Francesco Salvatore per “la Repubblica - Edizione Roma”
SERGIO BRUGIATELLI
« Se non ci fosse stato Cerciello Rega, sarei morto io » . Una considerazione amara quella di Sergio Brugiatelli durante la testimonianza al processo per l'omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega, che vede imputati gli americani Elder Finnegan Lee e Gabriel Natale Hjorth. Ieri Brugiatelli, uomo chiave dal quale si è dipanata la vicenda che ha portato all'omicidio del 26 luglio nel quartiere Prati, ha raccontato la sua verità. Non lesinando valutazioni, specie sulla uccisione di Cerciello Rega, legata a doppio filo con la sottrazione del suo zaino e la denuncia: «Ho sentito urla di dolore di Cerciello e una voce che diceva "fermati". Mi sento in colpa, dovevo morire io al posto suo. Se fossi andato io magari avrebbero ucciso me».
SERGIO BRUGIATELLI CON I DUE AMERICANI
Brugiatelli è il fulcro della vicenda: la persona che quella notte a Trastevere ha accompagnato i due americani a comprare la cocaina e che, una volta andato in fumo l'acquisto, è stato derubato del suo zaino, preso da Natale Hjorth per ritorsione. Proprio nel tentativo di recuperarlo, Brugiatelli ha prima chiamato il 112. Poi, con accanto i militari, ha concordato con Natale Hjorth la restituzione in cambio di soldi. L'incontro a Prati, nei pressi dell'hotel Le Meridien, dove poi il carabiniere è stato ucciso.
SERGIO BRUGIATELLI
«Quella sera - ha esordito Brugiatelli - ho fatto da intermediario per accompagnare i due ragazzi americani a comprare la droga. Stavo a piazza Trilussa e loro mi si sono avvicinati, ho chiamato Italo Pompei e mi sono diretto con loro verso piazza Mastai. Quando sono giunto lì, Pompei gli ha ceduto qualcosa e ha preso i soldi. Io non ho ricevuto nulla. E non sapevo che gli avesse dato tachipirina al posto di cocaina. Non sapevo nulla della "truffa". Era la prima volta che facevo una cosa del genere ». Brugiatelli, dunque, si assume in pieno la responsabilità di aver fatto da intermediario per l'acquisto di droga, ma dice di non sapere nulla del raggiro subito dagli americani.
SERGIO BRUGIATELLI E IL SUO AVVOCATO
Quanto raccontato, però, stride con ciò che ha detto tre giorni fa proprio Pompei, il quale ha escluso di essere uno spacciatore e di aver ceduto lo stupefacente ai due americani. Tuttavia, la testimonianza è in linea con quanto ricostruito dalla procura, il procuratore aggiunto Nunzia D'Elia e il pm Maria Sabina Calabretta. «Dopo il furto dello zaino ho chiamato il 112 perché c'erano i documenti con l'indirizzo di casa mia e il mio cellulare. E avevo paura succedesse qualcosa ai miei cari», ha continuato il testimone. « Non conoscevo né Cerciello né Andrea Varriale. Siamo andati a recuperare lo zaino dopo l'accordo preso con gli americani. Durante il tragitto da Trastevere a Prati non mi hanno detto nulla sulle modalità di intervento. Appena giunti, mi hanno detto di aspettare nei pressi dell'auto. Loro sono scesi. È lì che ho sentito le urla di dolore: ero terrorizzato, non mi sono mosso. Non ho visto nulla dell'aggressione: non so se ( i due carabinieri, ndr) avessero i distintivi o se fossero armati». La prossima udienza in Assise è prevista il 10 luglio. Ieri, inoltre, hanno presenziato all'udienza due rappresentanti dell'ambasciata americana in Italia. I giudici hanno dato il via libera alla presenza nonostante il processo sia ancora a porte chiuse per le prescrizioni anti Covid.
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