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    KURT A NUDO! - DELIRI, URLA, PEZZI INEDITI E RUMORE: IL MONDO SCONOSCIUTO DEL LEADER DEI NIRVANA - UN COBAIN INTIMO E DISASTRATO, UN NAUFRAGO AGGRAPPATO A UNA CHITARRA PER NON ESSERE SOMMERSO DA UN OCEANO DI SOFFERENZA


     
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    Gino Castaldo per “la Repubblica”

     

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    Giusto? Sbagliato? Come reagire di fronte alle ripetute uscite di materiali privati, inediti rimasti nel cassetto, invisibili, anzi in questo caso inaudibili per chiunque non fosse nella stretta cerchia dell’artista? Se poi l’artista in questione si chiama Kurt Cobain, la vicenda è ancora più scottante.

     

    Già il documentario Montage of heck, di Brett Morgen, ci aveva restituito un ritratto folgorante e poco filtrato del geniale rocker, grazie all’accesso, concesso dalla famiglia, a materiali privati mai visti prima. Scene di vita casalinga miste a pezzi di concerto, chiacchiere, disegni, diari.

     

    Ma se il documentario ha stabilito uno standard per così dire particolarmente intimo (perfino criticato per aver mostrato scene così incredibilmente private della vita di Cobain), la versione discografica del progetto, ovvero Montage of heck: the home recordings (che sarà in vendita dal 13 novembre in doppia versione, standard con 13 pezzi e deluxe con 31 e che qui presentiamo in anteprima) con le sue storture, le distorsioni, i rumori, i parlati, sembra ancora più spudoratamente intima, una visita privata in quel riservato mondo che Cobain costruiva quando si trovava da solo davanti a un registratore domestico e provava, storpiava, rifaceva pezzi di musica, idee, una fotografia senza filtri dell’artista nel suo più riservato momento creativo.

    KURT COBAIN COVER ALBUM KURT COBAIN COVER ALBUM

     

    Giusto? Sbagliato? Difficile a dirsi, ma è praticamente impossibile rimanere insensibili di fronte a queste impudiche fotografie sonore di quel giovane dalla faccia d’angelo destinato suo malgrado, quasi per sbaglio, a diventare il recalcitrante eroe di un’intera generazione.

     

    I Nirvana apparvero all’improvviso, come un imprevisto ciclone intitolato

    Nevermind (1991) che riaccendeva passioni rock e portava alla massima espansione quel termine, “X generation”, inventato per definire quel sapore di nulla che colorava gli orizzonti sociali dopo il crollo di certezze e ottimismi seguito al baby boom degli anni Sessanta e Settanta.

     

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    Le musiche di Montage of heck raccontano com’era Kurt Cobain a casa, senza veli, senza tutto quello che poi nei passaggi successivi diventava dischi, spettacoli, apparizioni pubbliche, riaprendo vecchie ferite, risvegliando quel traumatico senso di perdita lasciato dopo l’insensato e folle suicidio, scoperto a Seattle l’8 aprile del 1994. Cobain aveva 27 anni, in linea con una fosca e maledetta tradizione che ha falciato alcuni tra i migliori protagonisti della rivoluzione del rock.

     

    Il materiale è spaventosamente grezzo, disperatamente autentico, come nel caso della versione originale di Sappy , un pezzo da culto che ha una storia molto singolare, e che in questa obliqua e sghemba raccolta possiamo ascoltare così com’era nata nella mente di Cobain. 

     

    Sappy è considerato uno dei classici mancati dei Nirvana con infiniti e mai soddisfacenti tentativi di metterla a punto, pur essendo stata scritta intorno al 1987 (il demo presente nel disco dovrebbe risalire a quel periodo) Cobain non era mai sodisfatto della resa in studio e fu scartata all’ultimo momento anche dalla scaletta di In utero , per essere pubblicata come traccia fantasma non accreditata in una compilation.

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    Il che non ha impedito ai fan di impadronirsi del pezzo, di amarlo perdutamente, al punto che veniva chiesto con insistenza ai concerti. Come accadde anche in Italia, nel febbraio del 1994 poco prima della scomparsa di Cobain. Il pubblico chiedeva a gran voce Sappy e Krist Novoselic, il bassista dei Nirvana, chiese al pubblico dove l’avessero sentita, come facessero a conoscerla.

     

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    In Montage of heck c’è la scarna, essenziale versione originale del pezzo, particolarmente emozionante. Altre chicche, una The yodel song dove Cobain gioca con liberi deliri vocali, vecchie demo di rarità come Been a son o Clean up before she comes , Scoff , e un fantastico medley di tre pezzi che termina con la prima originale versione di Something in the way . Più puri esperimenti di rumore elettrico, montaggi bizzarri, un lungo monologo finale di voce e chitarra intitolato Do Re Mi .

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    Nelle registrazioni lo ascoltiamo mentre distorce la sua chitarra, delira, urla, canta, racconta, gioca con una cover dei Beatles, And I love her , mette giù frammenti di pezzi che in qualche caso sono diventati brani ufficiali dei Nirvana, compone collage sonori col suo quattro piste. Ed è lui, lui solo, intimo e disastrato, un naufrago aggrappato a una chitarra per non essere sommerso da un oceano di sofferenza.

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