Carlo Bonini e Giuliano Foschini per “la Repubblica”
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Nella fine della Banca Popolare di Bari, nelle ore del suo commissariamento, l' epitaffio ne racconta le ragioni. Il suo padre padrone, Marco Jacobini, che svuota la cassa - 5 milioni e 556 mila euro mentre il parco buoi dei correntisti vive l' ora più difficile. Quella di chi, in quel momento, teme che alla riapertura degli sportelli non potrà ritirare i propri depositi. Si, 5 milioni 556 mila euro, svuotati, tra giovedì 12 e venerdì 13 dicembre, dal libretto di deposito che Marco Jacobini aveva presso la sede centrale della Popolare e dirottati a sei diversi destinatari - quattro persone fisiche e due società - attraverso la Banca Sella.
Un' operazione che non poteva passare inosservata all' interno della Banca e che è così diventata una "segnalazione di operazione sospetta" per riciclaggio su cui ora stanno lavorando la Banca d' Italia, la Guardia di Finanza e la Procura.
Un' operazione che racconta molto delle ultime ore della Popolare, del suo ormai ex Presidente, e dimostra - ammesso ce ne fosse bisogno - che nel nostro Paese ci sono segreti a qualcuno meno impenetrabili che ad altri.
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Conviene dunque ritornare agli ultimi giorni della seconda settimana di dicembre. E svolgerne con pazienza il nastro.
10 dicembre - Rassicurare i correntisti È il 10 dicembre, un martedì. Il Presidente della Popolare, Gianvito Giannelli, nipote di Marco Jacobini, e l' amministratore delegato, Vincenzo de Bustis Figarola, dispensano, con la certezza dell' indicativo, parole che devono raffreddare la paura di dipendenti e correntisti della Banca, salita in quei giorni oltre il limite di guardia.
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«Non ci sarà nessun commissariamento », ripetono, indicando nella richiesta di circa un miliardo di euro al Fondo Interbancario di tutela dei depositi e al Mediocredito Centrale, la via di uscita a un depauperamento del capitale di salvaguardia non più sostenibile. Aggiungono, sapendo di mentire, che i negoziati per l' elargizione di quella liquidità di emergenza sono in dirittura di arrivo (nella sua delibera di commissariamento della Popolare, il Governatore Ignazio Visco documenterà l' esatto contrario.
Censurando, anche in questo caso, l' accidia della governance della Popolare nel condurre con tempestività e affidabilità quell' ultimo tentativo di salvataggio "autonomo"). Indicano in un "nuovo piano industriale" l' Araba Fenice che dovrebbe restituire verginità e credibilità ad una gestione che non ne ha più per aver dilapidato ogni capitale di fiducia possibile.
VINCENZO DE BUSTIS
La sceneggiata di De Bustis
Di più. Quello stesso martedì 10 dicembre, Vincenzo De Bustis, con un' ultima, grottesca capriola, decide di accreditare se stesso come il Cavaliere Bianco sotto la cui guida la Popolare riuscirà finalmente a liberarsi del fardello della gestione familistica degli Jacobini. E lo fa con un' intervista al Corriere della Sera e con la convocazione alla Fiera del Levante dei 300 direttori di filiale della Banca cui, in una recita a soggetto in cui a fargli da spalla è il presidente Gianvito Giannelli, fa un' intemerata sulla gestione allegra del credito, sui "conti truccati".
MARCO JACOBINI CON IL FIGLIO GIANLUCA
Che deve servirgli a costruire una prova a discarico a futura memoria. E che, non a caso, mani anonime registreranno su nastro. E mani sapienti fanno prima girare nelle chat interne della Banca e quindi recapiteranno a Fanpage a commissariamento avvenuto.
Naturalmente, tutti sanno che il legame tra De Bustis e gli Jacobini, padre e figli, è stato saldo come la gomena di una nave. Esattamente quanto le responsabilità che hanno condiviso nel tempo nella gestione della Banca. Da direttore generale e quindi da amministratore delegato, quando querelava Repubblica per provare a impedirle di fare il suo giornalismo e avviava azioni di responsabilità contro i manager della Banca (a partire da uno dei due figli di Marco Jacobini, Gianluca) con cui aveva lavorato per anni al fianco.
12 Dicembre. La delibera di Visco e il primo bonifico
Giovedì 12 dicembre - questa la data che porta la delibera - il Governatore della Banca d' Italia protocolla in un documento classificato "riservatissimo" le ragioni per le quali, il pomeriggio del giorno successivo, venerdì 13, è stato convocato un consiglio di amministrazione straordinario della Popolare cui annunciare il commissariamento.
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Della decisione di Visco, a rigore, quel giovedì, nessuno dovrebbe sapere. Tranne, ragionevolmente, il presidente del Consiglio. E la ragione è molto semplice. Quella notizia, se comunicata a metà settimana, a mercati aperti, potrebbe avere effetti incontrollabili. E, soprattutto, accendere il panico dei correntisti, innescando la corsa agli sportelli. Bene.
È un fatto - diciamo pure una coincidenza - che proprio quel 12 dicembre, Marco Jacobini metta mano al libretto di deposito presso la sede centrale della Popolare e che presenta un saldo di 5 milioni 556 mila euro (cifra di una qualche importanza, probabilmente alimentata dai compensi dell' ex presidente che, solo nel 2018, erano stati di 3 milioni di euro) per disporre, attraverso la Banca Sella, un primo bonifico di 180 mila euro da trasferire su un conto intestato a suo nome.
È - lo vedremo - una sorta di prova generale di chi si prepara a far sparire dalla Banca tutto quello che è meglio mettere al sicuro.
13 dicembre. Il commissariamento e cinque nuovi bonifici
La mattina di venerdì 13 dicembre quello che dovrà accadere il pomeriggio - il commissariamento a mercati chiusi e con il week-end davanti perché il governo possa procedere con il salvataggio - è ancora un segreto.
VINCENZO DE BUSTIS
Giustamente custodito anche dal presidente del Consiglio che, quella mattina, sollecitato a Bruxelles dalle voci che continuano a inseguirsi sulla Popolare, non può che dissimulare ciò sa e ciò che ha intenzione di proporre a un Consiglio dei ministri che verrà convocato per quella stessa sera alle 21. «Al momento - dice Conte - non c' è nessuna necessità di intervenire con nessuna banca».
Ma il segreto, evidentemente, non vale per Marco Jacobini. Lui sa. E infatti, quella mattina, quando tutto deve ancora consumarsi, nell' ultima finestra di tempo utile, procede con cinque nuove disposizioni di bonifico. Il primo, da 150mila euro, è verso una società di assicurazioni. Altri due, per un totale di 300mila euro, hanno come beneficiari due familiari. Un quarto da 50 mila è ad una srl. Mentre il quinto, il più importante, da 4 milioni e 874mila euro, viene girato a un conto intestato allo stesso Marco Jacobini in una filiale di Banca Sella.
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Sul libretto, resta un saldo di 2mila e 500 euro. Che non è diciamo un gran gruzzolo su cui rivalersi per chi, proprio quel 13 dicembre, pone quale condizione per il salvataggio un' azione di responsabilità verso gli ex amministratori. Ma alla Popolare di Bari è sempre andata così. Anche alla fine.