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    A CHE SERVONO I TORMENTONI? “A PAGARE LE CAMBIALI” – PAROLA DI IVANA SPAGNA: “COL SUCCESSO DI 'EASY LADY' HO PAGATO I DEBITI. UN BEL TORMENTONE È PER SEMPRE, È COME LO SBARCO SULLA LUNA - PER GUADAGNARE QUALCOSA IN PIÙ, CON MIO FRATELLO THEO SCRIVEVAMO ANCHE JINGLE PUBBLICITARI” – ELTON JOHN CHE LA SCELSE PER IL “RE LEONE”, SANREMO COME OSPITE STRANIERA (“SE CI RIPENSO, MI VIENE DA RIDERE, CANTAVO IN INGLESE MA SPAGNA E’ IL COGNOME DI MIO PADRE…). POI RACCONTA DI QUANDO INVENTÒ LA BAMBOLA CON IL LIFTING: “DEL RESTO IO NE SO QUALCOSA” – VIDEO


     
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    Maurizio Crosetti per repubblica.it - Estratti

     

    ivana spagna ivana spagna

    Signora Spagna, saprà che in tanti pensano che Spagna sia un nome d’arte.

    “E invece no, era il cognome di mio padre, un uomo bellissimo che assomigliava a Gary Cooper. All’inizio della carriera, nelle balere e nelle discoteche adottavo pseudonimi inglesi, la lingua che usavo cocciutamente per cantare. Ma quando ho deciso di fare qualcosa proprio per me, sono diventava Ivana Spagna. Come all’anagrafe”.

     

    Ed è stato un successone, o come si direbbe adesso un tormentone: Easy Lady.

    “È partito tutto da lì, dopo una dozzina d’anni di gavetta e cambiali: chiuse le serate, ci restavano soltanto i soldi per l’affitto e per mangiare, tutto il resto serviva a pagare i debiti. Ma era bellissimo”.

     

    Com’è diventata Spagna?

    “La voce è un dono del cielo e dei miei genitori, ma tutto il resto è stato lavoro duro. Mai cercato il successo: quello, è una diretta conseguenza delle cose fatte per bene e con amore.

     

    Se lo rincorri, non arriverà mai. Io mi ero messa in testa di cantare in inglese e far ballare la gente, e con gli pseudonimi cominciai a scalare le classifiche in Germania e Olanda. Per guadagnare qualcosa in più, con mio fratello Theo scrivevamo anche jingle pubblicitari. E ai concerti scaricavo le casse, a volte saldavo anche i jack col saldatore a stagno che so usare benissimo”.

     

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    Ma perché questa fissazione con l’inglese?

    “Avevo deciso e basta. Vennero dei produttori musicali anche molto importanti, ad esempio Mario Lavezzi e Daniele Pace, che volevano portarmi a Sanremo. Posso cantare in inglese?, chiedevo. E loro mi rispondevano di no. Così, rifiutavo sempre. Se avessi voluto il successo rapido, sarebbe bastato accettare, però sarei diventata solo una brava cantante italiana come tante”.

     

    A parte il fatto che poi lei, a Sanremo, ci sarebbe andata lo stesso. Ma come ospite straniera…

    “Se ci penso, mi viene ancora da ridere”.

     

    Lei proviene da una famiglia povera. Le è servito?

    “Papà aveva un caseificio, ma fallì e andò a lavorarci come operaio. A volte non avevamo neanche i soldi per il brodo, e credo che essere partita in questo modo mi abbia aiutato a considerare una grazia tutto quello che è venuto dopo. Da bambini, però, non ci si accorge di quando a casa mancano i soldi. Sono stata molto felice, piena di fantasia”.

     

    Cos’è la fantasia, per lei?

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    “Non solo arte, anche se con la pittura me la cavo, sono una buona ritrattista: Tina Turner, George Benson e George Clooney hanno a casa i ritratti fatti da me. La fantasia è scrivere e strimpellare al pianoforte fino alle due di notte, io sono un tipo molto casalingo e per niente mondano. Mi piace creare. Stia a sentire: siccome mi piace inventare le cose, una volta mi venne in mente una bambola con i pezzi della faccia intercambiabili, gli occhi, il naso, la bocca…”.

     

    La bambola col lifting!

    “Sì, giusto, del resto io ne so qualcosa”.

     

    Per carità, signora, non volevamo dire questo.

    “Ma no, non c’è niente di male, non bisogna mica demonizzare la chirurgia estetica. Sa quanti anni sono, ormai? Lasciamo perdere. Ma dicevo della bambola: volevo brevettarla, però mi spiegarono che produrla sarebbe costato troppo. Morale della favola: me la ritrovai in commercio senza vedere una lira. Come quell’altra volta con la bilancia. Vuole sapere?”.

     

    Siamo qui per questo.

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    “Allora, una ventina di anni fa mi venne in mente una bilancia per pesare i cibi indicando anche le calorie e i grassi. Brevettai il progetto. Però, lo sapete, i brevetti non basta depositarli e pagare, bisogna aggiornarli. Mi arrivò la comunicazione della scadenza ma ero in viaggio per cantare, così chiesi a mio fratello di occuparsene. Lui se ne dimenticò, e quella bilancia la fecero altri. Sa, c’è gente che aspetta proprio la scadenza dei brevetti per impossessarsene”.

     

    Dicevamo della fantasia

    “Per me non è solo il canto. Ho scritto tre libri, il primo era una fiaba sugli animali da proteggere, e ne ho in mente altri due. Li comincio, poi li metto da parte se non mi convincono. La scrittura mi porta in altri mondi, è bellissimo. Per la fiaba ricevetti anche un riconoscimento importante, in giuria c’erano Oliviero Beha e Paolo Mieli, mi premiò Andreotti. Salire i tre gradini di quel palco è stata l’emozione più forte della mia vita, molto più che cantare all’Ariston”.

     

    Scrive ancora canzoni?

    “Certamente, però poi le lascio lì. Sa, quando mi chiamano in tivù vogliono sempre sentire Easy Lady, Call me o Il cerchio della vita, diventa difficile proporre altro. Forse a Sanremo, ma lì è ancora più complicato”.

     

    (...)

     

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    Lei è stata, come si dice, un’icona della disco dance. Ne è orgogliosa?

    “Quella è musica che entra nella vita delle persone e non se ne va più. Scandisce i ricordi, il tempo. Un bel tormentone è per sempre, è come lo sbarco sulla Luna. Io me lo ricordo, sa? Con la mia famiglia eravamo a Borghetto di Valeggio sul Mincio, provincia di Verona, dove sono nata. Era notte: uscimmo sul balcone a guardare la Luna, ci dicevamo ‘vedi, adesso c’è un uomo lassù’”.

     

    Ci parla della sua voce così speciale?

    “Non ne ho alcun merito, ci sono nata. Una volta, Billy Joel la definì il suono di un Hammond, per via di tutti i possibili registri. Ecco, credo di avere una voce caratteristica, eppure non ho mai studiato davvero canto. A Verona, da ragazzina, andavo a lezione dal maestro Franco Bignotto che era un grande, certo, però mi preparava più che altro gli spartiti e mi dava qualche suggerimento, non vere e proprie lezioni.

     

    Un giorno, i soldi erano finiti e mio papà disse al maestro che non poteva più pagarlo: Bignotto accettò di insegnare gratis. La vita è fatta di incontri, alla fine contano solo le persone sulla nostra strada, che è segnata anche se non ci piace ammetterlo. Abbiamo solo l’illusione di decidere ogni cosa”.

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    Non capita a tutti di essere scelti da Elton John.

    “La Walt Disney mi chiamò per un provino per la colonna sonora del Re Leone, scritta appunto da Elton John. Quando seppi che avrei dovuto cantare in italiano, come al solito dissi no, però poi mi spiegarono che sarebbe stato un cartone animato molto importante, così mi convinsi e accettai.

     

    Passarono mesi senza che accadesse niente, ma alla fine mi richiamarono per il provino e mi mandarono il nastro sul quale registrare la canzone, una pizza tipo quelle dei vecchi film: avrei dovuto incidere la mia voce su uno spazio bianco, nella traccia dove già si erano esibite alcune tra le più importanti cantanti italiane”.

     

    clara in roberto cavalli con ivana spagna in dolce & gabbana clara in roberto cavalli con ivana spagna in dolce & gabbana

    Qualche nome?

    “Feci un fioretto: se avessero scelto me, promisi che non avrei mai rivelato i nomi delle concorrenti scartate. Ma non avrei mai pensato di essere presa, viste le altre… E invece, due giorni dopo mi dissero che Elton John aveva deciso per Ivana Spagna. La mia, secondo quel gigante, era la voce di madre natura. Mica male, eh? Così incisi Il cerchio della vita, prima canzone che io abbia mai cantato in italiano”.

     

     

    (…)

     

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