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    L’ADDIO A ILARY, LA PACE CON SPALLETTI, MOURINHO E IL MESSAGGIO A FRIEDKIN, FRANCESCO TOTTI A TUTTO CAMPO IN UNA INTERVISTA A WALTER VELTRONI – “SPALLETTI FU UNICO. NELLA FASE FINALE ANCHE IO HO FATTO DEGLI ERRORI. SE TORNASSIMO INDIETRO, NON ENTREREMMO PIÙ IN CONFLITTO” – "NON HO ACCETTATO IL DISTACCO DAL CALCIO. QUANDO NON SERVI PIÙ NON C’È PIÙ RISPETTO. SE MALDINI, DEL PIERO, BAGGIO, IO SIAMO FUORI DAL CALCIO SIGNIFICHERÀ QUALCOSA, NO?" - "MI PIACEREBBE TORNARE ALLA ROMA CON UN RUOLO DEFINITO E LAVORARE CON MOURINHO” – LA LITE PANUCCI-SPALLETTI E CONTI CHE "A MOMENTI MUORE". E SU ILARY…


     
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    Walter Veltroni per il Corriere della Sera - Estratti

     

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    Francesco Totti, tu sei stato un leggendario numero dieci. Ti dispiace sia un genere in via d’estinzione?

    «Sono spariti perché ora è un altro calcio. È un’altra visione, un altro modo di giocare. Ora prevale il fisico sulla tecnica. Nel tempo in cui giocavo io c’erano sempre, in ogni squadra in Italia o all’estero, uno o due giocatori di altissimo livello. C’erano uno o due numeri dieci potenziali. Insieme facevano il numero venti. Saremo stati fortunati, ma il calcio era più bello».

    (…)

     

    Oggi vedi un numero dieci nel calcio mondiale?

    «No, non esiste più. Si è estinto, quel ruolo. E infatti non trovo una squadra che mi entusiasmi. Ma ti ricordi il Real Madrid, il Barcellona, il Liverpool, l’Inter del triplete...».

     

    (...)

    Sono spariti i liberi e i numeri dieci, c’è meno pensiero nel football?

    totti spalletti totti spalletti

    «Erano i numeri e i ruoli più belli. Chissà, forse anche io avrei dovuto fare come Di Bartolomei o come Beckenbauer. Avrei potuto rinunciare a fare gol e mettermi dietro a impostare il gioco. Ma mi piaceva troppo segnare. E Spalletti, nell’ultima fase, mi ha consentito di spostarmi più avanti per farlo e raggiungere il mio record. Alla mia età — premesso che se fosse per me giocherei ancora — o vai più indietro, in campo, o più avanti».

    Con quali allenatori ti sei trovato meglio?

    «Per primo Mazzone, che ricordo con grande affetto. Poi Zeman e il primo Spalletti. Lo devo dire. È la verità».

     

    Spalletti. Ha dimostrato, di nuovo, di essere un grande allenatore. Vuoi dire qualcosa che chiuda la polemica tra voi?

    totti spalletti totti spalletti

    «Se lo incontrassi lo saluterei con affetto, mi farebbe piacere. Credo che tra noi ci sia un profondo legame. Anche perché quello che abbiamo passato insieme, quando arrivò da Udine, è per me, nella mia vita, qualcosa di irripetibile. Sia in campo che nel quotidiano. Io uscivo una o due volte a settimana con lui a cena.

     

    Luciano era una persona piacevole, divertente, sincera. Nella fase finale il nostro rapporto è stato condizionato dall’esterno, specie dai dirigenti o consulenti della società, e non ci siamo più capiti. Anche io ho fatto degli errori, ci mancherebbe. Credo che tutti e due, se tornassimo indietro, non entreremmo più in conflitto».

     

    Come vedi la Nazionale?

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    «Conoscendo lui, che è uno degli allenatori più bravi, se non il più bravo in Italia, sapevo che avrebbe impresso una svolta. La squadra sa come stare in campo, si vede che giocano più liberi, che si divertono. I risultati verranno, è comunque una fase difficile per il calcio italiano. Spero solo che riusciremo a qualificarci per Europei e Mondiali. Otto anni senza partecipare ai campionati del mondo sono stati duri, per chi ama il calcio».

     

    I dieci e i nove e mezzo di cui parla Platini. Tu?

    «Io ero un falso nove. No, in verità ero un misto. Non ho mai fatto la prima punta. L’intuizione di Spalletti è stata quella di inventare, con il mio ruolo, una figura di calciatore moderno. Un numero nove che diventava la fonte del gioco dalla trequarti in avanti. Avevo doti fisiche, andavo incontro alla palla e aprivo per Mancini, Perrotta, Taddei. Oppure, davanti alla porta, riuscivo a tirare e segnare. Ero imprevedibile. Per le mie caratteristiche tecniche, ma anche per il ruolo che Luciano si inventò. Forse sono stato un prototipo di numero dieci moderno».

     

    Quanto è pesata la morte di tuo padre? Ora sono tre anni.

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    «Tanto, era il mio punto di riferimento, era il fulcro della mia vita. Mi mancano il suo sorriso, lo sguardo, la sicurezza che era capace di darmi. Anche oggi, se lo vedessi solo dieci secondi al giorno, mi basterebbe per stare meglio. Pure se non ci dicevamo una parola, ci capivamo. Lui parlava poco. Io peggio di lui. Ma quei silenzi erano pieni. Lui veniva la mattina a Trigoria, portava cornetti, pizza per tutti. Magari non ci incontravamo, ma sapere che c’era mi dava serenità».

     

    Del calcio cosa ti manca?

    «Tutto. Il ritiro, lo spogliatoio, la maglietta, la sala massaggi. Cavolate? No, erano la mia vita. Mi manca il bar e il caffè con i compagni di squadra, il viaggio in pullman da Trigoria allo stadio. Mi manca la routine che ha fatto la mia vita per decenni. Quando è finita le giornate si sono svuotate. Dopo mi sono sentito solo. Ma ci sta. Finiva una cosa che mi piaceva, che era la mia vita. Io però non pensavo che mi facesse così male smettere quella vita programmata, quella passione che nella mia mente avrei potuto continuare a vivere. Non ho accettato il distacco dal calcio».

    francesco totti ilary blasi francesco totti ilary blasi

     

    E il modo in cui la Roma ti ha trattato?

    «Io ho passato trent’anni nella Roma. Ho portato rispetto a tutti, rinunciato ad altri ingaggi senza farlo pesare. Ho detto no al Real e altri perché volevo quella maglia, solo quella maglia giallorossa che è stampata dentro di me. Il modo in cui è finita la mia storia con la Roma, sì, mi è dispiaciuto. La verità è che quando nel calcio non servi più non c’è più rispetto. Se Maldini, Del Piero, Baggio, io siamo fuori dal calcio significherà qualcosa, no?»

     

    Mourinho ha detto che ti avrebbe voluto nella Roma. Ti piacerebbe?

    «Certo che, con un ruolo definito, mi piacerebbe, per le ragioni che ho detto prima. E mi piacerebbe con Mourinho, è il numero uno, lo stimo molto. Mi dispiace non essere stato allenato da lui, nella mia carriera. Ma non voglio tornarci su. Non voglio chiedere. Alla Roma sanno che se hanno bisogno di me, per cose serie, mi fa piacere dare una mano. Altrimenti, amici come prima».

     

    Il distacco da Ilary. Eravate una coppia molto bella.

    «Noi due abbiamo passato venti anni insieme, con tanti momenti molto belli. Ora vorrei solo che trovassimo un equilibrio tra noi capace di proteggere i ragazzi che sono la più grande ragione, per ambedue, di amore. So che non è facile, ma quello che c’è stato tra noi, per tanti anni, è stato importante. Se troviamo questo equilibrio noi due, i ragazzi staranno bene e si sentiranno protetti».

    totti e ilary totti e ilary

     

    La scelta di Mancini? E quella di ragazzi di venticinque anni che vanno a giocare nei Paesi arabi?

    «Ha sbagliato tempi e modi. È una sua decisione e va rispettata. Poi vai a capire le dinamiche interne tra lui e la Federazione. La differenza tra i nostri venti anni e questi sta tutta nei soldi. Ma in fondo se tu non sei tifoso della squadra di cui indossi la maglietta cosa ti dovrebbe impedire di accettare la migliore offerta? È un calcio senza sentimenti, con giocatori sempre con la valigia in mano. È tutto freddo, portano le cuffiette invece di parlarsi, nello spogliatoio.

     

    Noi quando arrivavamo al derby da quindici giorni prima pensavamo a quello che dovevamo fare: le magliette da mostrare se vincevi, il modo più elegante per incassare una sconfitta... E lo stesso facevano i laziali. Per me e per Nesta, che eravamo amici, era un’occasione per gli stessi sfottò che circolavano in città. Questo clima ti creava un’adrenalina dentro... Quando scendevi in campo, avevi voglia di spaccare il mondo. Ora cosa vuoi che gliene freghi del derby...».

     

    Cosa è stata per te la maglietta giallorossa?

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    «Tutto. Passione, amore, paura, divertimento, emozione. Era il mio sogno da bambino. La mia vita è stata fortunata. Devo solo onorarla e ringraziarla. Ci ho messo del mio. Ma non sempre basta».

    Se tu incontrassi te stesso bambino, c’è un errore che gli diresti di non fare?

    «No, gli errori servono. Ti fanno crescere, ti aiutano a non farli più. Io mi rimprovero lo sputo a Poulsen che, nonostante le immagini televisive, per me non è successo. Non posso immaginare di avere sputato a una persona, è la cosa più assurda e più lontana dal mio modo di intendere il calcio e la vita».

     

    Lippi quanto è stato importante per te?

    «Quando arrivava Lippi stavi sull’attenti. Con lui ho avuto un rapporto speciale. Lui mi ha portato per mano ai Mondiali. Quando venne in clinica, dopo l’incidente che poteva compromettere la mia partecipazione, io non ci credevo, mi prese un colpo. E poi mi ha seguito, veniva a Trigoria, telefonava. È lui che mi ha dato la forza e la possibilità di vivere uno dei due giorni più importanti della mia vita da calciatore: il Mondiale del 2006».

     

    L’altro credo di saperlo...

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    «Lo scudetto del 2001. Eravamo una squadra fantastica e la città impazzì. Dei giorni indimenticabili».

    Cosa pensi dello scandalo delle scommesse?

    «Non voglio dare giudizi moralistici. Ma ci sono regole, come quella di non giocare sulle partite di calcio, e quelle vanno sempre rispettate. Aggiungo che i ragazzi più giovani vanno tutelati e bisogna stargli vicino perché non si rovinino».

     

    Esiste la depressione nel calcio. Tu stesso hai mai rischiato?

    «Come la riconosci? Io non credo che abbia mai fatto parte di me. Può darsi che l’abbia avuta, ma non l’ho individuata. So di miei colleghi che l’hanno vissuta. Ma credo ci sia ovunque, in questo tempo».

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    È ormai tutto in prescrizione. Ti ricordi una gigantesca litigata nello spogliatoio?

    «Una volta un litigio tra Panucci e Spalletti. Due tipi che prendono fuoco facilmente. Cominciano a discutere nel campo, poi appena finita la partita tutti a correre per evitare che si menino. Si sono affrontati nello spogliatoio e per separarli si è messo in mezzo Bruno Conti, che è piccolo piccolo. A Bruno, nel trambusto, è andata di traverso una crostatina che stava mangiando. Manca poco muore».

    francesco totti francesco totti

     

    Cosa speri per il tuo futuro?

    «Il mio sogno è di realizzare un altro sogno. Prima ne avevo uno, e sono riuscito a trasformarlo in realtà. Vorrei averne un altro, lo sto cercando. Ora vorrei solo vivere la vita con più serenità e tranquillità, dopo tutti i problemi che ci sono stati».

     

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