Estratto dell'articolo di Barbara Visentin per www.corriere.it
saturnino
Il bello di una canzone è che può rimanere in un cassetto per anni e poi all’improvviso trovare la sua strada, a volte anche inaspettata: così è stato per Abban-dono , brano che Saturnino ha composto 13 anni fa, su cui il cantautore Daniele Magro ha poi scritto un testo e che è stato infine cantato da Mina. «Una soddisfazione senza prezzo», dice il bassista e compositore, 54 anni, ripercorrendo la sua carriera.
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Qual è il suo legame con Mina?
«L’ho incontrata una volta, nel 1997. Mi emoziona qualsiasi cosa fa, potrebbe anche leggere l’elenco del telefono e avrebbe comunque quella magia nella sua voce. Colpisce senza vederla e riguardando il suo repertorio ha anche una fisicità incredibile».
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Che soddisfazione è stata sentirla cantare il suo brano?
«Parlare di Mina è come parlare di un essere mitologico, qualcosa che va al di là del tempo. È una roba proprio bella, tanto più che è nata in modo assolutamente naturale. È bello che sia successa in un Paese dove tutti si basano sulla raccomandazione e dove ti senti sempre ripetere quanto è importante conoscere qualcuno. Ok, va bene, ma è anche importante provare a fare le cose».
E ci si riesce?
«Sì, si riesce. Quando da ragazzo sono arrivato a Milano da Ascoli conoscevo una sola persona: un produttore musicale che mi aveva ascoltato suonare e mi aveva detto “chiamami se vieni a Milano”. Così ho fatto e da lì è iniziata una catena virtuosa perché il bello della vita è quando qualcuno si espone per te. Tutte le persone che fanno sì che qualcosa accada sono quelle che parlano bene di te in tua assenza».
saturnino celani
I suoi genitori l’hanno appoggiata agli inizi?
«Non solo, mi hanno anche sostenuto. A me non è mai mancato nulla, mio papà mi ha comprato i primi strumenti e già c’erano dei violini in casa. [...]».
Chi cresce in situazioni svantaggiate non fa più fatica?
«Io sono cresciuto vicinissimo a un quartiere popolare e ho frequentato una zona considerata popolare, ma ne sono uscite persone molto in gamba. A volte mi pare sia anche un po’ una giustificazione, “arrivo da lì, quindi sono uno stronzo”, come se il disagio crescesse con te».
saturnino celani
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Torniamo ai suoi esordi: ha iniziato suonando il violino e poi come è passato al basso?
«Il violino era lo strumento che mi sono ritrovato in casa e che ho preso in mano per far piacere ai miei genitori. Poi è arrivato il basso che è stato lo strumento della presa di coscienza. L’ho scelto perché era l’unico strumento libero nel gruppo di quartiere, dato che il bassista era partito per fare il militare. Aveva lasciato nella cantina delle prove basso e ampli e quando l’ho indossato per la prima volta mi è sembrato di avere dei superpoteri. Ho detto: è lui. Per questo parlo di presa di coscienza».
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jovanotti saturnino
Con Battiato poi ha anche collaborato: com’era?
«Un essere umano straordinario. Ho registrato con lui tutto l’album L’imboscata , dove c’è un pezzo come La cura che tutti conoscono e la cosa bella è stata proprio aver partecipato a un suo progetto quando ero giovane. Io volevo dare sfoggio di capacità ed entusiasmo, lui, elegantissimo, con un libro in mano, mi fece capire l’importanza della semplicità».
E ora ha dei bassisti preferiti?
«Tantissimi, ma prediligo quelli che trasmettono sensazioni. Che sappiano suonare bene è secondario. Ora molti mi chiedono se Victoria dei Måneskin sia brava e rispondo “non hai le orecchie?”. Basta sentire se ti sta suscitando qualcosa».
Le piacciono i Måneskin?
victoria dei maneskin
«Li adoro, sono un fan. Stanno facendo bene alla musica: sono quattro ragazzi belli e giovani che suonano in un periodo in cui la musica è tutta di plastica. Hanno realizzato il sogno di chiunque metta insieme una band. E un sacco di ragazze hanno chiesto in regalo un basso per Natale, so che ci sono ordini per tre anni per lo strumento che usa Victoria».
Il punto di svolta è stato l’incontro con Jovanotti: ce lo racconta?
«Ci siamo incontrati in uno studio milanese che oggi non esiste più. Io ero già stato lì per registrare per Gatto Panceri e quando Lorenzo ha chiesto al proprietario se conoscesse qualche musicista giovane per andare in tour, lui ha fatto il mio nome. Una volta che ci siamo visti, Lorenzo mi ha fatto un sacco di domande. Poi mi ha detto “vai di là e registra questo assolo” e quello, incredibilmente, è rimasto l’assolo di Libera l’anima . Alla fine mi fa: “Sei libero per i prossimi sei mesi?”. È una storia ad altissimo contenuto romantico e sono già passati più di 30 anni».
saturnino celani
Andate sempre d’accordo?
«Forse una volta si litigava, sempre in modo costruttivo, ma oggi non c’è nulla su cui litigare. Siamo persone adulte. Ci si confronta con altri problemi, di vita, molto più grandi di noi».
Vi sentite in questo periodo in cui Jova è infortunato?
«Ci sentiamo ogni tre giorni, via messaggio o ci si videochiama. È in ripresa, in lenta ripresa».
Quali sono i ricordi più memorabili dei tour insieme?
«Abbiamo condiviso i palchi nei posti più pazzeschi, dalle rovine di Petra a Città del Messico, dove ci siamo ritrovati su un palco in tre, con Beppe Carletti alla fisarmonica, a fare L’ombelico del mondo . Una volta abbiamo suonato in mezzo alla foresta, con le candele e gli amplificatori a pile. Erano i meravigliosi Anni Novanta. Ma io amo stare in tour, ci starei tutta la vita. I musicisti, come gli aerei, non possono stare negli hangar e vivere di questo lavoro è come essere già sposati».
saturnino celani
Quindi come si concilia con le relazioni di coppia?
«Io da un po’ di tempo ci riesco e sono una persona molto felice e appagata. La stabilità è un concetto relativo, ma sarà anche l’età che gioca un ruolo importante. Prima erano prove, fai degli esperimenti... Sono onesto e lo ammetto. D’altra parte Lorenzo disse: “Saturnino ha cambiato più fidanzate che bassi”».
[...] Oltre alla musica, ha un’azienda di occhiali, suo accessorio imprescindibile. Ha più bassi o più occhiali?
saturnino celani
«Di bassi ne ho 39, l’ultimo è un pezzo custom made che ho aspettato per cinque mesi dagli Usa. Di occhiali ne avrò un centinaio. È un accessorio importantissimo, per quello li faccio».
Cosa rappresentano per lei?
«Una volta me li sono tolti e sono passato in mezzo al Forum di Assago senza che nessuno mi riconoscesse. Quindi è un po’ una sorta di Superman al contrario: se li tolgo sono trasparente ed è bellissimo».
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