1. UN GIUDIZIO CHE SCONTENTA TUTTE LE PARTI
Estratto dell’articolo di Giordano Stabile per “La Stampa”
benjamin netanyahu
I palestinesi sono delusi dalla mancata richiesta di un cessate il fuoco immediato. Israele è scioccata da una sorta di rinvio a giudizio per un "possibile genocidio", parola che mai avrebbe voluta accostata allo Stato ebraico. Le decisioni prese dai giudici alla fine hanno scontentato le due parti ma le implicazioni sono più gravi per il governo di Benjamin Netanyahu, che pure incassa la netta condanna delle azioni di Hamas, con l'ingiunzione di rilasciare gli ostaggi.
Se davvero lo spargimento di sangue a Gaza possa configurarsi come un genocidio, la Corte lo stabilirà molto più avanti. Ma quello che conta è che abbia considerato pertinente l'allarme lanciato dal Sudafrica.
Joan Donoghue
La Corte considera che la popolazione nella Striscia costituisce un gruppo protetto dalla Convenzione del 1948 e quindi bisogna prendere provvedimenti urgenti […]. La presidente americana della Corte, Joan Donoghue, ha letto e sottolineato la definizione di genocidio, «insieme di atti che mirano a distruggere del tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso». Questo ha implicazioni anche per gli alleati di Israele. […]
Ma Donoghue ha anche citato numerose dichiarazioni dei vertici politici e militari israeliani, a cominciare dal ministro della Difesa Yoav Gallant che definiva i militanti palestinesi «animali sotto sembianze umane», discorsi considerati «disumanizzanti» e quindi iscrivibili nell'incitazione al genocidio.
Aharon Barak
Su questo punto ha votato a favore anche il giudice israeliano Aharon Barak, come pure sulle misure a protezione dei civili. La sua scelta va al cuore della questione per quanto riguarda lo Stato ebraico. E che cioè la strada intrapresa da Benjamin Netanyahu nel corso della sua trentennale carriera, e sintetizzata nella frase detta a Joe Biden, «finché io sarò premier non nascerà uno Stato palestinese», comporta quel rischio.
Innescato, certo, dal terribile massacro compiuto da Hamas il 7 ottobre. Ma che non si sarebbe concretizzato se il percorso cominciato a Oslo fosse andato avanti. E certo il giudice Barak non aveva intenzione di oltraggiare il Giorno della Memoria. Ha 87 anni ed è egli stesso un sopravvissuto alla Shoah.
2. LA CORTE DI MEZZO
attacco di hamas del 7 ottobre 5
Estratto dell’articolo di Micol Flammini per “il Foglio”
[…] Nessuna sorpresa, il caso contro Israele sul genocidio va avanti, ci vorranno anni per deliberare, Pretoria ha accettato di presentarsi come braccio legale di Hamas, non rappresentata all’Aia in quanto organizzazione terroristica, ma in grado di contare su non pochi alleati. Tuttavia il Sudafrica non ha ottenuto quello per cui aveva aperto il caso: il cessate il fuoco.
Un ordine di cessate il fuoco arrivato dall’Aia avrebbe messo Israele in una posizione ancora più difficile: non avendo l’obbligo di rispettare l’ingiunzione, avrebbe potuto andare avanti, ma a costo di vedere crescere a dismisura le accuse. Se invece Israele avesse obbedito all’Aia, avrebbe smesso di combattere, rimanendo senza mezzi negoziali per vedere tornare indietro gli oltre centotrenta ostaggi che sono detenuti da Hamas nella Striscia.
attacco di hamas del 7 ottobre 3
A loro la Corte ha riservato parole confuse, ne ha chiesto la liberazione incondizionata: ma a chi l’ha chiesto visto che Hamas non riconosce l’Aia? L’organizzazione terroristica non è stata neppure mai nominata, ma questo non ha sorpreso esperti di diritto come Baker: il caso era tra Sudafrica e Israele, si fa finta che Hamas non esista. La finzione inizia da lì.
Lo stato ebraico non è stato fermato per vie legali, ma l’accusa di genocidio resta, tuttavia la Corte non ha parlato neppure di proporzionalità, riguardo all’uso della forza che finora ha causato più di venticinquemila morti secondo un numero fornito dal ministero della Sanità di Gaza gestito da Hamas, ma ritenuto attendibile.
attacco di hamas del 7 ottobre 2
I legali sudafricani hanno detto che la decisione è stata la vittoria del diritto internazionale e di fatto porta a un cessate il fuoco: “Come fate a portare acqua e cibo senza il cessate il fuoco?”, ha detto il ministro degli Esteri di Pretoria. Israele ha risposto che continuerà a impegnarsi per fornire aiuti e ha festeggiato che “il vile tentativo di negare” il diritto di difendersi “è stato giustamente respinto”. All’Aia non ha vinto nessuno, Israele rimane imputato, ma imporgli di fermarsi adesso che la diplomazia americana cerca di arrivare a un accordo per il rilascio degli ostaggi avrebbe voluto dire sabotarlo. E la Corte non poteva spingersi a tanto.
NOA ARGAMANI RAPITA IL 7 OTTOBRE attacco di hamas del 7 ottobre 4