Alessandro Di Matteo per “la Stampa”
enrico letta andrea orlando
Quell'alleanza con Carlo Calenda serve, Enrico Letta ne è convinto e continua a lavorarci anche se il leader di Azione sta ancora decidendo se sia più opportuno correre in solitaria o entrare in coalizione con il Pd e i suoi alleati. E il segretario democratico va avanti nonostante i distinguo, i paletti e il fermento che da qualche giorno attraversa le varie anime della sinistra del partito, a cominciare da quella rappresentata da Andrea Orlando.
CARLO CALENDA
È un dibattito che corre sotto traccia, niente di simile alle infuocate discussioni che spesso hanno segnato la storia del partito, anche in momenti cruciali. Ma è un dato che "da sinistra" - compresi gli alleati di Articolo 1 - arrivano parecchie pressioni perché si scelga un profilo chiaramente connotato e, magari, si lasci andare Calenda per conto proprio, per non parlare di Matteo Renzi.
Letta conosce bene il suo partito e non è un caso che da tempo stia accentuando i toni sull'agenda sociale, sui diritti, su temi come lo Ius scholae. Nè è un'uscita estemporanea quella che ha avuto due giorni fa quando, durante un dibattito, ha rivendicato: «La sinistra è il Pd». Di fatto, una riedizione soft della vocazione maggioritaria, un partito che ambisce ad essere di sinistra, cercando però di parlare anche ai moderati, come ha detto in direzione. Perché i numeri non sono opinabili, «noi o Meloni vuol dire che o noi convinciamo qualcuno che in passato ha votato per loro o noi questa sfida non la vinciamo».
Calenda, da questo punto di vista, può avere un ruolo importante. Eppure, appunto, ci vuole pazienza per riuscire a comporre il puzzle.
orlando cingolani
Mercoledì sera Orlando aveva invitato Calenda a darsi «una calmata» e ieri è stato il leader di Azione a replicare: «Io credo di aver spiegato assieme a Più Europa quale debba essere l'approccio di un futuro governo, su termovalorizzatori, sui rigassificatori.
Le cose da fare non sono polemiche o picconate, sono solo cose da fare».
I dubbi, peraltro, non sono solo di Orlando. In direzione anche Matteo Orfini aveva sollevato qualche perplessità sull'alleanza con Calenda e Gelmini, ricordando la linea del Pd sull'ambiente e sulla scuola. E Brando Benifei, capodelegazione del partito al Parlamento europeo, su Twitter ha festeggiato così il no del partito in Commissioni Esteri e Difesa della Camera, mercoledì, al rifinanziamento della guardia costiera libica: «Promessa mantenuta. Il Pd si allei con chi condivide queste posizioni, non con chi insegue la destra».
GIANCARLO GIORGETTI MARIO DRAGHI ANDREA ORLANDO
Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro, aggiunge: «È necessario che il Pd si dia un programma popolare, se vogliamo che chi ci ha abbandonato torni a votare per noi».
Certo, aggiunge, questo non vuol dire «immaginare comodi rifugi (nel recinto della sinistra tradizionale, ndr), ma tessere alleanze larghe e che abbiamo il tema del lavoro, dello stato sociale e del difesa degli ultimi il perno della nostra iniziativa».
Calenda, d'altro canto, sta a sua volta decidendo cosa fare. Il leader di Azione avrebbe commissionato delle simulazioni per capire se la corsa solitaria possa essere più utile per stoppare la destra. E, comunque, dal canto suo, continua a sferzare l'ala sinistra della coalizione del Pd: «A me interessa se vogliono i termovalorizzatori, i rigassificatori, il sostegno all'Ucraina, la revisione del reddito di cittadinanza, eccetera. il resto è chiacchiera». Anche se da Più Europa spiegano che i colloquio vanno avanti e che si sta ragionando sulla ripartizione dei collegi.
carlo calenda.
Un dibattito che non piace al sindaco di Milano Beppe Sala, non in campo in prima persona alle elezioni ma impegnato a «dare una mano» a Luigi Di Maio per la costruzione di una lista. «È arrivato il momento di finirla con posizionamenti e aspirazioni personali. Enrico Letta, ha indicato una linea, che mira all'unità: è la linea giusta. Nessuno dispone di una bacchetta magica, nemmeno Letta, ma bisogna dargli fiducia». Per qualcuno il dibattito vero e proprio potrebbe partire dopo il voto, se le cose andassero male, per lanciare il congresso. Ma Letta non intenzione di lasciare scoperto il fianco sinistro: «La sinistra è il Pd».
Cesare Damiano