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    L'AMORE PROIBITO E TORMENTATO TRA PALMIRO TOGLIATTI E NILDE IOTTI, A 20 ANNI DALLA MORTE DELLA PRIMA DONNA PRESIDENTE DELLA CAMERA. IL RICORDO DELLA FIGLIA IN UN NECROLOGIO SU ''REPUBBLICA'': MARISA MALAGOLI, ORFANA, ERA SORELLA MINORE DI UNO DEI SEI OPERAI UCCISI NEGLI SCONTRI CON LE FORZE DELL’ORDINE IL 9 GENNAIO 1950, A MODENA, NEL CORSO DI UNA MANIFESTAZIONE. I DUE, CHE NON POTERONO MAI UFFICIALIZZARE L'AMORE, DECISERO DI…


     
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    L'AMORE TRA NILDE IOTTI E PALMIRO TOGLIATTI

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    La storia narra che l’amore tra Nilde Iotti e Palmiro Togliatti sia nato in un ascensore. Palmiro Togliatti la vede con indosso un vestito a fiorellini con un colletto bianco di pizzo e chiede subito al cronista dell’Unità che lo accompagna, Emanuele Rocco, chi sia quella deputata: "Si chiama Nilde Iotti, è di Reggio Emilia". Più avanti galeotta sarà una leggera carezza di Togliatti alla sua chioma mentre scendono lo scalone di Montecitorio: seguono poi delle appassionate conversazioni sui poemi cavallereschi di Ariosto e di Boiardo, qualche incontro clandestino e infine l’amore.  Togliatti avverte una «vertigine davanti a un abisso», la Iotti sente «sgomento per questo immenso mistero d’amore che mi dà le vertigini» (come rivelato nel carteggio tra i due, pubblicato nella biografia “Nilde Iotti. Una storia politica al femminile” di Luisa Lama).

     

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    Palmiro Togliatti, detto il “Migliore”, è più grande della Iotti di 27 anni ed è sposato: la moglie, Rita Montagnana, è un esponente di spicco del Partito Comunista, ha fatto la Resistenza e con Togliatti ha un figlio, Aldo. Nonostante l’avere una relazione extraconiugale sia un reato penale (il cosiddetto “concubinato”), Togliatti e la nuova compagna non riescono a rinunciare al loro amore: il segretario del PCI chiede al compagno di partito Pietro Secchia di trovare una sistemazione per lui e la Iotti ma alla fine i due andranno a vivere in un umido abbaino all’ultimo piano di Botteghe Oscure, sede del PCI, e poi in un villino a Montesacro.

     

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    Il loro sarà sempre una convivenza more uxorio, mai ufficializzata, sempre contestata dalla legittima moglie ma soprattutto dal partito, il quale arriva a installare delle microspie per sorvegliarli. Pietro Secchia informa anche Stalin della “crisi personale del segretario”, spera di spedire lontano Togliatti al Comintern russo o al Cominform di Praga e arriva ad insinuare dubbi sul comunismo della deputata, la quale ha studiato alla Cattolica e ha preso parte ai comizi del cattolico Giuseppe Dossetti.

     

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    Questo porterà la Iotti a scrivere un’accorata lettera a Luigi Longo, vicesegretario del PCI, per lamentare la posizione subalterna a cui è relegata per non aver saputo rinunciare al legame con il Migliore: «Sono passati più di sei mesi… nessuna responsabilità di lavoro mi è stata affidata. Questo pone una compagna in una posizione non giusta, quasi di un’intrusa. […] Oggi io chiedo di poter lavorare e di poter rispondere del mio lavoro di fronte al partito e all’organizzazione a cui fin dall’inizio ho dato i miei sforzi, credo con discreto risultato».

     

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    Il loro amore non sarà mai coronato da un figlio naturale ma dall’adozione di una bambina rimasta orfana, Marisa Malagoli, sorella minore di uno dei sei operai rimasti uccisi negli scontri con le forze dell’ordine il 9 gennaio 1950, a Modena, nel corso di una manifestazione. Aldo, il figlio di Togliatti, sarà la persona che più di tutte soffrirà per la relazione del padre con la Iotti: già sofferente di depressione, dopo la morte della madre Rita sarà internato in un ospedale psichiatrico, dove resterà fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 2011.

     

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    Neanche l’aver fatto scudo a Togliatti gettandosi sul suo corpo, in occasione dell’attentato del 1948 a opera di un esaltato, avrà alcun valore agli occhi degli esponenti del partito: la Iotti dovrà infatti aspettare la morte di Togliatti, nel 1964, per poter essere riconosciuta ufficialmente come sua compagna e vedersi concesso il “privilegio” di sfilare in prima fila dietro al feretro del segretario.

     

    Per ottenere il definitivo riconoscimento politico, infine, dovrà attendere il 1979, quando sarà eletta Presidente della Camera, prima donna nella storia della Repubblica.

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