Marco Giusti per Dagospia
natalie portman nel biopic jackie
"Call me Jackie". Bella, fredda, intelligente e davvero sexy coi suoi tailleur Chanel rosa e rosso, la Jackie di Natalie Portman diretta da un Pablo Larrain fresco di biopic, Neruda, funziona perfettamente e rilancia la stella un po’ appannata di un’attrice di gran classe al punto di finire candidata all’Oscar e a qualsiasi altro premio della stagione.
Magari potrebbe essere più ricco, più gaio, più glam questo Jackie di Larrain, prodotto da Darren Aranofsky, che l'aveva pensato per l'ex moglie Rachel Weisz, e chissà cosa ne avrebbe fatto un Sodenbergh, ma oltre a offrire a Natalie Portman un gran ruolo, è anche un'accettabile versione dei giorni del dopo-Dallas, molto cosciente nel mostrarsi come proto-House of Cards sia per il rapporto della coppia JFK-Jackie sia per la "costruzione" stessa della Casa Bianca come luogo della politica.
natalie portman in jackie
E anche l’idea, molto da miniserie, non scordiamo che Aranofsky lo pensava come una miniserie per la HBO, di voler concentrare tutta la storia di Jackie in quei pochi giorni, è vincente. Al punto che il film è stato premiato a Venezia proprio per la sceneggiatura di Noah Oppenheim. Ma forse un premio a Natalie Portman ci sarebbe stato anche meglio.
Perché è lei che domina la scena in ogni istante, seguita dalla sua costumista Madeleine Fontaine che la costruisce assieme allo Chanel Rosa col colletto blu, i tre bottoni dorati, il cappello a tamburello, e dalla musica strepitosa di Mica Levi, entrambi nominati agli Oscar.
natalie potman ricrea la scena del funerale
Ma la Jackie della Portman non si limita alla sfilata dei tailleur Chanel, anche se quello rosa macchiato di sangue a Dallas è parte del personaggio, ma discute parecchio col suo architetto, Richard Grant di scorsesiana e vanziniana memoria, dell'arredamento di ogni stanza.
E grande è il momento, ultrafetish, di Jackie che tocca il tappeto rosso dello Studio Ovale, arrivato a presidente ormai defunto. Come mette in piedi il nuovo arredamento della Casa Bianca, Jackie, mischiando intelligenza, marketing e vanità, mette in scena anche il funerale strepitoso di JFK che obbligherà perfino De Gaulle a seguire il feretro a piedi (non sarà un caso che il film sia girato in Francia).
jackie kennedy
Costruito seguendo una celebre intervista che le fece un giornalista di “Life”, Theodore Fontane interpretato da Billy Crudup, nel Massachuttes a pochissima distanza da Dallas, mischiandola con un dialogo con un vecchio prete, una delle ultime apparizioni di John Hurt, e alla costruzione dell'elaborato funerale, il film offre un ritratto abbastanza preciso e attento di Jackie.
Della sua vanità e della sua precisa idea di voler lasciare un segno nella storia del paese magari anche con la scelta dei mobili, mentre la moglie di Johnson si limita solo a voler cambiare la carta da parati. Ma è il suo ruolo da image maker a costruire come fosse un film il funerale di JFK. Inoltre, senza poter usufruire, la tempo, della tv a colori, visto che anche il rosa dello Chanel macchiato di sangue che qui domina la scena si vedrà, nelle foto a colori e nelle riprese, solo nel 1964.
jackie kennedy al funerale di john
Larrain si dimostra di estrema duttilità e intelligenza nello strutturare il ritratto di un celebre personaggio pubblico con un budget limitato giocando tutto sulla recitazione della Portman e sulla sua capacità di inserirla senza sbavature in una perfetta ricostruzione delle riprese del tempo. Come in No, dimostra di essere uno dei pochissimi registi in grado di girare un film come se fosse stato girato coi mezzi del tempo.
jackie amava la moda e le feste mondane
Se solo pensiamo alle recenti ricostruzioni italiani dei tempi di Studio Uno ce ne rendiamo conto. Questa Jackie è sempre credibile, come lo sono il mondo nei quali si muove coi suoi eleganti Chanel “ricostruiti” in America da Chez Ninon. Imperdibile per le signore dei Parioli e per i feticisti. Trumpisti alla larga. In sala da giovedì.