Cristina Marconi per “il Messaggero”
THERESA MAY
I conservatori non hanno neppure fatto in tempo ad arrivare a Birmingham per la loro conferenza annuale che la guerra dei Tories era già esplosa. Ieri, sulla prima pagina del Sunday Times campeggiavano infatti in maniera del tutto irrituale due interviste, quella della premier Theresa May che difendeva la sua idea di Brexit e quella dell' eterno rivale Boris Johnson che definiva il piano di quest' ultima «pazzoide».
I TENTATIVI
E a poco sono valsi i tentativi della premier di mostrare in Tv un approccio vigoroso e di dire che crede nella Brexit, annunciando alla BBC, tra le altre cose, un piano per imporre tasse più alte agli stranieri che vogliono acquistare case nel Regno Unito e devolvere i proventi ai senzatetto: la giornata è stata dominata da Johnson, che si è definito «un labrador leale e fedele» nei confronti della May, prima di aggiungere che a differenza di lei ha «fatto campagna per la Brexit», ha «lottato» e che pensa che «quello che sta succedendo non è ciò per cui gli elettori hanno votato nel 2016».
boris johnson e theresa may
La confusione è alle stelle, il divario mai così grande: quando qualcuno nel suo discorso ha definito Johnson una «persona irrilevante e offensiva» sono scrosciati gli applausi, ma al discorso dell' ex sindaco di Londra si sono accreditate più di mille persone.
Johnson parla in grande, annuncia di voler costruire un ponte tra Irlanda e Gran Bretagna, chiede una relazione futura con la Ue ispirata all' accordo di libero scambio con il Canada, mentre la May annuncia l' intenzione di fare un grande festival della Gran Bretagna e dell' Irlanda del Nord per presentare al mondo l' innovazione e la cultura del paese nel gennaio del 2022, prima del prossimo voto.
BORIS JOHNSON
Come la grande esposizione organizzata dalla regina Vittoria nel 1851, ma con un costo di 120 milioni di sterline. Dichiarazioni che ammantano il dibattito sulla Brexit di un' aura pre-elettorale che nessuno può escludere nella monumentale confusione di questi giorni anche se, essendo il voto anticipato la strada preferita dal leader laburista Jeremy Corbyn, l' ipotesi non è delle più rassicuranti.
Come nel caso della conferenza laburista della settimana scorsa, anche a Birmingham ci sono state manifestazioni a favore di un secondo referendum, soluzione che un numero crescente di Tories va difendendo in giro per uscire dall' impasse.
Una figura di spicco come la leader scozzese Ruth Davidson, trentanovenne omosessuale incinta e futura leader ideale di molti nel partito, ha suggerito ai suoi colleghi un «periodo di silenzio» sulla Brexit per permettere alla May di concentrarsi sul raggiungimento di un accordo, sottolineando come Johnson abbia avuto due anni nel governo per esprimere le sue obiezioni.
ruth davidson
La premier da parte sua ha garantito che farà «della Brexit un successo, al di là dell' esito dei negoziati» con Bruxelles, lasciando aperta la porta alla possibilità che non si raggiunga un accordo ma anche a quella che ci debbano essere altri compromessi con al Ue. E ha confermato che il piano presentato nel luglio scorso ai Chequers è ancora vivo e vegeto, nonostante l' opposizione dei Tories euroscettici e, soprattutto, l' accoglienza gelida che ha ricevuto al summit di Salisburgo da parte dei leader europei, che lo hanno bollato come impraticabile.
THERESA MAY JEAN CLAUDE JUNCKER
I LABURISTI
I laburisti hanno annunciato che lo voteranno qualora includesse la permanenza nell' unione doganale e delle tutele per i posti di lavoro, ma oltre al fatto che il piano prevede la creazione di un' area di libero scambio con regole comuni solo per i prodotti agricoli e manifatturieri, il sostegno di parte dell' opposizione non garantisce alla May i numeri di cui ha bisogno.
boris johnson e theresa may
L' anno scorso il discorso della premier era stato uno dei più sfortunati della storia della politica: era riuscita a malapena a portarlo a termine tra attacchi paralizzanti di raucedine, disturbatori e lettere che cadevano dallo slogan sullo sfondo. Dodici mesi dopo è ancora al suo posto, chissà per quanto tempo ancora.