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    "AIRBNB" SE NE INFISCHIA DEL FISCO – L'AGENZIA DELLE ENTRATE HA CHIESTO ALLA  PIATTAFORMA PER AFFITTI BREVI DI VERSARE 500 MILIONI DI EURO ALLE CASSE DELLO STATO ITALIANO. SI TRATTA DELLA CIFRA PIÙ ALTA MAI CHIESTA A UNA BIG TECH DOPO I QUASI 900 MILIONI DI IVA CONTESTATI A MARK ZUCKERBERG (CHE ANCORA NON HA VERSATO. QUANDO VIENE A MENARSI CON MUSK IN ITALIA POTREBBE LASCIARE UN ASSEGNO)


     
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    Estratto dell’articolo di Giuliano Balestreri per “la Stampa"

     

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    Airbnb finisce nel mirino del fisco italiano che ha contestato alla piattaforma di affitti brevi un mancato versamento di tasse per 500 milioni di euro. La cifra più alta mai chiesta a un compagnia internet dopo gli 870 milioni di Iva contestati a inizio anno al gruppo Meta: il colosso che controlla Facebook, Whatsapp e Instagram. Secondo gli inquirenti, Meta non ha versato l'Iva dovuta.

     

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    […] La situazione di Airbnb, anticipata dal Sole 24 Ore, però, pare più complessa. Una norma del 2017 impone alle piattaforme web – come Booking e la stessa Airbnb - di agire da sostituti di imposta trattenendo direttamente il 21% sugli affitti incassati dagli host.

    Una norma alla quale il gruppo si è sempre opposto. Sostenendo, peraltro, che la legge fosse in contrasto con il diritto europeo.

     

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    Una posizione – almeno in parte – smentita dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea che in una sentenza dello scorso dicembre ha respinto il ricorso di Airbnb sul regime fiscale italiano sostenendo che la legge può chiedere di raccogliere informazioni e dati sulle locazioni effettuate, e soprattutto di applicare la ritenuta d'imposta alla fonte prevista dal regime fiscale nazionale.

     

    Motivo per cui la stessa Agenzia delle Entrate conferma di aver avviato da tempo i colloqui con Airbnb per stabilire in che misura dovrà essere saldata la ritenuta d'acconto.

    A dicembre la società aveva spiegato di aver "sempre inteso prestare massima collaborazione in materia fiscale e supporta il corretto pagamento delle imposte degli host applicando il quadro europeo di riferimento sulla rendicontazione.

     

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    L'azienda non è dotata di un rappresentante fiscale in Italia che possa svolgere da sostituto d'imposta. La Corte di giustizia dell'Unione Europea ha chiarito che l'obbligo di designare un rappresentante fiscale in Italia è in contrasto con il diritto europeo. In attesa della decisione finale da parte del Consiglio di Stato, continueremo ad implementare la direttiva Ue in materia". L'Italia però ha rotto gli indugi e ha avanzato la propria richiesta. […]

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