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    DOV’È LA VERITÀ? – JULIA ELLE,  INFLUENCER 34ENNE, PARLA DELLA SUA RELAZIONE VIOLENTA CON L'EX COMPAGNO PAOLO PAONE - LUI L'AVREBBE OBBLIGATA A SCRIVERE IN UNO DEI SUOI LIBRI CHE IL FIGLIO CHE HA CONCEPITO CON UN ALTRO IN REALTÀ ERA SUO ("DÌ CHE IL MASCHIETTO È MIO") - LEI RACCONTA DELLE VIOLENZE SUBITE E DEI PROBLEMI CON LA DROGA DI PAONE: NEL 2017, SE N'È ANDATA DI CASA DOPO CHE LUI LE AVREBBE PUNTATO UN COLTELLO ALLA GOLA - PAONE NEGA TUTTO - L'ATTACCO A SELVAGGIA E LA SUA RISPOSTA: "SMONTERÒ LE BUGIE RACCONTATE"


     
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    Candida Morvillo per il “Corriere della Sera”

     

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    La ragazza spaventata che si volta verso la finestra per riuscire a rispondermi e insieme a nascondere le lacrime si chiama Julia Elle: 34 anni, tre figli, cinque libri editi da Mondadori, quasi due milioni di follower che dal 2016 hanno amato la sua web serie «Disperatamente mamma», e un fatturato in crollo da 400 mila euro a zero, perché il popolo dei social, come le aziende sponsor delle influencer, conoscono un solo linguaggio: pollice su o pollice giù.

     

    Tutto precipita quando l’ex compagno, Paolo Paone, produttore discografico, scrive su Instagram che quella narrazione di madre con famiglia allargata e nuovo marito è una farsa, perché il secondo figlio non è suo, non è nato da un ritorno di fiamma di una notte, come Julia aveva scritto in un libro.

     

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    Dopodiché, l’accusa di non farle vedere la figlia. Ma quando Julia risponde in un video che Paone era violento e che lei è scappata dopo che lui le ha puntato un coltello alla gola, molti follower e aziende non le credono.

    Julia ha lunghi capelli castani, è pallida. Leggo alcuni WhatsApp di Paone consegnati al tribunale. «Muori».

     

    «Megera di me...a». «Me la paghi». «Sai quanto sopporto per avere la parvenza davanti a nostra figlia che io non voglia ammazzarti». «La violenza sulle donne per te non dovrebbe valere». Ora, Julia tace.

     

    L’avvocato Annamaria Bernardini de Pace la incita a raccontare tutto, come ha fatto con lei, che segue la causa contro Paone per l’affidamento della figlia che hanno insieme.

     

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    Partiamo dalla bugia. Perché ha raccontato che il secondogenito era di Paone?

    «Quando mi hanno chiesto il primo libro, era il 2017 e venivo da quattro anni drammatici» (l’avvocato: «Di violenza fisica, mentale, economica», diglielo). «Di fatto, ero sola con due bambini piccoli. Scrivere era il mio sogno, ma quando ho capito che dovevo raccontare la mia vita, ero disperata. Avrei dovuto dire: non lo scrivo. Invece, l’ho scritto edulcorato. Paolo mi aveva detto: scrivilo, ma parla bene di me e di’ che il maschietto è mio. Invece, lo avevo avuto con un altro quando ci eravamo già lasciati».

     

    Mi sono persa. Parta dall’inizio.

    «Nel 2013, facevo la cantante, ho visto Paolo suonare e mi sono innamorata. A giugno resto incinta: ero felice, ma lui mi chiede di abortire. Non ho voluto e siamo andati a convivere e, da lì, è diventato un altro: la violenza è stata un crescendo. All’inizio urlava. Poi urlava e mi insultava. Poi urlava, mi insultava e mi minacciava. Ogni volta io tolleravo un po’ in più. Lui si scusava ma diceva che ero io che lo facevo arrabbiare».

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    Lui nega di averla picchiata. Come avrebbe iniziato?

    «Ero incinta, faceva caldo, avevo un calo di pressione. Il mio cane fa un bisogno, Paolo si mette a urlare: pulisci subito. Io dico: non mi sento bene, dammi un attimo. Mi alzo, svengo. Mi sveglio con lui che mi dà un calcio».

     

    Lei ha detto su Instagram di essersi rivolta a un centro antiviolenza, circostanza messa in dubbio da molti, dopo che non ha voluto rivelare a Selvaggia Lucarelli qual era il centro.
    «Paolo ha scatenato una campagna denigratoria contro di me. Ha sempre minacciato di rovinarmi, distruggermi. Lucarelli è rappresentata dall’ex socio e migliore amico di Paolo, Francesco Facchinetti, per cui, se hanno creduto a Paolo, ci sta.

     

    Spero che, leggendo questa intervista, cambino idea. Intanto, il mio penalista ha denunciato Paolo e alcune persone a lui vicine per bullismo. Comunque, il centro antiviolenza è il Cadmi di Milano. Mi diedero il numero due persone che collaboravano proprio con quell’agenzia. Era il 2015, avevano dormito per un paio di giorni da noi: mi hanno portata al bar e mi hanno dato il numero.

     

    La prima cosa che ho pensato è stata: come lo avete capito? Paolo, davanti a loro, non era stato violento fisicamente, ma evidentemente, aveva fatto cose che io tolleravo e che, viste da fuori, erano intollerabili».

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    Julia?

    «Vero. Sono riuscita a lasciarlo solo a marzo 2016, ma sono rimasta a casa: non avevo soldi per andarmene.[…]».

     

    Quando è scappata?

    «Nell’estate 2017. Mangiavamo una pizza in cucina, io bevo e poggio il bicchiere sul mobile invece di lavarlo. Lui inizia a urlare che non tengo la casa pulita. Gli dico: basta, non ce la faccio. Lui mi punta alla gola il coltello della pizza e minaccia di uccidermi».

    Lui ha detto che era la scena di un video antiviolenza. […]

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