Maria Teresa Martinengo per “la Stampa”
VOLONTARIATO COVID
«Un periodo di riposo è necessario per tutti i volontari perché sono stremati. In autunno, se finirà la cassa integrazione e se non prorogheranno il blocco degli sfratti, aumenteranno le richieste di sostegno, di accompagnamento e di generi alimentari. Difficoltà potrebbero venire dalle richieste di Green Pass per dormitori e mense: molte persone che vivono in strada, fragili, non vogliono vaccinarsi. Per tutte queste ragioni è necessario evitare il burnout dei volontari».
VOLONTARIATO COVID
Pierluigi Dovis, direttore della Caritas diocesana, guarda oltre le mense in gran parte oggi chiuse (a rotazione), oltre i centri di ascolto delle parrocchie ad orario ridotto. È l'estate del secondo anno di pandemia, tempo che segna un prima e un dopo nel mondo del volontariato.
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«Siamo meno numerosi rispetto al pre-pandemia per ovvie ragioni: una quota consistente di volontari avanti negli anni - racconta Dovis - ha dovuto fermarsi o limitare il servizio diretto. Spesso sono stati i famigliari a chiedere loro di farlo per timore del contagio perché c'è l'idea che chi è in stato di deprivazione faccia meno attenzione alla salute. Chi è rimasto - abbiamo perso il 40% di persone o di tempo dedicato rispetto a prima - si è sobbarcato uno stress non indifferente».
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L'osservatorio del direttore della Caritas abbraccia un panorama ampio. «Nei lockdown abbiamo avuto una grande disponibilità dai giovani soprattutto per la distribuzione di alimenti, così come l'ha avuta la Croce Rossa per il pronto soccorso. I numeri sono scesi nel servizio di accompagnamento, spesso gestito da volontari anziani: nei centri di ascolto, nei centri diurni, nelle accoglienze».
le mense della caritas
Ma la pandemia ha anche spinto una parte delle persone a prendere confidenza con le tecnologie e a svolgere a distanza attività di indirizzo, di ricerca lavoro. «In quel frangente la motivazione è stata capace di smuovere quella che per gli anziani pareva una montagna insormontabile. Chi ha dovuto lasciare ha vissuto un travaglio interiore, ha dovuto rinunciare a una parte della propria esistenza, della propria identità», dice il direttore della Caritas. Che non nasconde la preoccupazione per i prossimi mesi.
volontari caritas
«Ci sarà molto da fare e non so come andranno le cose soprattutto, quando si chiarirà che forse due dosi di vaccino non sono sufficienti per garantire la salute. Al Centro diocesano le Due Tuniche, poi, siamo fuori dalla media. Il lavoro è raddoppiato e viene fatto dal 30% dei volontari». In un altro osservatorio, quello dei Gruppi di Volontariato Vincenziano, suor Angela Pozzoli ha appena firmato una lettera ai volontari: «Ho scritto che non si può andare avanti come prima. La pandemia non è finita, le cose - sottolinea - sono cambiate e le persone devono capire se continuare: appartenenza significa formazione, presenza e fedeltà ai principi essenziali della carità, che si sia credenti o no».
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Cita due esempi positivi. «Il gruppo di via Fontanella, vicino alla chiesa della Salute, che non ha mai lasciato soli gli anziani e appena possibile li ha incontrati a gruppetti nei bar, poi in una cena. L'atmosfera era bellissima. Poi, il gruppo dei giovani che il sabato ha portato avanti l'organizzazione della mensa festiva di via Saccarelli senza mai fermarsi neppure in pieno lockdown».
Suor Angela aggiunge: «Credo sia importante tornare a incontrarsi in presenza. Nelle riunioni online tutti dicono la loro, ma non si mette niente in comune, alla formazione non serve, questa deve essere continua. Altrimenti si rischia di non rispettare i nostri principi-cardine, tra i quali: il fine di ogni azione è l'integrazione delle persone bisognose. Oggi il volontariato si sta frantumando in una miriade di piccole associazioni che si iscrivono al registro del volontariato: questo fenomeno disperde forze e risorse. Tutta gente di buona volontà ma che continua a fare distribuzioni e a creare dipendenza dall'assistenza».
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