Estratto dell’articolo di Antonio Mancinelli per “La Stampa – Specchio”
oprah winfrey a fiuggi
Nel 2005, una signora di colore, dopo essere sbarcata da un volo intercontinentale dall'America a Parigi volle entrare nella boutique di Hermès, poco dopo l'orario di chiusura. Un commesso in quella donna nera malvestita vide solo una seccatrice a cui dire che era tutto «fermé», malgrado vi fossero ancora molti acquirenti all'interno, visibili dalla strada.
Lei era Oprah Winfrey, una delle giornaliste e imprenditrici più potenti degli Stati Uniti. Lui non l'aveva riconosciuta. L'episodio fu una catastrofe per le relazioni pubbliche del marchio e scatenò varie speculazioni sulle motivazioni dell'addetto alle vendite: poteva essere maleducazione. Poteva essere razzismo. Poteva essere un mix complicato di tutte queste cose.
Il fatto è poi che esistono persone talmente ricche e/o famose che, potendosi permettere di comprare tutta la merce di un negozio di lusso, si concedono il lusso di entrarci sembrando degli scappati di casa, per dimostrare superiorità: non ci si veste per far colpo perché non si ha bisogno di far colpo.
Richard Thompson Ford
Ma è un codice che va decrittato, prescrittivo tanto quanto – se non di più – di quel galateo a cui soggiacevano le nostre nonne che, pur non abbienti, avevano il vestito adatto per quella determinata occasione.
Il simpatico aneddoto viene riportato da uno dei libri più interessanti in circolazione negli ultimi tempi sui rapporti tra abiti, società, addirittura giurisprudenza: Dress Code (il Saggiatore) di Richard Thompson Ford, con la frizzante traduzione di Valeria Lucia Gili. L'autore, professore di Legge alla Stanford Law School, ha scritto testi di diritto su questioni sociali, culturali ed essendo afroamericano, anche razziali e collabora con teste prestigiose come il New York Times e la CNN. […]
DRESS CODE - Richard Thompson Ford
Dress Code usa i codici del vestire come stele di Rosetta grazie a cui identificare quattro interessi alla base degli sviluppi della moda: status, sesso, potere e personalità. E dunque, sì: i codici esistono ancora, anche se più sofisticati da decifrare. La capacità degli abiti di trasformare visualmente il corpo dà all'abbigliamento l'autorità dell'illusione: i nostri abiti non sono un'affermazione da analizzare e valutare, sono una dimostrazione che persuade a livello subconscio, prima che ci si possa riflettere su.
[…] La moda, però, è malleabile. E Ford sostiene con eleganza che, poiché è viva, ha la capacità di evolversi. Chi è disposto a trasgredire i regolamenti stabiliti induce le regole a cambiare. Costringe il potere a passare di mano. O almeno, nel tempo, a essere condiviso.
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