Maria Egizia Fiaschetti per il “Corriere della Sera – Roma”
massimo canevacci con la moglie sheila e il figlio marcello
Antropologo, a lungo docente della Sapienza, e padre a 76 anni, Massimo Canevacci descrive così il primo incontro con il secondogenito Marcello, nato il 16 agosto al Policlinico Umberto I: «Mi sono commosso. Vedi questo esserino delicato, che dorme... Mi ha dato un senso del sacro, della vita che va difesa in ogni momento: un' esperienza di quello che dovrebbe essere l' umanesimo».
Come ha affrontato la sfida di diventare padre a 76 anni?
«Io e mia moglie (Sheila Ribeiro, 45 anni, artista e performer, ndr) ci siamo sposati 12 anni fa. Da subito volevamo un figlio, ma non ci siamo riusciti».
Da quel momento è iniziato un lungo percorso, fatto di analisi mediche e tentativi andati a vuoto.
«Sì, le abbiamo provate tutte, finché ci siamo accorti che l' industria dell' induzione della gravidanza a San Paolo (la coppia ha vissuto 10 anni in Brasile, ndr) malgrado i costi esorbitanti non funzionava. A quel punto siamo andati a Valencia, in Spagna, e Sheila è rimasta incinta».
massimo canevacci 3
Ha mai pensato di rinunciare?
«C' è stato un momento in cui ho rifiutato l' ipotesi: un conto sarebbe stato 10 anni fa, un conto quando il fisico e l' atteggiamento mentale sono diversi.
Ho già avuto un figlio (Marco, 48 anni, architetto, ndr) e il nostro è stato un rapporto ludico: non da padre che insegna, ma da compagno di giochi. Mi sono chiesto se, adesso, ce l' avrei fatta a nuotare in piscina con un bambino di due anni dove non si tocca».
Però, nonostante i molti dubbi, alla fine si è convinto.
«Con mia moglie ne abbiamo parlato a lungo e mi ha trasmesso il suo senso emozionale, che per lei era un' esperienza fondamentale.
brigitte nielsen col pancione
Per un po' di tempo ho esitato, ma poi mi sono deciso: è stato un grande atto d' amore verso la donna che amo».
Come si pone di fronte all' incognita del futuro, agli anni che la separano da suo figlio e alla prospettiva di non poter condividere una parte delle vostre vite?
«Un bambino ha bisogno di due figure genitoriali che lo accompagnino e io vorrei essergli accanto a lungo, vivere con lui tutte le avventure...
So che non sarà possibile, ma la riflessione che mi ha spinto ad accettare è che Sheila potrà mantenere un rapporto con lui non solo attraverso il mio ricordo, ma attraverso l' esperienza fondamentale di un rapporto d' amore costruito giorno per giorno».
Da antropologo, le sembra che stiamo perdendo il senso della continuità della vita?
«Proprio oggi (ieri, ndr) leggevo che sempre più donne scelgono di avere un figlio da sole a 50 anni. Grazie alla tecnologia, oggi si può scegliere di scindere la procreazione dal rapporto con un' altra persona e dalla biologia.
Un altro risvolto della questione è l' autonomia della donna nei processi di lavoro e nell' autodeterminazione sessuale attraverso l' uso dei contraccettivi: indicatori che, già 30 anni fa, attestavano un calo del tasso di natalità in Occidente».
Cosa la lascia perplesso di questa trasformazione socioculturale?
«La singolare tendenza a non desiderare di avere una visione che riproduca la sacralità della vita».
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Perché avete deciso di far nascere vostro figlio a Roma?
«Il Brasile di oggi non è più quello di tre anni fa: c' è stato una sorta di golpe bianco che ha destituito l' ex presidente Dilma Rousseff con un impeachment falso, per eleggere il suo vice.
Il Paese è entrato in una crisi profonda, di violenza fuori controllo. Un altro motivo che ci ha spinti a tornare in Italia è stata la possibilità di usufruire di un sistema sanitario pubblico efficiente.
La nostra esperienza al Policlinico è stata positiva. La struttura è fatiscente, sì, ma medici e infermieri sono molto professionali».
Perché il nome Marcello?
«Io mi chiamo Massimo, il mio primo figlio Marco... per assonanza. Ma oltre alla componente musicale c' è anche un altro motivo, più profondo».
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Quale?
«Di Roma si dà spesso una visione stereotipata, superficiale...».
E invece?
«C' è una Roma che a me continua a piacere: quella repubblicana, ma anche degli imperatori Traiano e Adriano.
La Grecia ha inventato la democrazia, certo, ma è nostra l' idea di costruire una sfera pubblica che ha nelle strade, nelle piazze, nei bar i suoi luoghi fondanti. Questo potrebbe essere il momento di reinventare, attraverso i flussi della comunicazione digitale, i valori cosmopoliti di Roma».