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Goran Hansson con i membri del comitato
No all’introduzione di quote etniche e di genere, sì al riconoscimento del merito. Göran Hansson, segretario generale dell’Accademia Reale Svedese delle Scienze, ha messo in chiaro che la selezione dei candidati al Premio Nobel non prenderà in considerazione né l’etnia né il sesso degli studiosi ma valuterà solo ed esclusivamente le abilità e i risultati dimostrati nel loro settore. Continuando a dare priorità alla competenza ed escludendo tutti quei fattori che esulano dall’analisi del profilo professionale.
Maria Ressa
Dal 1901, anno dell’istituzione, sono state solo 59 (circa il 6.2 per cento del totale) le donne vincitrici. La prima è stata Marie Curie (che lo ha addirittura ricevuto per ben due volte, nel 1903 per la fisica e nel 1911 per la chimica), l’ultima, invece, la giornalista investigativa filippina Maria Ressa. Che, quest’anno, ha condiviso il Nobel per la Pace con il collega russo Dmitry Muratov, caporedattore del quotidiano Novaya Gazeta.
pierre e marie curie 3
Ressa è stata l’unica figura femminile in un parterre di 12 uomini premiati. Pur constatando il gap, in un’intervista con France-Presse, Hansson ha difeso i metodi dell’organizzazione e ha spiegato i motivi dietro al rifiuto di aggiornarli: «Non è piacevole notare così poche donne nella lista e credo che questa situazione non sia altro che lo specchio delle ingiustizie che si sono susseguite in passato nella società e che, purtroppo, continuano ad esistere. C’è ancora parecchio da fare», ha dichiarato.
«Tuttavia, abbiamo deciso che non inseriremo quote rosa né etniche. Chi riceve l’onorificenza lo fa perché ha lavorato a un progetto che potrebbe avere un impatto non indifferente sull’umanità e non per la sua provenienza o perché uomo o donna. Questo era il volere di Alfred Nobel e intendiamo rispettarlo».
pierre e marie curie 2
Ovviamente, l’Accademia continuerà ad assicurarsi di dare una chance a scienziate e studiose meritevoli, incoraggiandone la candidatura e vagliandone il lavoro al pari di quello dei colleghi uomini. «Siamo consapevoli del problema e, soprattutto, dei pregiudizi inconsci che spesso influiscono sui parametri di attribuzione. Stiamo lavorando duro per arginarli e operare nel modo più imparziale possibile».
Per quanto, negli ultimi tempi, il lavoro delle donne, soprattutto nelle scienze, venga tenuto più in considerazione rispetto a dieci anni fa, il trend ha un ritmo di crescita molto lento. «Oggi, tra Europa occidentale e Nord America, le docenti di scienze naturali occupano a malapena il 10 per cento delle cattedre, numero che decresce sensibilmente se ci si sposta in Asia orientale», ha sottolineato Hansson.
grazia deledda
«Il cambiamento non dipende soltanto da noi che analizziamo il portfolio e decidiamo se candidare o meno qualcuno ma dalla realtà che ci circonda, che deve aiutarci con input positivi e che guardino, su tutto, alla preparazione accademica». La questione dell’introduzione delle quote di genere nell’assegnazione del premio, che si ripresenta puntuale ogni anno nel corso delle riunioni preparatorie alla cerimonia: «Ne abbiamo parlato e abbiamo capito che non funzionerebbe. La microbiologa Emmanuelle Charpentier, la chimica Jennifer Doudna o l’economista Esther Duflo sono state premiate per i loro lodevoli sforzi e perché reputate le migliori in assoluto, non perché donne», ha aggiunto il segretario. «Continueremo sulla stessa strada di sempre. Ci assicureremo di coinvolgere chi merita, tanto nella parte organizzativa quanto tra i partecipanti. Non faremmo mai un torto alla preparazione».
Doris Lessing con il nobel
Non sono mancate le proteste e le critiche al vetriolo. Come quelle della fisica neozelandese Laurie Winkless che, su Twitter, ha espresso il suo disappunto senza filtri. «Dispiaciuta ma non stupita dal fatto che l’Accademia non abbia rinunciato alle sue visioni anacronistiche».