Bruna Magi per “Libero quotidiano”
sbronzi di edward slingerland
La storia delle nazioni potrebbe anche essere collegata a sostanziose bevute. Non è una battuta, lo scoprirete leggendo Sbronzi, sottotitolo Come abbiamo bevuto, danzato e barcollato sulla strada della civiltá (Utet editore, pag.398, euro 26), di Edward Slingerland, docente di filosofia all'Università della Columbia britannica. Sostiene l'autore che l'inclinazione all'ebbrezza non è un errore evolutivo, anzi ci ha permesso di affrontare le sfide: migliora la creatività, allevialo stress, aiuta a costruire la fiducia, e ha compiuto il miracolo di far cooperare tra loro le tribù primitive.
Giocando un ruolo cruciale nella formazione delle prime società. Ragion per cui ci invita al divertimento e all'abbandono dionisiaco, parte da Tacito e arriva a Federico il Grande di Prussia, che aveva scoperto come le sue truppe fossero più coese e intraprendenti se bevevano birra invece del caffè, e passa per George Washington e Lord Byron, arrivando alle whiskey room di Google.
george washington
I resti di quelli che sembrano tini, con immagini di feste e danze, rinvenuti nella Turchia orientale e risalenti forse a 12000 anni fa, fanno pensare che gli uomini si riunissero per fermentare cereali e uva, fare musica e prendersi sbronze colossali «perché il desiderio di raggiungere uno stato mentale alterato affonda le sue radici negli albori della civiltà».
HOMO IMBIBENS
Si sostiene che i primi agricoltori fossero spinti dal desiderio di produrre birra, prima di inventarsi di come fare il pane, ragion per cui l'archeologo Patrick Mc Govern ha suggerito che la nostra specie andrebbe chiamata Homo imbibens: «Le immagini di persone che bevono o gozzovigliano dominano tanto i reperti archeologici più antichi, quanto le gallerie di Instagram del XXI secolo».
illustrazione di dionisio
Ma già gli antichi invitavano alla moderazione, Eubulo, saggio politico ateniese, aveva posto le regole: «Tre coppe di vino, non di più, stabilisco per i bevitori assennati. La prima per la salute. La seconda per risvegliare l'amore e il piacere. La terza per conciliare il sonno. Bevuta quest' ultima, i saggi convitati prendono la strada di casa. La quarta non è più nostra, e appartiene alla hybris (la tracotanza, ndr). La quinta agli schiamazzi. La sesta alla bisboccia. La settima agli occhi pesti. L'ottava alle denunce, la nona alla bile. Alla decima si è perso il senno, e si diventa bestie».
coppa per bevande alcoliche degli inca
A parte gli eccessi, non c'è alcun dubbio che l'alcol aiuti a vivere, di fronte ai dolori e ai guai della vita si consiglia «bevi qualcosa di forte», lo sapevano bene i personaggi di Tolstoj, che bevendo cercavano di sfuggire alla propria coscienza, e nell'antichità lo testimonia un inno dedicato alla dea sumera della birra: «Hai versato una libagione sul mattone del destino...bevendo birra, con umore beato, bevendo liquore, sentendosi inebriato, con gioia nel cuore e un fegato felice» (anche se sul benessere del fegato noi qualche dubbio lo nutriamo).
E i poeti condividevano questa teoria ad ogni latitudine. Diceva il lirico greco Alceo: «La migliore di tutte le difese è mescolare molti vini. E bere». E il cinese Tao Yuanming rilanciava: «Innumerevoli tribolazioni si susseguono. Vivere non è forse estenuante? Come posso soddisfare le mie emozioni? Lasciate che mi goda un po' di vino torbido».
IL PRANZO DI BABETTE
stephane audran il pranzo di babette
Proseguendo nel tempo, l'autore cita un delizioso film del 1987, Il pranzo di Babette, dove una cuoca francese, fuggita dalla Rivoluzione arriva in un paesino danese nel quale i rapporti sociali si stanno sfaldando, e lo ricompatta allestendo un pranzo favoloso, soprattutto innaffiato da vini di pregio.
Così la tensione si allenta e le vecchie amicizie si rinsaldano. Sentenzia l'autore: «Ci sono molti modi in cui gli uomini possono aspirare a una coscienza collettiva, ma l'alcool è certamente il più rapido». E che dire del proverbio in vino veritas? Ancora Tacito, ci fa sapere come tra le tribù germaniche «qualsiasi decisione politica o militare doveva passare attraverso le forche caudine dell'opinione comune, debitamente innaffiata dall'alcool».
platone
Lui trovava l'usanza barbara e detestabile ma sia i greci che i suoi connazionali romani condividevano, il nesso tra sincerità e ubriachezza era dato per scontato. E anche il collegamento tra il fluire dell'oratoria e il bere. Platone, nel suo Simposio cita un proverbio secondo il quale il vino e i fanciulli sono i soli a dire la verità. Le persone sobrie sarebbero fredde e calcolatrici, riflettono prima di parlare e sono attente a quello che dicono. Infatti, ma non esageriamo: la mamma ci diceva che prima di parlare è comunque saggio contare fino a dieci
lord byron alcolici il violinista con bicchiere di vino gherardo delle notti