Simona Voglino Levy per Libero Quotidiano
JERRY CALA
Jerry Calà è una di quelle persone che fanno parte della nostra vita, ma non sapremmo precisamente dire perché. I Gatti di Vicolo Miracoli, certo. Forte dei Marmi, la Capannina, Sapore di mare. Ma anche Cortina d' Ampezzo, il Natale e le sue vacanze sborone.
Gli Yuppies, quelli con la brillantina nei capelli che votano solamente chi gli fa vincere un concorso.
Ciò che è certo è che Calogero Alessandro Augusto Calà, detto Jerry - ora in giro per tutta Italia col suo spettacolo Una vita da libidine - è un pezzo di storia del nostro Paese. Soprattutto di quello degli anni da bere. Peccato che adesso nel bicchiere sia rimasto ben poco.
Ci chiedevamo «cosa resterà di questi anni '80». Cosa è rimasto?
«Molto poco. Hanno lasciato più che altro grandi debiti. E uno strascico di entusiasmo. Quegli anni avevano una qualità, la gente aveva un' altra energia, si buttava. I film che abbiamo fatto negli anni '80 anche nella loro leggerezza, consegnano una foto abbastanza precisa di quegli anni. A quei tempi facevo Vado a vivere da solo, oggi non si potrebbe fare, per esempio».
EZIO GREGGIO - JERRY CALA - MASSIMO BOLDI - CHRISTIAN DE SICA
E perché?
«Perché ora i ragazzi, anche se non proprio per colpa loro, restano in casa fin dopo i 30 anni. Ai tempi, invece, c' era la voglia di emanciparsi molto presto, di diventare indipendenti e i nostri genitori erano meno protettivi di quelli di oggi. Parlo con cognizione perché, anche se potrei essere nonno, sono papà di un ragazzo di 14 anni».
A proposito di ragazzi, questa sarà la 21esima estate alla Capannina di Franceschi di Forte dei Marmi per i suoi show. Ha visto passare generazioni: come sono cambiati i giovani?
«Un tempo i giovani puntavano a conquistare le ragazze, oggi sono più concentrati sulle loro bottiglione di vodka. La Capannina, in ogni caso, resta una nicchia diversa: vengono preferendola alle discoteche vere e proprie, hanno ancora voglia di socializzare e cantare».
E le ragazze?
«Un tempo preferivano ai ragazzi che ostentano la carta di credito per fare le bottiglie nei locali, quelli simpatici che le facevano ridere».
Come il suo squattrinato Billo di Vacanze di Natale '83?
«Esattamente».
Lei è più Luca, milanesissimo figlio di papà che passa le vacanze al Forte, o più Billo spiantato pianista di piano bar?
JERRY CALA E MARA VENIER
«Tutti e due. Se devo pendere da una parte, però, direi Billo. Ancora in questi anni in cui la mia attività è quella di andare in giro a fare spettacolo e cantare, lo ritrovo. Sa che quando mi esibisco vedo ragazzi che cantano a memoria canzoni di oltre 30 anni fa».
E come se lo spiega?
«Non me lo spiego. Ma sia i film che le canzoni di quegli anni restavano. Avevano qualcosa di speciale. Le canzoni di oggi, magari suonate anche molto meglio, si consumano in fretta e non rimangono».
Quando faceva Sapore di Mare, così come Vacanze di Natale 83, immaginava che sarebbero diventati dei cult?
«Assolutamente no, anche perché le critiche ci distruggevano».
Perché?
«Perché siamo provinciali, questa è la verità. Ed è stato sempre così: da Totò in poi».
JERRY CALA
E questo l' ha fatta soffrire?
«La prima volta ho anche pianto. Scrissi una lettera a una famosa critica del Corriere che mi demolì per Vado a vivere da solo. Dopo, ho imparato a fregarmene. Aveva ragione Renato Pozzetto, il mio maestro, che mi diceva: quando cominciano a parlare bene, preoccupati».
In effetti in Italia dire comico sembra quasi una brutta parola.
«È così. Però, quando vado in America e spiego che sono "an italian comedian", restano affascinati. I comici lì sono molto considerati. Il problema è che qui abbiamo perso il discorso del genere».
Sarebbe?
«La critica dovrebbe giudicare ciascun film nel suo genere: se fai un film demenziale non può essere paragonato a un neo-realista. La critica più breve della storia l' abbiamo avuta con I Gatti di Vicolo Miracoli. Era di Morando Morandini e diceva: Una vacanza bestiale. Bestiale anche il film (ride, ndr)».
JERRY CALA
A proposito: ora stiamo aspettando l' arrivo di Odissea nell' ospizio che la rivedrà di nuovo insieme a Umberto Smaila, Nini Salerno e Franco Oppini. In quale genere dobbiamo collocarlo?
«Dal titolo potrebbe sembrare demenziale e invece non lo è. È una commedia del reale ed è molto attuale. A modo mio, affronto anche il tema dell' immigrazione. Ho sentito la necessità di parlare della nostra età. Di noi, i quasi anziani che non vogliono mollare».
Non vuole mollare lei?
«Dopo tanti anni, mi piace ancora moltissimo quello che faccio e il riscontro della gente è ancora positivo: mi vogliono bene».
Le piace fare film?
«Moltissimo. Ma soprattutto fare il regista».
E la tv?
«Forse una bella fiction. Gli show che fanno oggi non mi offrono grandi collocazioni».
Un Grande Fratello Vip, per dire, non lo farebbe?
«Sono contrario ai reality per mia linea editoriale».
Perché?
JERRY CALA
«Uno con la mia modesta carriera può aspirare a qualcosa di meglio che farsi vedere in mutande. Cerco di tenere quella piccola aura di icona che mi sono creato».
Continua sempre con suoi spettacoli. Le sono mai venuti a noia?
«Devo dire di no. Perché ogni serata per me è diversa a seconda delle persone. Ogni spettacolo è ancora una gioia».
Sapore di mare ai tempi dei social avrebbe avuto un altro sapore?
«Faccio un pezzo su questo nel mio spettacolo: chiedo ai ragazzi di oggi come si fidanzano e spesso mi fanno vedere il telefono. Oggi è tutto un selfie, una volta si ballava il lento».
I Gatti di Vicolo Miracoli avrebbero avuto lo stesso successo oggi?
«Sì, perché eravamo innovativi e lo saremmo stati anche ora».
JERRY CALA E LINO BANFI
Esistono ancora posti come il Derby?
«Quello è irripetibile. Una volta i comici erano specializzati, salivano sul palco e facevano mezz' ora, 40 minuti. Ora hanno pochi minuti: si tende a dare più importanza alla riuscita di una trasmissione che al successo di un comico. Poi ci sono anche quelli tipo Pintus che riempiono l' Arena di Verona e parlano per ore. Ma una volta di Pintus ce n' erano tanti».
Vero che uno dei tecnici delle luci del Derby era Abatantuono?
«Sì, lui era il nipote della proprietaria. Ha cominciato così».
Oggi manca la comicità. Dov' è finita?
«Noi per far ridere ci ispiravamo all' uomo comune, della strada. La gente si riconosceva in quelle cose e rideva. Era una cosa creativa e anche difficile. Manca forse un' ispirazione dalla nuova realtà. Tanti oggi sono legati a una sola battuta o all' imitazione di un personaggio. Ora imitatori e comici si sono un po' mischiati».
Ha visto Virginia Raffaele?
«Lei è tecnicamente bravissima».
libro presentato
Mi faccia il nome di uno bravo, oggi?
«L' unico grande, al momento, è Checco Zalone».
Davvero la sua vita è stata tutta una libidine?
«Assolutamente no. Il mio è un lavoro molto difficile e precario. Da un giorno con l' altro ti possono dimenticare. È un mestiere dove devi inventarti di volta in volta. A me non è mai mancata la voglia di farlo: dal cinema ai miei one man show».
jerry calà
Il film che avrebbe voluto fare?
«Nulla in particolare. Mi sarebbe piaciuto fare un certo tipo di genere, perché comici sono bravi nel drammatico. Quando l' ho fatto ho vinto il mio premio a Berlino, infatti».
Un film del quale si è pentito?
«Nessuno. Anche quelli brutti sono comunque lavoro e ogni film è per me un momento della mia vita, un incontro. Rifarei tutto».
Nato a Catania, cresciuto a Verona: cosa pensa degli ultimi risultati elettorali?
«Non capisco molto di politica Ma vedo che c' è in giro una gran confusione. Qui a Verona avevamo la Lega da una parte, dall' altra la compagna di Tosi che io conosco bene ed è una bravissima persona. Volevano una continuità. Ma siccome Tosi non è più della Lega allora non va bene».
E se si andasse a votare domani saprebbe chi scegliere?
POZZETTO
«No. Ma questa domanda la prendo come un' esortazione a seguire un po' di più e cercare di capire. La cosa che mi fa sorridere delle elezioni è che noi ci facevamo un pezzo in uno spettacolo già negli anni Ottanta e da lì non è cambiato niente. La verità è ancora che il giorno dopo hanno vinto tutti. Siamo sempre noi che perdiamo».