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    L’APPOGGIO ESTERNO? MA QUANDO MAI! – NESSUNO DENTRO “ITALIA VIVA” CREDE ALLE INDISCREZIONI DELLE ULTIME ORE SULL’EVENTUALE RITIRO DEI RENZIANI DAL GOVERNO. SE MATTEUCCIO ABBANDONASSE CONTE CI SAREBBE LA FUGA DEI SUOI PARLAMENTARI, CHE GIÈ DA TEMPO VOGLIONO TORNARE NEL PD. E POI FRA UN PO’ CI SARÀ UNA BELLA SCORPACCIATA DI NOMINE - LE VOCI SERVONO SOLO AD ATTIRARE L’ATTENZIONE SULL’ASSEMBLEA NAZIONALE


     
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    1 – ITALIA VIVA PRONTA A RITIRARE LA SUA DELEGAZIONE DAL GOVERNO PER UN APPOGGIO ESTERNO? MA QUANDO MAI

    MATTEO RENZI 1 MATTEO RENZI 1

    Marco Antonellis per Dagospia

     

    E' già tutto pronto negli Studios di Cinecittà per la prima Assemblea Nazionale di Italia Viva. Come in un set cinematografico la gente alla spicciolata sta riempendo la sala in attesa che Matteo Renzi tra poco apra i lavori. Nel frattempo, tra gli addetti ai lavori, si discute delle indiscrezioni uscite nelle ultime ore che vorrebbero Italia Viva pronta all'appoggio esterno al governo. Ma in realtà nessuno ci crede. Tanto che dai palazzi del potere romani ne erano pressochè certi.

    giuseppe conte roberto gualtieri mes giuseppe conte roberto gualtieri mes

     

    "Renzi sta per aprire la sua assemblea e vedrete che uscirà qualcosa giusto per attirare l'attenzione". Che infatti è puntualmente uscita sui giornaloni stamattina: Renzi pronto a ritirare la sua delegazione dal governo per un appoggio esterno. Ma i soliti bene informati non ci credono per niente. E a parte battute taglienti aggiungono altri particolari.

     

    LA PAPPAGORGIA DI MATTEO RENZI LA PAPPAGORGIA DI MATTEO RENZI

    "Renzi è stato sfortunato. Inizia la sua kermesse proprio quando sono usciti gli ultimi sondaggi di Pagnoncelli: lui è uno dei politici con il gradimento più basso in Italia (al 13%, peggio di lui c'è solo Crimi con 12%) ed inoltre il suo partitino registra un'altra contrazione nei sondaggi (appena sopra il 4%). Oramai sono ai livelli di Leu".

     

    Ma le considerazioni non finiscono qui. "Se lascia il governo ci sarà anche la fuga dei suoi parlamentari, che già da tempo vogliono tornare nel Pd che invece con la cura Zingaretti gode di buona salute. E poi fra un po' ci saranno oltre 400 nomine nelle aziende pubbliche. Chi è che lascerebbe da solo Conte proprio ora?".

     

    2 – APPOGGIO ESTERNO: ORA RENZI CI PENSA

    GIUSEPPE CONTE ROCCO CASALINO GIUSEPPE CONTE ROCCO CASALINO

    Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”

     

    Scongiurato il rischio di elezioni, nel Palazzo inizia la ricreazione. Di qui in avanti, nella maggioranza come all' opposizione, tutti si sentiranno con le mani più libere: prenderanno corpo le manovre (e i regolamenti di conti) che porteranno al riassetto del sistema, con la prospettiva che fra tre anni la geografia politica sarà cambiata, specie se il Parlamento avrà varato nel frattempo la legge elettorale proporzionale.

    MATTEO RENZI MATTEO RENZI

     

    La stabilità della legislatura non coincide però necessariamente con la stabilità dell' attuale governo, che Conte dovrà conquistarsi giorno per giorno. Perciò, prima di siglare un accordo con i suoi alleati sull'«Agenda 2023», il premier deve cercare un' intesa sul «Milleproroghe 2020», che contiene un paio di emendamenti insidiosi, sulla prescrizione e le concessioni autostradali.

     

    giuseppe conte dario franceschini giuseppe conte dario franceschini

    Lo scontro sul decreto avvenuto ieri tra i partiti di maggioranza - con Italia viva che ha preso le distanze dal resto della coalizione - è il segnale che qualcosa potrebbe presto succedere. E la natura dei contrasti va oltre i rilievi tecnici. In questo senso è emblematica la foto postata l' altra sera sui social dal presidente del Consiglio, per pubblicizzare il vertice di maggioranza a Palazzo Chigi: si vedono tutti i protagonisti impegnati nella discussione con la penna in mano, circondati da appunti e block notes. Tutti tranne il capo delegazione del Pd, Franceschini, ritratto a braccia conserte e con la sua porzione di tavolo sgombra da fogli: la posa fa intuire che l' origine di ogni problema è (come al solito) politico.

    nicola zingaretti stefano bonaccini nicola zingaretti stefano bonaccini

     

    Prendendo a pretesto le divergenze sulla prescrizione e le concessioni autostradali, infatti, Renzi potrebbe decidere di «strambare», manovra tipica nelle regate per chi si trova nel cono di vento delle barche avversarie e deve rimontare. E se è vero che l' ex premier mira a costruire un nuovo centro, è altrettanto vero che in queste ore sta meditando se ritirare la sua delegazione dal governo e annunciare l' appoggio esterno a Conte.

     

    RENZI CALENDA RENZI CALENDA

    Di questa idea c' è traccia nelle analisi che ha svolto nel suo partito dopo il voto in Emilia-Romagna: «Pensavo che la vittoria di Bonaccini portasse il Pd a virare su una linea marcatamente riformista. Se invece andasse dietro ai 5S...».

     

    Così Italia viva immagina di rilanciare il suo progetto per arrivare a quel 10% di consensi che rappresenta il break even dell' operazione: per riuscire nell' impresa punta a incrociare sulla sua rotta Azione e +Europa, e scommette in prospettiva sull' avvicinamento di un pezzo di Forza Italia. È un' impresa ad alto rischio, ma non c' è dubbio che se Renzi decidesse di lasciare il governo, indebolirebbe Conte. Nel Pd la mossa era stata preventivata, e nelle discussioni informali c' era stato chi aveva proposto di reagire per «sistemare una volta per tutte la questione» con l' ex segretario.

    gianluigi paragone matteo renzi gianluigi paragone matteo renzi

     

    matteo renzi teresa bellanova 1 matteo renzi teresa bellanova 1

    Ma (per ora) è prevalsa la linea di Franceschini, convinto che «non avrebbe senso fare la guerra a Renzi»: con la nuova legge elettorale, infatti, farebbe comodo se Iv riuscisse a costruire un' area di centro sottraendo voti alla destra, perché poi sarebbe «un nostro alleato per il governo».

    La ricreazione è cominciata, e aspettando la proporzionale ognuno ha preso a fare il proprio gioco. Anche nell' altro campo iniziano le schermaglie.

     

    È una battaglia di posizionamento, e nella maggioranza i nodi programmatici si ingarbugliano con le questioni di potere. In vista di metà legislatura, per esempio, c' è da affrontare la revisione delle presidenze delle commissioni parlamentari, che vanno in scadenza a marzo (al Senato) e a giugno (alla Camera). Cambiata la maggioranza, salteranno i presidenti di commissione leghisti. E per i posti di Palazzo Madama il Pd ha fatto sapere ai 5S non solo che dovranno ridurre i loro incarichi per far spazio ai dem a Leu e al Misto, ma che dovranno anche lasciare alcune presidenze oggi appannaggio del Movimento.

    giuseppe conte alfonso bonafede giuseppe conte alfonso bonafede

     

    Il braccio di ferro è appena iniziato, e non è solo una questione di poltrone. È un problema politico. Altrimenti non si capirebbe perché i democratici siano preoccupati per la richiesta dei compagni di Leu, che vorrebbero alla guida della commissione Giustizia l' ex presidente del Senato Grasso. «È che già dobbiamo accettare come Guardasigilli Bonafede»...

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