Bruno Ruffilli per www.lastampa.it
JONY IVE IPAD
Jony Ive non collaborerà più con Apple. Dal 2019 il designer più famoso del mondo aveva lasciato Cupertino e fondato una società, LoveFrom, che tra i principali clienti aveva appunto l’azienda di Tim Cook. Un contratto triennale e la promessa di una strada ancora lunga insieme: “Anche se non sarò più un dipendente, sarò ancora molto coinvolto - spero per tanti, tanti anni a venire", aveva detto al Financial Times.
Anche Tim Cook rassicurò investitori e utenti che Ive avrebbe lavorato in esclusiva con l'azienda per molti anni. Ma oggi il New York Times svela che il contratto non è stato rinnovato. Le motivazioni sono diverse: da una parte, l’importo esorbitante (100 milioni di dollari, pare) pagato da Apple, e il fatto che molti dei designer di Cupertino stessero lasciando l’azienda per lavorare a fianco di Ive e del suo socio Mark Newson.
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Dall’altra la limitazione imposta a LoveFrom nella scelta di clienti, che doveva limitarsi a settori non in concorrenza con Apple. Che, in questi tre anni, senza Ive non se l’è cavata affatto male. È vero che molti prodotti sono rimasti immutati, ma il nuovo iMac, i MacBook Pro, e pure l’ultimo iPhone hanno saputo conquistare il pubblico anche grazie a dettagli che Ive non avrebbe mai approvato: più porte, slot, il ritorno a stilemi di design di vecchi modelli, come ad esempio gli spigoli vivi.
E questo, a ben vedere, non fa che confermare le ragioni del divorzio: Apple oggi preferisce la praticità alla sperimentazione, e forse è più attenta alle indagini di mercato che alla filosofia del design. Aggiunge, e non toglie, come aveva fatto finora. Punta di più sulla capitalizzazione degli utenti, con la vendita di software e servizi.
Chi è Jony Ive
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55 anni, fisico massiccio e sguardo timido, Ive è deciso, ossessivo, paranoico nella cura dei dettagli. Ha una passione per le auto, guida una Bentley Mulsanne nera, una Aston Martin o una Range Rover. Ha realizzato un lavandino per Ideal Standard, e dato consigli al regista J. J. Abrams per costruire la spada laser di Star Wars.
E soprattutto ha firmato alcuni dei più grandi successi commerciali della Mela e dei gadget più venduti di sempre, entrati nella storia e nella cultura pop, e nella vita di miliardi di persone in tutto il mondo: l’iMac colorato, l’iPod, l’iPhone, l’iPad, l’Apple Watch. Come responsabile dell’interfaccia, ha completamente rivisto l’aspetto del sistema operativo iOS e OS X, introducendo uno stile grafico presto ripreso dai concorrenti.
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Per questo, molti hanno visto in Ive il vero erede di Steve Jobs: il fondatore di Apple e il designer inglese sono stati uniti da una comunanza spirituale, da una passione e una dedizione instancabili. Lo aveva raccontato lo stesso Jobs nella sua biografia scritta da Walter Isaacsson, lo ha confermato più volte la vedova Laurene Powell Jobs.
Una storia lunga 3 decenni
Quella di Ive con Apple era una relazione che durava dal 1990, un caso più unico nel mondo frenetico della tecnologia, ma la collaborazione era iniziata alla fine degli anni Ottanta, quando lavorava in un’azienda chiamata Tangerine, dove si occupò tra l’altro del design dei primi PowerBook.
tim cook jonathan jony ive
Fu assunto nel 1992, e solo allora si decise a lasciare Londra. Il primo prodotto a portare la sua firma fu l'Apple Newton, un assistente personale innovativo ma di scarso successo. Cinque anni più tardi,Ive era pronto a lasciare l’azienda, ma fu allora che Steve Jobs tornò, e dopo il primo incontro lo nominò vicepresidente del design, avviando una collaborazione che avrebbe riportato la Mela - allora sull’orlo del fallimento - a diventare la prima azienda hi tech del mondo.
Estetica ed etica
La qualità dei materiali, l’eccellenza delle rifiniture, l’attenzione paranoica per i dettagli sono caratteristiche tipiche dei prodotti Apple, e hanno contribuito in gran parte al loro successo. Dietro il quale ci sono molte ragioni, ma c’è anche una cultura del design che non ha rivali nella storia dell’elettronica consumer.
karl lagerfeld jonathan ive apple watch
Due sole le eccezioni, che non a caso servirono da modello per Jobs fin dall’inizio della sua avventura: Sony e Olivetti, aziende capaci di costruire nel tempo un linguaggio estetico personale e innovativo. Dove non esiste spazio per l’ornamento e ogni scelta è importante: quello che c’è non può non esserci, e quello che non c’è non deve esserci. Così l’estetica diventa etica, e dal bello si passa al concetto di giusto.
La plastica, per esempio: fino a poco tempo fa non era infrequente trovarla mascherata da metallo, specie in gadget e apparecchi elettronici economici. Oggi è scomparsa, e anche sui prodotti cinesi più a buon mercato è difficile vedere plastica cromata. Quando presentò l’iPhone 5c, Jonathan Ive disse che era realizzato con una plastica “che non deve chiedere scusa”.
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E poi l’alluminio, e il vetro, così tipici di Apple: rifiniti alla perfezione ma sempre in modo che la loro natura sia evidente. Sono scelte che denotano coerenza intellettuale, trasparenza verso chi acquista un oggetto. La sincerità dei materiali è una scelta etica, che rimanda a concetti come la qualità, la durata nel tempo, la possibilità di riutilizzo e riciclo.
Molti hanno ripreso le linee e i materiali di Apple, e non solo dell’iPhone (basti pensare ai computer, dall’iMac colorato fino ai MacBook Air). Nessuno è però riuscito a inventare una cultura del design come quella incarnata da Jobs prima e da Ive poi.
Perché si fa presto a dire che il più famoso designer industriale di oggi si è ispirato a un altro leggendario progettista, Dieter Rams, ma le somiglianze tra l’iPod e la radiolina Braun degli anni Settanta non sono casuali, sono rimandi alla stessa matrice intellettuale.
L’ultimo progetto
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Per otto anni, Ive aveva lavorato all’ultimo progetto di Steve Jobs: l’Apple Park. Il fondatore di Apple è morto il 5 ottobre 2011, ma quattro mesi prima la sua ultima uscita pubblica fu per partecipare a una seduta del consiglio comunale di Cupertino e presentare il nuovo campus.
Il progetto è stato sviluppato dallo studio dell’archistar inglese Norman Foster, ma Ive ha supervisionato ogni dettaglio, perfino le maniglie delle porte. Il quartier generale di Apple è un luogo di lavoro, ma anche un simbolo zen. L’edificio principale ha un’area complessiva di 260.000 metri quadrati e all’interno potrebbe trovare posto l’intero Pentagono.
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In realtà ospita un prato, un laghetto e alberi da frutta. Albicocchi, come quelli che nell’infanzia di Jobs crescevano proprio lì, intorno a quella che allora era la sede di Hewlett Packard.
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