yoko ono mela
Daria Galateria per “il Venerdì di Repubblica”
Yoko Ono fu invitata al simposio Destruction in Art che si tenne nel settembre del 1966 nella Swinging London; in due mesi era diventata famosa «quanto la principessa Margaret e il formaggio Stilton». I suoi modi liberi, a Tokyo e a New York, avvilivano da sempre i genitori, famiglia giapponese di samurai e banchieri (le donne non dovevano uscire la sera, né fare arte); quanto al carattere, il Times aveva rinominato la ragazza Yoke One, il Giogo numero Uno.
Si infilò quel cappio il 9 novembre 1966 John Lennon, passato a salutare un amico alla galleria d'arte Indica (varietà di marijuana), dove l'indomani si apriva la mostra di quella tale Yoko Ono, artista nippo-americana appena sbarcata a Londra. Su un piedistallo c'era una mela; «il costo era 200 sterline per guardarla marcire», raccontò divertito Lennon, che le diede un morso (nulla a che vedere con il logo della Apple Records, una mela verde Granny Smith intonsa). Grande fu al momento il disappunto di Yoko, perché la sua mostra era sul tempo; il frutto era destinato a avvizzire.
la mela con il morso di john lennon
Nel 1989, fu realizzata una versione in bronzo della mela col morso di Lennon (e in tema di mele famose, ce n'era una, avvelenata, sul comodino del suicida Alan Turing, genio matematico decifratore, nella guerra mondiale, del codice segreto dei nazisti, Enigma, e padre dell'informatica, poi condannato come omosessuale a un'umiliante cura ormonale: la Apple Computers ha sempre smentito di averne tratto ispirazione).
Il catalogo della mostra di Yoko Ono dunque annoverava una "Sky-tv" a circuito chiuso per guardare il cielo, «orologio del tempo eterno»; erano previste varie performance per restituire l'opera d'arte al pubblico e all'occasione, come accendere un cerino davanti a una tela vuota e guardare il fumo (instruction paintings, dipinti consistenti in "istruzioni per l'uso"), lo specchio per guardarsi il didietro (un quadrettato di sederi animava il filmino Bottoms, sempre del 1966), una scala per esaminare sul soffitto una scritta minuscola, "yes".
yoko ono lennon
«È stata una cosa positiva», si rilassò Lennon, che insistette per piantare un chiodo su un apposito muro; ma era proibito, prima dell'inaugurazione; un chiodo virtuale, propose, per cinque scellini? Virtuali? Il miliardario ragazzo di provincia («con un padre come il mio, chi ha bisogno di malattie?», scriverà in Skywriting) fu presentato alla piccola sacerdotessa dell'happening: «Ero una snob dell'underground, sapevo dei Beatles, naturalmente, ma non mi interessavano affatto». «Non sapeva chi fossi», ricorderà Lennon, «conosceva solo Ringo di nome, perché in giapponese vuol dire mela».
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