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    JUNCKER PRONTO A DIMETTERSI DOPO IL VERTICE DI ROMA – PRETESTO: NESSUNO VUOLE IL SUO LIBRO BIANCO SULLA UE (MERKEL MENO DI TUTTI) – IN REALTA’, HA SUBÌTO LA BREXIT ED IL SUO PIANO D’INVESTIMENTI NON DECOLLA – IL FALCO KATAINEN PRONTO A SOSTITUIRLO


     
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    Alberto D’Argenio per la Repubblica

     

    Jean-Claude Juncker nelle prossime quattro settimane potrebbe lasciare la presidenza della Commissione europea. La partita si giocherà a marzo, mese cruciale per il futuro dell’Unione e periodo durante il quale l’ex primo ministro del Lussemburgo deciderà se rimanere a Bruxelles oppure dimettersi.

     

    JUNCKER JUNCKER

    Lo rivelano a Repubblica autorevoli fonti europee concordi nel raccontare il bivio di fronte al quale si trova Juncker: riuscire a dare la propria impronta ad una Unione desiderosa di guardare al futuro con ambizione o rifiutarsi di gestire il declino europeo lasciando la seconda metà del mandato ad uno dei suoi vicepresidenti, con il popolare finlandese Jyrki Katainen favorito rispetto al socialista olandese Frans Timmermans.

     

    Juncker è arrivato alla presidenza della Commissione il primo novembre 2014 come candidato di punta (Spitzenkandidat) del Partito popolare europeo che a maggio aveva vinto le elezioni per Strasburgo (i socialisti avevano schierato Martin Schulz). Nella veste di primo capo dell’esecutivo comunitario scelto grazie al voto popolare e da europeista convinto, Juncker ha interpretato il suo mandato con piglio politico rifiutandosi di applicare le regole in modo automatico (basti pensare alla flessibilità sui conti) distinguendosi dal suo predecessore, José Manuel Barroso.

    Juncker1 Juncker1

     

    Tuttavia nove giorni fa intervistato dalla radio pubblica tedesca, Juncker ha lasciato tutti a bocca aperta affermando che tra due anni e mezzo non correrà per un secondo mandato, che probabilmente Londra nel negoziato sulla Brexit spaccherà i governi del Continente e che l’Europa non è abbastanza fiera di se stessa. Ora diventa chiaro cosa si celasse dietro a quelle parole.

     

    Non la stanchezza, raccontano a Bruxelles, ma qualcosa di ben più politico. L’8 marzo la Commissione dovrebbe pubblicare il suo Libro bianco, il progetto di rilancio dell’integrazione europea post Brexit, il contributo di Bruxelles ai festeggiamenti per il sessantesimo anniversario del Trattato di Roma che si terranno nella capitale italiana il 25 marzo al quale Juncker ha lavorato con grande passione puntando alla realizzazione di una vera Europa politica e sociale e con l’ambizione di farlo diventare l’ossatura della Dichiarazione di Roma con la quale i leader tracceranno la rotta futura dell’Unione.

     

    juncker merkel juncker merkel

    Nelle ultime ore però attraverso canali riservati diverse Cancellerie hanno fatto capire a Juncker che sarebbe meglio che il suo White book rimanesse nel cassetto. Questo gli ha chiesto il premier olandese Mark Rutte, che il 15 marzo affronterà le elezioni politiche con il suo partito, i liberali, dietro agli euroscettici di Geert Wilders e per questo spaventato da qualsiasi svolta europeista possa arrivare da Bruxelles.

     

    MARK RUTTE MARK RUTTE

    Stesso messaggio recapitato da Angela Merkel, che fino al voto tedesco del prossimo settembre non vuole proposte in grado di accendere un dibattito domestico sull’Europa o dividere i Ventisette minando la sua leadership continentale. E poi la difficoltà di mettere d’accordo tutti sulla via da imboccare a Roma - basti pensare alle differenze tra Tsipras e Orbàn - con il solo Gentiloni orientato a sposare il livello di ambizione di Juncker.

     

    La prima tappa decisiva per capire il futuro del presidente della Commissione sarà il faccia a faccia che avrà dopodomani a Berlino proprio con Angela Merkel. Se la Cancelliera gli chiederà di rinviare il Libro bianco a dopo Roma, rendendolo ininfluente, allora il lussemburghese sarà chiamato alla più difficile delle decisioni. Dimettersi, come sembra orientato in queste ore, o rimanere e combattere fino al 2019 con le mani libere, sentendosi svincolato dai governi e dando fondo al suo credo politico di federalista?

     

    theresa may theresa may

    A dettare la scelta di Juncker ci saranno anche le telefonate con gli altri leader – e la loro voglia di rilanciare davvero l’Europa - e le successive tappe di un mese cruciale per l’Unione. Si inizia con il Consiglio europeo del 9-10 marzo e poi, intorno al 13, è attesa la lettera con la quale Theresa May notificherà l’attivazione dell’articolo 50 del Trattato per dare via ai negoziati sulla Brexit. Infine la Dichiarazione di Roma del 25 marzo.

     

    Per Juncker ognuna di queste tappe sarà fondamentale per capire l’orientamento dei partner sul futuro e per verificare se nel negoziato con Londra resteranno uniti o, come teme, si lasceranno dividere dalle promesse di Theresa May, la cui strategia mirerà proprio a spaccare il fronte europeo. Se tutto dovesse volgere al peggio, come teme, probabilmente Juncker si rifiuterà di restare a Bruxelles per gestire il declino europeo.

     

    In caso di dimissioni - che verosimilmente saranno formalizzate solo dopo il vertice di Roma - il nuovo presidente della Commissione sarà nominato a maggioranza qualificata dai leader il 5 e 6 aprile, data di un vertice straordinario sulla Brexit. Al momento sono in corsa i vicepresidenti Katainen e Timmermans, con l’ex premier finlandese favorito perché gradito a Berlino e dato già in campagna elettorale (si racconta abbia preparato un proprio Libro bianco molto diverso da quello di Juncker).

    JIRKY KATAINEN JIRKY KATAINEN

     

    Katainen sarebbe un presidente meno politico, meno combattivo con i governi e più propenso ad applicare rigidamente le regole comunitarie e dell’eurozona, atteggiamento non certo sgradito al governo tedesco in piena campagna elettorale. E qui il futuro di Juncker si incrocia con quello dell’Italia: dopodomani la Commissione certificherà che in assenza della correzione di 3,4 miliardi Roma non ottempera alle regole sui conti, ma non affonderà il colpo ed eviterà di lanciare la procedura d’infrazione per il mancato rispetto della regola del debito.

     

    FRANS TIMMERMANS FRANS TIMMERMANS

    Sommando la fase di incertezza politica domestica a quella sul futuro della guida della Commissione, Juncker ha deciso di tracciare una mappa che giocando sui tempi tecnici previsti dalle regole europee porterà l’Italia indenne fino a maggio. Ma allora, quando ci sarà il redde rationem sui conti, a Bruxelles danno per certo che una Commissione guidata dal rigorista Katainen metterà immediatamente sotto tutela l’Italia e lancerà la procedura grazie ad una applicazione rigidissima delle regole.

    antonio tajani antonio tajani

     

    Tuttavia la battaglia tra Katainen e Timmermans non è scontata. L’olandese sarà appoggiato dai leader del Partito socialista europeo, indeboliti dalla parabola politica di Renzi e Hollande ma determinati a ottenere almeno una delle presidenze delle istituzioni Ue dopo che il Parlamento è andato ai popolari con Tajani. Nulla è ancora deciso, ma le dimissioni di Juncker sono pronte e poco conta che da premier le abbia minacciate nove volte in 19 anni: ora sembra stufo di fare da parafulmine delle reticenze dei governi. Tra un mese dunque l’Europa potrebbe essere molto diversa da quella di oggi. Resta da vedere in che verso.

     

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