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    “JOANA È LA PRIMA CHE NON STA CON ME PER VISIBILITÀ” – LAPO ELKANN PARLA DEL SUO MATRIMONIO CON L’EX PILOTA PORTOGHESE - "PRIMA, ERO INSICURO E LA MIA DONNA DOVEVA PIACERE AGLI ALTRI E, QUASI QUASI, NON PIACEVA A ME. JOANA, INVECE, PIACE A ME. HA VINTO LA PARIGI-DAKAR, SA CHE VUOLE DIRE CAVALCARE LE DUNE E QUINDI AVERE A CHE FARE CON UNA PERSONA NON FACILE: IO NON SONO MOLLE, NON SONO INATTIVO… - ABBIAMO I CODICI DEL TELEFONO L’UNO DELL’ALTRO. È LA PRIMA VOLTA CHE NON SONO BIRICHINO, E NON HO PIÙ IL COMPLESSO DEL SEDUTTORE..."
     


     
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    Candida Morvillo per corriere.it

     

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    Lapo Elkann l’aveva detto a Sette, un anno fa: «Con Joana è un amore diverso da tutti quelli avuti finora, con lei voglio costruire». Joana è Joana Lemos , la donna con la quale si è sposato ieri, in Portogallo , dove lei è nata.

     

    Ieri, 7 ottobre, il terzogenito di Margherita Agnelli e Alain Elkann, il nipote prediletto dell’avvocato Gianni Agnelli, festeggiava anche il compleanno, 44 anni, vissuti finora assai pericolosamente. Ma questo matrimonio è un turning point che delinea un Lapo nuovo, determinato a essere più forte e votato soprattutto ad aiutare i più deboli, con la sua fondazione Laps, di cui lui è presidente e lei è diventata vicepresidente.

     

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    L’amore con Joana, iniziato in pandemia , si era subito consolidato durante il lockdown. Lui aveva raccontato: «Abbiamo fatto la campagna Never Give Up per la Croce Rossa, abbiamo portato gli igienizzanti a Locri, due ambulanze per i disabili in Sicilia, abbiamo distribuito le pizze a Napoli, i pasti a Milano, le mascherine negli ospedali, siamo andati ad aiutare in Spagna e in Portogallo. Ero già una macchina che andava forte, ma in pandemia ho avuto la fortuna di avere accanto una donna che mi ha messo le ruote motrici e che, come me, sente il bisogno di restituire».

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    A lungo, Lapo ha fatto rumore in cronaca per bravate, capitomboli, cadute rovinose e risalite miracolose, a partire dall’overdose e il coma nella Torino della sua Fiat a casa del trans Patrizia, nel 2005, fino alla simulazione di un rapimento a New York nel 2016 e al misterioso incidente a Tel Aviv nel 2019: sei giorni di coma, 15 operazioni ai polmoni. A lungo, ha fatto parlare di sé anche per la sua genialità, a partire da quando, giovanissimo, lavorò nell’azienda di famiglia riuscendo nell’impresa di far diventare simpatica e giovane la Fiat con le sue felpe colorate col brand a vista e l’intuizione di reinventare la 500.

     

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    Poi, si è inventato tante aziende: Garage Italia, Independent Ideas, tutti esempi di successo della creatività Made in Italy. In più, c’era la cronaca rosa, c’erano state le donne: Martina Stella, l’ereditiera kazaka Goga Ashkenazi, la cugina Bianca Brandolini D’Adda, la modella israeliana Moran Atias, o Marie de Villepin attrice e figlia dell’ex premier francese Dominique de Villepin. Tutte bellissime, tutte famose, vuoi per motivi di spettacolo, vuoi di blasone, ma tutte da passerella.

     

    Joana è invece un genere e una bellezza diversa: ex pilota di auto e di moto , prima donna a fare una gara in moto nel deserto, quattro anni più di Lapo, predilige i look maschili, i tailleur rigorosi nelle linee e accesi nei colori, ha un matrimonio alle spalle durato 18 anni, finito nel 2014, e due figli, oggi adolescenti. «Prima, ero insicuro e la mia donna doveva piacere agli altri e, quasi quasi, non piaceva a me. Joana, invece, piace a me», aveva spiegato lui a Sette. Aggiungendo: «Ha vinto la Parigi-Dakar, sa che vuole dire cavalcare le dune e quindi avere a che fare con una persona non facile: io non sono molle, non sono inattivo».

     

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    Semmai, il suo problema è l’opposto: fare troppo, sentire troppo. Un disagio che nasce dall’Adhd, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività che, con la dislessia, gli fu diagnosticato da bambino: «Se ti senti di meno, vuoi dimostrare di essere di più», aveva spiegato.

     

    È da lì che discendono tutti i mali di Lapo, che li raccontava così: «Il mio problema non è una “sostanza” in sé, ma il fatto che non so limitarmi. Posso lasciare la cocaina, ma diventare ossessivo-compulsivo o work alcoholic e lavorare 14 ore al giorno. L’intensità è una forma di sostanza, una dipendenza. Il demone è lì, non dorme, devi sempre domarlo. Da vent’anni, faccio un’ora al giorno con i narcotici anonimi, ho completato “i 12 passi” quattro volte. La sobrietà è il mio orgoglio più grande, perché, senza, non ho niente, rischio di perdere le mie aziende, le persone che amo, me stesso».

     

    Joana era arrivata nella sua vita un anno e mezzo fa, si erano conosciuti a una cena quando Lapo era andato in Portogallo per una campagna di per aiutare le famiglie in difficoltà per il Covid. Era stato, almeno per lui, un colpo di fulmine. A Sette, l’aveva raccontato così: «Ero in un ristorante e ho visto uno sguardo che era una forza della natura. Poi, ho visto anche il resto e mi è piaciuta in tutto. Ci ho provato subito in modo lapesco e mi è andata male».

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    Il «modo lapesco» sarebbe questo: «Le ho scritto un messaggio: ti voglio. La volevo molto prima che lei volesse me. Non ha risposto. Ho dovuto ricominciare in modo lapesco-romantico: costruire un rapporto dove ci si conosce, si vedono nello sguardo passioni, valori, la voglia di presente e di futuro. Lei ha molte cose mie: determinazione, costanza, caparbietà, bontà, generosità. Come me, dà così tanto agli altri che a fine giornata può essere sfinita. È una donna che mi porta su ed è la prima che non sta con me per la visibilità o i soldi. Non ci nascondiamo niente. Abbiamo i codici del telefono l’uno dell’altro. È probabilmente la prima volta che non sono birichino, non guardo altrove e non ho più il complesso del seduttore».

     

    Le premesse per dirsi sì, c’erano tutte.

     

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