Silvia Bizio per www.repubblica.it
C'è un'infermiera specializzata per un certo tipo di pazienti nel fittizio Hotel Artemis di Los Angeles, a Downtown. È stoica, precisa, dedicata e indifferente al motivo per cui sei lì, d'altronde se sei lì puoi essere solo un criminale in fuga. Si chiama The Nurse ed è interpretata dalla due volte premio Oscar Jodie Foster. Che a 56 anni portati sportivamente (nessun ritocco) si abbandona al ruolo con gusto, accettando di farsi invecchiare.
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Nel film scritto e diretto dall'inglese Drew Pearce (sceneggiatore Iron Man 3, Pacific Rim e altri film d'azione, ora passato alla regia), ci troviamo immersi in una distopica Los Angeles del 2028. In una notte di tafferugli e scontri con la polizia che cerca di respingere violentemente i manifestanti che si sono tinti di blu per perorare la loro unica richiesta: acqua pulita, si aggirano quattro uomini, i volti coperti da maschere a teschio, hanno appena fallito un colpo in banca finendo in uno scontro a fuoco con la polizia.
L'unica speranza di sopravvivere è raggiungere prima possibile uno stabile di 13 piani, dalla logora facciata, un tempo un prestigioso hotel, ma adesso un luogo sicuro che nasconde nell'attico un ospedale all'avanguardia. L'iscrizione a questo Pronto Soccorso esclusivo si paga in anticipo e tutte le regole della casa devono essere seguite alla lettera (compresa installazione di un chip nel polso). A gestire la struttura è The Nurse, l'infermiera, e stanotte è particolarmente impegnata.
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"Sono nata, cresciuta e ho vissuto tutta la vita a Los Angeles" dice Jodie Foster, incontrata per il lancio del film in un hotel ultra moderno di Beverly Hills (lei vive a Malibu); "e questo film è una specie di lettera d'amore alla mia città, un film ambientato in un futuro prossimo ma anche pieno di atmosfere anni '20 – tutta la struttura, lo stile, il milieu dell'hotel art déco - quindi un futuristico nostalgico!". "In Hotel Artemis c’è una vena malinconica per Los Angeles che condivido con Drew Pearce, che ha creato qualcosa di veramente originale e visivamente d'impatto, che mostra la città da prospettive nuove.
Il film è sicuramente un thriller, ma allo stesso tempo appartiene a un mondo tutto sue, un genere trasversale". "Los Angeles ha una sua precisa personalità" dice l'ex enfant prodige del cinema, aveva 13 anni quando interpretò la giovane prostituita in Taxi Driver di Martin Scorsese. "Qualcuno l'ha definita una città di "porte", perché a differenza della East Coast o dell'Europa non hai idea di quale sia l'interno di un posto basandoti sulla sua estetica esteriore. Il ristorante più alla moda potrebbe stare dietro la porta di un centro commerciale fatiscente, e per me in questo c’è qualcosa di eccitante.
Tutto ciò si riflette in Artemis, che potremmo definire sicuramente un film di ‘porte’. Una storia guardata attraverso il buco della serratura". Il finto Hotel Artemis (ricostruito in studio) è in realta' ispirato al vero Hotel Alexandria, il più elegante di Los Angeles al tempo della sua inaugurazione del 1906. Se all'epoca si andava a Downtown era sicuramente il posto dove fermarsi.
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Signora Foster, per la sua Infermiera ha tratto ispirazione da qualcuno in particolare? È un ruolo così diverso dai suoi precedenti.
"In un film originale come questo ogni personaggio è originale. L'Infermiera è forte e timorosa insieme, dà tutto al suo lavoro e sa affrontare qualsiasi dolore tranne quello proveniente dal suo passato. È eccentrica ed esuberante come solo una Barbara Stanwyck poteva esserlo".
Originale per il mix di fantascienza e stile rétro?
"Certo. Non so voi, ma a me hanno davvero stufato i film triti e ritriti e i grossi franchise di cassetta, tutti uguali, e ho abbracciato questo film con la sua combinazione di nostalgia e stile vintage alla Wong Kar-Wai mixato all'universo dello sci-fi e dell'azione. Energia ed elegia".
Ci parla della sua trasformazione fisica nel film?
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"Ecco la vecchia Jodie! [ride] Così sarò a 70 anni, e a 70 anni vorrò ancora recitare, perchè lo puoi ancora fare, anche a 80 se è per questo. Tornando alla sua domanda, mi sono dovuta sottoporre a ore e ore di make-up e prostetica facciale ogni giorno da parte del grande artista Lois Burwell, davvero un mago del trucco. E i denti ingialliti, e la parrucca grigia, e le rughe, e tutto contribuisce alla costruzione del personaggio. Mi è piaciuto molto invecchiarmi".
È interessante che a lei sia piaciuto invecchiarsi, in un'arte e un'industria dove tutti cercano di apparire più giovani.
"È una tematica interessante per tutti noi over 40. Ma io volevo la trasformazione e immergermi nel personaggio e nella storia, e non me ne importa niente di come appaio. Ho la fortuna di non essere una bellezza di prima classe e che dell'apparenza mi è sempre importato poco. Quindi ho un handicap di vantaggio su altre colleghe mie bellissime, non so se rendo l'idea".
JODIE FOSTER
Come immagina la Los Angeles nel 2028?
"Grande punto di domanda. Io sono orgogliosa della mia città e di essere californiana. Essere californiani significa molto in questo momento storico-politico, perché siamo lo Stato che fa sempre la differenza, che spesso illumina la strada, guida il tragitto verso il futuro. Certo, la velocità degli sviluppi tecnologici sta trasformando il tessuto sociale, e sento che stiamo sull'orlo dell'abisso, e possiamo cadere o fare un passo indietro e dire: ehi, aspetta un momento, che stiamo facendo? Fermiamoci un attimo a riflettere. Ma io nutro sempre la speranza che la California sappia condurre saggiamente. Il resto del paese ha spesso guardato noi per capire dove stiamo andando".
Ha speranza anche per gli Stati Uniti e il mondo?
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"Adesso non esageri con le domande politiche perché non sono mai stata e continuo a non esere una portavoce politica, qualificata a commentare sulle cose del mondo. Siamo bravi di sicuro a dire le cose tramite i personaggi nei film, cose di cui possiamo discutere e comunicare. Di certo questa è una congiuntura storica particolare e abbiamo tutti l'opportunità di essere migliori".
Ha un'opinione sul riscaldamento globale?
"Bisogna avere un'opinione? Lo stiamo sperimentando. Sono un'amante della scienza, rispetto la scienza, ho fede nella scienza, e la scienza ci sta dicendo chiaramente coi fatti che il global warming non è un mito, e ci dà anche risposte su come affrontare il problema".
Cosa pensa dei movimenti Me Too e Time's Up?
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"Di nuovo, non sono una brava portavoce, e resisto sempre alla tentazione dei sound bite, della militanza con gli slogan o i 250 caratteri. E non credo ci sia bisogno di ascoltare un altro attore sentenziare sul tema. Comunque sono tematiche sacrosante, dobbiamo tutti elevare le coscienze e ricalibrare ogni rapporto sociale, sul posto di lavoro e in genere nella vita".
Lei aveva fatto quasi "outing" in un discorso ai Golden Globe qualche anno fa, ricevendo il premio alla carriera. Perché ha preferito glissare?
"Per tutte le ragioni che ho spiegato sopra. Non mi sento di fare nessun comizio, sono una persona piuttosto riservata e di sicuro introversa, ho sempre privilegiato la mia privacy, così come rispetto profondamente quella degli altri".
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Quando l'Infermiera nel film soffre di ansia, ascolta musica con vecchie cassette. Lei cosa fa per rilassarsi?
"Spengo CNN o MSNBC. Cerco di disconnettermi da tutto il chiasso e la confusione e il dolore del mondo. Medito. Cerco di farlo tutti i giorni. E d'inverno vado a sciare. La cosa più rilassante che ci sia".
Davvero?
"Sì, perché quando scendi veloce devi pensare solo al momento, a non cadere, sbattere contro un albero o un pilone, a non morire. La neve, la velocità, il vento in faccia. Sciare annulla ogni agni altro pensiero, è la mia pratica Zen".
SCORSESE DE NIRO JODIE FOSTER Jodie Foster si chiama Alicia jodie foster