Giuseppe Guastella per www.corriere.it
fedez e j ax
Non è lecito costruire di sana pianta una notizia falsa in modo che sembri totalmente vera, come quella dell’arresto di due personaggi molto famosi, per approfittare dell’effetto virale che inevitabilmente avrà in Rete e guadagnarci con i click che piovono sul sito. Per questo un giudice di Milano ha imposto alla Procura di portare a processo per diffamazione aggravata a mezzo stampa Leonardo Piastrella, il 39enne umbro (difeso dall’avvocato Claudia Breda) che aveva sapientemente confezionato la bufala, dicendo no alla Procura che voleva archiviare la querela presentata dai rapper Fedez e J-Ax.
j ax fedez
«Fedez e J-Ax arrestati con 28 grammi di cocaina nella macchina» era il titolo comparso l’8 aprile 2017 sul sito rollingstone.live, che non ha nulla a che fare con la quasi omonima ed autorevole rivista musicale americana. La notizia, sospinta dai nomi dei rapper, si diffuse immediatamente in Rete con tutti i suoi particolari, e cioè che i due erano stati fermati dai carabinieri dopo aver imboccato contromano via Montenapoleone a Milano, la famosa via del Quadrilatero della moda, che nella loro automobile era stata trovata della cocaina e che un passante, il quale aveva assistito alla scena, aveva detto che avevano giurato che la droga non era la loro, prima di essere portati in caserma.
FEDEZ J AX
Non c’era niente di vero, era tutto completamente falso, ma i due artisti (massicciamente insultati dai leoni da tastiera) furono costretti a fare una smentita ufficiale e poi a presentare una querela per diffamazione. Che inizialmente non ha avuto fortuna, perché il pm ne ha chiesto l’archiviazione scrivendo che, seppure il reato fosse «oggettivamente configurabile», l’indagato non sarebbe stato punibile in quanto aveva esercitato il diritto di fare «controinformazione», quella che, «con la spettacolarizzazione del pettegolezzo», spesso «caratterizza l’ambito delle notizie dedicate al cosiddetto gossip». Per di più l’autore, noto come «il re della bufala sociale italiana», non era credibile dato che aveva firmato «numerose fake news, cioè avvenimenti inventati con titoli sensazionalistici».
gianni morandi fedez j ax
La «disinformazione non può essere lecita», avevano protestato gli avvocati Gabriele Minniti e Andrea Pietrolucci, i legali di Fedez (al secolo Federico Lucia) che si erano opposti all’archiviazione richiamando le «innumerevoli iniziative» avviate in Italia e in Europa per contrastare il fenomeno delle fake news «in grado di influenzare e indirizzare le opinioni, le scelte e le tendenze di una considerevole quantità di persone». Il giudice per le indagini preliminari Massimo Baraldo ha condiviso questa linea.
Nell’ordinanza con cui dà 10 giorni alla Procura per formulare l’imputazione afferma che la pubblicazione su Internet di bufale, specie quelle che danneggiano la reputazione altrui, non può mai essere un diritto, tanto più se con esse si attribuiscono dei reati. Adoperare poi «artifici» che le rendono credibili è un «espediente che impedisce il riconoscimento della macroscopica falsità» della notizia e «quindi accresce il danno alla reputazione» che viene ulteriormente amplificato dalla Rete e dalla notorietà dei personaggi.
j ax e fedez con dario fo
Non ha alcuna importanza che poi emerga che si trattava di un falso, perché chi aveva letto può sempre rimanere convinto che dietro «possa esserci qualcosa di vero», come un’indagine «che non può essere svelata». Non si può neppure «invocare» il diritto alla controinformazione perché in questo caso «non si tratta di una replica ad una qualche informazione fatta sulla Rete» da Fedez e da J-Ax (Alessandro Aleotti, assistito dagli avvocati Andrea Mingione e Fabio Prolo) ma semplicemente di una pubblicazione che è «al di fuori di qualsivoglia contesto o discussione».
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