Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport
ivan juric
Ivan Juric ha un’idea del paradiso fatta di tutte quelle cose per le quali un altro al posto suo si sentirebbe all’inferno. Descrizione sintetica di inferno ambientale: la protesta – insistita, ma civile – della Sud contro i Friedkin; l’ombra di De Rossi a pochi metri dalla panchina (lo segue anche in trasferta); il capitano Pellegrini ripetutamente fischiato dall’Olimpico; i flessori del miglior giocatore, Dybala, che ogni tanto (spesso) friggono.
E, a margine, un paio di rigori non dati, l’ultimo dei quali da due punti potenziali in più. Fatto un rapidissimo check, per completare il triste elenco mancherebbe giusto l’invasione delle locuste o degli ultracorpi. A Trigoria, naturalmente. Eppure… eppure Juric dice di sentirsi in paradiso.
«Io ti dico quello che ho trovato dentro. Sono consapevole di ciò che accade fuori, ma sono concentrato sul mio lavoro. Che è entusiasmante. La squadra ha margini di miglioramento pazzeschi, vedo ragazzi disposti al sacrificio. Le prestazioni sono in netta crescita, e questo è importante. A Trigoria le condizioni in cui mi muovo sono fantastiche, ho solo sensazioni positive. Sapendo che fuori la situazione è quella che è, bisogna accettare e andare avanti. Non mi sono mai trovato in una storia simile, ma neppure in una altrettanto bella. Chi ama il calcio qui si diverte...
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Sono sicuro che con i risultati le cose cambieranno anche all’esterno, nel calcio è sempre stato così. Negli ultimi anni la Roma ha fatto fatica in campionato, noi dobbiamo ottenere di più... Io sento l’amore della gente a ogni passo». Ivan ha una sorprendente proprietà di linguaggio e trasmette gioia: confesso che mi sembra di parlare con un altro Juric.
Non temi che la protesta abbia radici troppo profonde? Inoltre hai preso il posto di una figura importante nella storia della Roma, De Rossi cacciato dopo sole 4 partite.
«Non sono contaminato dalle negatività. Arrivo fresco e ti dico che stiamo alzando il livello del gioco, delle pressioni, abbiamo maggiore continuità nella partita. Le relazioni interne sono fantastiche, abbiamo un grande direttore, con lui c’è un’ottima comunicazione, condividiamo tante cose e vogliamo fare bene. Sono concentrato solo su questo, non posso entrare nel merito di altre faccende, non intendo neanche farlo. Mi interessa preparare la partita con l’Inter».
«Se andiamo a vedere il Torino dell’anno scorso, quello non aveva la cilindrata giusta per arrivare alla fine con gli stessi punti del Napoli. Qui il motore c’è, sia dietro sia in mezzo, penso a Koné e Pisilli che possiedono un grande talento. Anche in avanti ho tutti ragazzi che possono migliorare sui controlli, sulla posizione del corpo. Non è vero che non c’è cilindrata. Si può crescere lavorando di più sulla forza; si parla sempre di cilindrata, ma bisogna perfezionare il senso del gioco, la posizione, l’anticipo: è fondamentale, a volte anche più importante della cilindrata pura».
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Gasperini giorni fa ti descrisse così: «Ha un carattere spigoloso, ma è una persona estremamente onesta e leale».
«Sulla lucidità in determinati momenti e sulla calma come conquista sto lavorando, so di dover limare alcune asprezze che appartengono alla gente delle mie zone, la Dalmazia, io sono di Spalato. Gasp è quello che mi conosce meglio. Sono stato tanti anni con lui. Onestà e lealtà sono i princìpi cardine della mia esistenza, qualche caduta di stile l’ho avuta e l’ho pagata».
A quasi 50 anni si può realmente cambiare?
«È un tentativo che sto facendo. Quando a 27, ventotto anni mi ritrovai a lavorare con Gasp pensavo di sapere tutto del calcio e della vita e invece lui mi ha insegnato cosa sono davvero. Mi sento ancora sufficientemente giovane per tentare...».
Roma te ne offre l’occasione. La consideri un paradiso, fuori però c’è non dico l’inferno ma una sorte di purgatorio emotivo.
«Fuori, dentro. Dentro stiamo cercando di alzare il livello, con passione. È logico che io ti parli delle mie percezioni che, ripeto, sono estremamente positive».
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Sono sorpreso. Quasi stupito.
«Posso capirlo. Ma è così».
Sorpreso come quando a Elfsborg ti dichiarasti soddisfatto della prestazione e parlasti di crescita. Io la trovai una prova inaccettabile.
«In tutta sincerità quella sera volli vedere in azione tutta la rosa, capire su chi contare, il tempo non è tanto e per me è importante. Penso che abbiamo fatto tante cose buone. La sconfitta non è accettabile, ne sono consapevole, ma la squadra è riuscita a muoversi bene.
Siamo stati scadenti negli ultimi metri, con tante palle-gol sprecate, abbiamo preso solo una traversa. Il lato negativo sono state le ripartenze che abbiamo subìto. Un difetto che deriva dalle posizioni dei centrocampisti, ma sono cose che si possono aggiustare, ci posso lavorare. Ho visto una base buona, abbiamo creato tanto, abbiamo preso troppe ripartenze, dicevo, ma già a Monza abbiamo subìto molto meno in questo senso. Lavorare sulle preventive e sulle posizioni è fondamentale. I centrocampisti devono garantire un certo equilibrio».
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Ivan, a Pisilli che valore attribuisci?
«Ti innamori in poco tempo. È giovane, deve crescere, viene da una famiglia diciamo intellettuale, lui è un piccolo intellettuale, è calmo, sereno, ragiona; ha un talento che finora non avevo mai riscontrato in ragazzi così giovani. Ha primo controllo, percezione delle cose, tecnica. Se continua così, lavorando senza montarsi troppo, avrà una grande carriera».
«Pellegrini nelle ultime partite ha avuto 6-7 palle-gol. Cosa vuol dire? Che si muove da Dio, che sta bene, che corre tanto, che ha uno spirito fantastico e non si nasconde. Non ha fatto gol ed è un peccato. Ha avuto occasioni importanti, ha colpito una traversa. Lo vedo in allenamento, non si tira mai indietro. Può essere un momento negativo, il suo, anche in Nazionale ogni cosa che prova gli va storta. Ma lavorando come sta facendo, da capitano vero, arriverà a punto. Io vedo un giocatore a cui Spalletti dà la maglia numero 10. Sono convinto che si sbloccherà... Su Dybala... la prima partita è stata fantastica, anche il primo tempo con l’Athletic Club. Dopo l’Athletic ha avuto qualche problema. Con Mark (Sertori, head of performance, nda), che ha grande esperienza, e tutto lo staff, cerchiamo di recuperarlo al 100% e per sempre. Vogliamo evitare le ricadute e gestirlo bene, ci siamo presi dei giorni per farlo. Quando Paulo gioca è una meraviglia, dobbiamo metterlo a posto, non come negli anni passati, vogliamo trovare una continuità con lui, magari non giocherà tutte le partite, ma l’obiettivo è aggiustarlo dal punto di vista muscolare».
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I Friedkin almeno con te si fanno sentire?
«Sì, ci scambiamo messaggi. Per parte mia, lo ripeto, sono in paradiso. Condividiamo tutto, ho uno staff eccellente, nel recupero dei giocatori siamo a livelli top, abbiamo condizioni top. Ma poi questi ragazzi lavorano, non ho la sensazione che qui a Roma qualcuno faccia di meno. Lavorano forte, hanno tutti fame, vogliono cambiare la situazione, in quel senso là finora è tutto molto positivo».
Quando hai saputo dell’interessamento della Roma?
«È successo in un giorno, tutto molto veloce. Per me era una grande opportunità dopo 14 anni tra Primavera, B, C e otto stagioni in A».
Mi ripeto: tutti pensano che tu viva dentro un piccolo inferno e invece ti consideri in paradiso.
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«Per il mio carattere va anche bene tutto questo bordello: do il meglio di me, non mi piace la noia. Negli allenamenti e nelle partite le risposte sono positive. Giocatori che hanno posture sbagliate dopo due allenamenti mostrano quella corretta, imparano in fretta e mi sto divertendo. Ora bisogna mettere insieme dei risultati».
Non avverti un senso di precarietà?
«No, quello arriva da fuori, da dentro analizziamo bene le cose, so che l’ambiente è così, la pressione è questa, ma non mi tocca proprio. Io sento grandissima fiducia da parte di tutti».
“Bez muke nema nauke”, corretto?
«Senza fatica non c’è crescita».
Dall’inferno, che inferno non è, ma un potenziale paradiso che attende il ritorno degli angeli custodi from Arizona, è tutto.
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