in cui visse, per poi analizzare il dramma di Dumas e il capolavoro verdiano ad esso ispirato.
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Tocca poi a un altro capolavoro, Les Vêpres siciliennes, del quale l' autore ricostruisce la gestazione e una dettagliata analisi, e prosegue dipanando la complicata matassa della censura a proposito de Il ballo in maschera, analizzando le due versioni di Macbeth, la prima a Firenze e la seconda a Parigi, e Don Carlos, l' opera più ambiziosa e monumentale di Verdi.
I VALORI
Conclude il volume un' amara Postilla su Verdi italiano, sulla sua grandezza non solo musicale ma anche morale, dove sono tra l' altro sfatati luoghi comuni, come il suo presunto contributo ad aver creato gli italiani. Verdi fu un artista «per il quale il rispetto della parola data, l' adempimento dell' obbligazione, erano un valore di peso quasi religioso.
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Gl' italiani hanno sviluppato un' arte per non adempiere, sono diventati da fascisti antifascisti in ventiquattr' ore, hanno servito a chi hanno poi fatto oggetto del codardo oltraggio».
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