Estratto dell’articolo di Lirio Abbate per “la Repubblica”
wilma montesi 2
È una Repubblica fondata sul ricatto, a partire dal dopoguerra quando la corsa al vertice della Democrazia cristiana viene giocata dai protagonisti anche a colpi di falsi memoriali. Sullo sfondo, allora, c’era il caso Montesi, la giovane donna trovata morta sul litorale di Torvajanica.
Nelle indagini sull’omicidio fu coinvolto anche Piero Piccioni, figlio di Attilio uno dei potenti della Dc. […] Negli anni Sessanta venne la stagione delle 150mila schedature del Sifar, il servizio segreto militare del generale Giovanni De Lorenzo, a carico di persone ritenute politicamente “pericolose”.
Giovanni De Lorenzo
Uno di questi dossier era dedicato a Giuseppe Saragat, divenuto nel frattempo presidente della Repubblica. Quella era la stagione del “tintinnar di sciabole” e del “piano solo”, un colpo di Stato sventato. Fino ad arrivare ai lunghi dossier pubblicati dall’agenzia Op del giornalista Mino Pecorelli, informatissimo su ogni aspetto degli uomini delle istituzioni e di chi stava nell’ombra. Per il suo lavoro e per le informazioni che incamerava e spesso pubblicava, è stato ucciso, e il suo omicidio a Roma nel marzo del 1979 non ha ancora un colpevole.
GHERARDO COLOMBO
[…] Gherardo Colombo […] disse che le riforme, anche quelle sulla giustizia, «sono ispirate dalla società del ricatto». […] «Nel metabolismo politico-sociale del paese ci sono ancora le tossine dei ricatti possibili e sono queste tossine che consigliano di realizzare le nuove regole della Repubblica non intorno al conflitto, ma intorno al compromesso».
La tradizione italiana dello spionaggio e del dossieraggio illegale non si è fermata. Lo abbiamo visto attraverso centrali private d’intelligence, come quella gestita da Giuliano Tavaroli, all’epoca responsabile della sicurezza Telecom, accusato dalla procura di Milano di avere raccolto fino al 2005 migliaia di dossier illegali su uomini politici, imprenditori, banchieri, personaggi pubblici e privati cittadini.
mino pecorelli
La struttura aveva stretto rapporti di collaborazione con uomini appartenenti a servizi segreti stranieri e italiani e si era strutturata come una multinazionale dello spionaggio privato che il giudice di Milano definì una «formidabile macchina per manovre e ricatti».
Dossier illegali sono stati raccolti anche dentro i tradizionali apparati dello Stato. Nel 2006 emergono episodi d’accesso illegittimo nell’anagrafe tributaria realizzati da uomini della Guardia di finanza, per attingere informazioni poi utilizzate in una campagna di stampa contro Romano Prodi.
Ma soprattutto viene scoperto un ufficio che collaborava con il Sismi, in via Nazionale nel centro di Roma, in cui venivano organizzate operazioni d’intossicazione informativa, anche attraverso il rapporto con giornalisti controllati, lusingati o tenuti a libro paga. In quell’ufficio, gestito da un funzionario di nome Pio Pompa, venivano conservati dossier su magistrati, politici, intellettuali, giornalisti, funzionari dello Stato: tutti catalogati come “nemici” dell’allora governo presieduto da Silvio Berlusconi per i quali veniva proposto di “neutralizzare” e “disarticolare”, anche con “eventi traumatici”, queste persone “nemiche”.
spionaggio
[…] In un Paese spiato da uomini infedeli alle sue istituzioni, ascoltato da centri illegali e privati di potentissime imprese, giocato da rivelazioni inventate […] appartenervi o esserne a capo significa disporre di […] potere […] […] A Roma è emerso alla fine degli anni Novanta un altro gruppo composto da ex agenti segreti, poliziotti e uomini vicini a Licio Gelli, il quale era riuscito a ottenere illegalmente piani di scorta di personalità, misure di protezione, mappe di località protette, piani di servizi di sicurezza, e poi truffe ed estorsioni ai danni di imprenditori, collegamenti con il mondo della finanza, in particolare quella francese e statunitense. La raccolta di notizie utilizzate per confezionare falsi dossier allo scopo di ricattare personalità come Luciano Violante.
tronchetti provera e giuliano tavaroli
E poi c’è l’intelligence deviata. A Napoli la Dia che si occupò di questa inchiesta la chiamò “operazione Nilo”. Venne arrestato un tenente colonnello dei carabinieri, un brigadiere dell’Arma, un maresciallo in servizio al Ros, un imprenditore, un funzionario del ministero del Tesoro. Erano accusati di aver dato vita ad una struttura di intelligence deviata, che serviva ad acquisire informazioni riservate da utilizzare per ricatti e pressioni […] Spaziavano dalle investigazioni illegali, comprese intercettazioni telefoniche, agli accertamenti bancari, all’accesso a fascicoli riservati, alla costruzione di falsi dossier ed all’inquinamento delle indagini. […]